Il dirigente che verrà

Dopo l’accordo tra Miur e sindacati

Il Procedimento di valutazione dei dirigenti scolastici, definito dalla nota esplicativa 3 sulla base della direttiva 36/2016, sembra sia stato messo in discussione dall’accordo siglato il 4 marzo 2019 dal Miur e dai sindacati di categoria. Cosa accadrà adesso?

Riprendere a studiare e far leva sui risultati positivi

Alle scuole che hanno sperimentato il VALES e poi il RAV generalizzato è stato chiesto di riflettere, approfondire, studiare. Nel caso del processo inerente alla valutazione dei dirigenti scolastici si è dato per scontato che la conoscenza del comma 93 della legge 107/2015 e dell’art. 25 del d.lgs. 165/2001 costituissero condizioni sufficienti per l’esercizio critico della professione. Questa, nella realtà, si svolge e realizza in modo variegato e significativamente differenziato tra i vari attori oggetto del processo valutativo indicato dalla nota Miur 6844 dell’aprile 2018 (nota esplicativa 3).

Probabilmente era il caso di organizzare, nel corso del primo anno, e come personalmente avevo segnalato in più sedi, una serie di incontri di formazione per nuclei di 50 dirigenti scolastici, sulla base di un’attenta discussione della struttura valutativa, che non poteva essere diversa dal richiamato art. 25 del d.lgs. 165/2001, ben ripreso dal comma 93 della legge 107/2015.

Costituire comunità di pratica

Si sarebbe dovuto intervenire con “gruppi di pratica” per la discussione dei cinque indicatori della professionalità del dirigente:

a) competenze gestionali ed organizzative finalizzate al raggiungimento dei risultati; correttezza, trasparenza, efficienza ed efficacia dell’azione dirigenziale in relazione agli obiettivi assegnati nell’incarico triennale;

b) valorizzazione dell’impegno e dei meriti professionali del personale dell’istituto, sotto il profilo individuale e negli ambiti collegiali;

c) apprezzamento del proprio operato all’interno della comunità professionale e sociale;

d) contributo al miglioramento del successo formativo e scolastico degli studenti e dei processi organizzativi e didattici, nell’ambito dei sistemi di autovalutazione, valutazione e rendicontazione sociale;

e) direzione unitaria della scuola, promozione della partecipazione e della collaborazione tra le diverse componenti della comunità scolastica, dei rapporti con il contesto sociale e nella rete di scuole.

Come promuovere il protagonismo dei dirigenti?

In qualche misura ciascun dirigente scolastico, soprattutto chi già opera da 15-20 e più anni, doveva positivamente e produttivamente essere coinvolto nella personale definizione delle modalità, delle concrete esperienze che in qualche modo legittimassero le etichette verbali di quanto presente nel disposto normativo.

Si trattava di mettere in moto una sperimentazione basata sul principio del coinvolgimento psicologico, come richiesta dai teorici e sperimentatori dell’animazione comunicativa e partecipativa (Passatore, Animazione dopo, e Limbos, Animatore socioculturale). Concretamente sarebbero le stesse metodologie che spostano le tradizionali pratiche didattiche dell’insegnamento verso la costruzione di produttivi ambienti di apprendimento e l’ideazione di compiti di realtà.

In qualche modo si realizza veramente quanto previsto dalla nota esplicativa 3: “promuovere un maggiore protagonismo del Dirigente scolastico”.

Valutare e riflettere sui processi

Anche sul piano valutativo e docimologico troviamo le riflessioni e gli studi di esperti europei ed italiani, che hanno inteso coniugare molto spesso gli aspetti valutativi con quelli processuali in una dimensione sperimentale. Così ha operato Gilbert De Landsheere, che preferiva ricondurre le ricerche pratiche e le sperimentazioni alla teoria, portando il tutto solo successivamente ad una sistematizzazione: si trattava di una procedura scientificamente validata e non l’inverso, come avvenuto dal 2015-16 ad oggi.

Infatti Gilbert De Landsheere parte dall’osservazione oggettiva dei comportamenti delle persone che operano in campo educativo e delle loro procedure organizzative e didattiche. Sulla base di tali rilevazioni il ricercatore genera una classificazione dei comportamenti e delle procedure maggiormente frequenti e, in una fase successiva, orienta ad una riflessione ed al conseguimento di obiettivi più chiari e produttivi nella vera dimensione del miglioramento, suggerendo di volta in volta metodologie più opportune.

In Italia al momento abbiamo fatto un primo importante lavoro che sicuramente non va perso, ma va ripreso con una più efficace azione ad indirizzo metodologico per aiutare la direzione della valutazione e tutti i dirigenti scolastici.

Un’efficace informazione e formazione sulla valutazione

Un tale approccio avrebbe davvero concretizzato quanto disposto proprio dall’art. 3 (Finalità) della direttiva 36 del 31.8.2016 (Valutazione dei dirigenti scolastici): Il processo di valutazione è finalizzato alla valorizzazione e al miglioramento professionale dei Dirigenti nella prospettiva del progressivo incremento della qualità del servizio scolastico. Tale processo di valutazione promuove la partecipazione ed il coinvolgimento dei soggetti interessati, anche attraverso adeguate iniziative di formazione continua di cui all’art. 11.

Art. 11: A supporto del processo di valutazione sono introdotte idonee iniziative di informazione e formazione a favore dei Dirigenti e dei componenti dei Nuclei di valutazione di cui all’articolo 9, al fine di favorire la conoscenza delle metodologie e l’utilizzo degli strumenti di valutazione.

Probabilmente le iniziative sono risultate poco idonee ed i Nuclei di Valutazione, per quanto affermato spesso dalle stesse sigle sindacali, comprese la Flc-Cgil e l’Anp, sono risultati non perfettamente allineati all’importanza del processo messo in atto per gli obiettivi da raggiungere, in termini di valorizzazione e coinvolgimento degli stessi dirigenti scolastici.

La valutazione per il miglioramento: a quali condizioni?

D’altra parte la nostra pedagogia da tempo aveva chiarito che “non è possibile migliorare o innovare la didattica senza modificare la valutazione e non è corretto scientificamente introdurre nuovi sistemi valutativi senza modificare gli aspetti organizzativi e didattici” (L. Calonghi).

Il prof. Luigi Calonghi – che è stato uno dei docimologi più attenti alla realtà della scuola italiana – ha compiuto ricerche dalla fine degli anni Settanta a tutti gli anni Novanta, sottolineando sempre il rapporto tra docimologia e sistemi metodologici, tra ricerca di risultati in termini di miglioramento e coinvolgimento motivazionale dei soggetti. Oggi si potrebbe applicare quanto scriveva per gli alunni: “Il processo di valutazione ha maggiore valenza formativa per l’alunno se non si limita ad un censimento di lacune ed errori, ma piuttosto evidenzia le mete raggiunte, valorizza le risorse, incoraggia scientemente e sapientemente, indica all’alunno le modalità per sviluppare le sue potenzialità, lo aiuta a motivarsi e a costruirsi un concetto positivo e realistico di sé“.

Probabilmente buona parte dei dirigenti scolastici, che pure hanno sorretto il sistema scuola in un difficile momento di cambiamento quasi totale a livello organizzativo e procedurale, ha visto la valutazione non tanto come un’imposizione, quanto come un corpo estraneo rispetto al lavoro quotidiano ed al quale abituarsi. Alla quantità più o meno prevedibile di partecipazione si è affiancata una relativa qualità nella partecipazione.

Dopo l’accordo quali prospettive

La direttiva 36/2016 puntava proprio sulla valorizzazione dei dirigenti scolastici, la qual cosa probabilmente, visto l’accordo, non è avvenuta appieno.

È difficile predire al momento cosa accadrà. Sicuramente i livelli motivazionali dei dirigenti scolastici in servizio non sono altissimi, pur rimanendo molto alta la concentrazione e la determinazione a difendere, ogni giorno, i valori e le finalità del sistema pubblico dell’istruzione, soprattutto nelle regioni più difficili.

Mi auguro che l’approccio di miglioramento tenga conto essenzialmente di due fattori che a me appaiono irrinunciabili:

– il totale coinvolgimento dei soggetti interessati e la loro formazione in servizio in un tempo ragionevole di 12-18 mesi, con metodologie efficaci di pratica;

– l’assoluta concentrazione della valutazione sul contesto di lavoro, da cui non si può prescindere.

Un sistema siffatto ha bisogno di risorse professionali nuove, sia a livello nazionale che nelle differenti regioni del nostro Paese.

Un cambio di passo (metodologico)

Si rileva soprattutto la necessità di metodologie certe quanto lente, intense quanto progressive, intelligenti quanto serenamente efficaci ed efficienti.

Occorre che il Miur faccia un passo in avanti nel superare, oltre il dichiarato di decreti e direttive, un approccio che al momento ha agevolato un parziale disinteresse o l’avvio dell’ennesima procedura.

Le procedure, le scadenze, le compilazioni non solo non avviano i processi, ma rischiano di demotivare gran parte dei soggetti coinvolti.

L’intenzione innovativa, come sta ora avvenendo, si sposta su un terreno sindacale che, per quanto doveroso e legittimo, non può sostituire il campo, altrettanto legittimo, della metodologia e del senso di scientificità che richiedeva il cambio di rotta per la figura apicale degli istituti scolastici del nostro Paese.

“Navigare” nella dirigenza scolastica

È evidente che nel 2015-16 non si doveva correre, visto che oggi si è raggiunto un parziale risultato di quantità e un insufficiente risultato di qualità. Si è fatto trascorrere del tempo senza occuparsi di “rendere più forte la nave e più consapevole il suo timoniere”, come avviene in una scena del film Master & Commander.

In quella occasione – che vale molto come metafora – il comandante, dopo una parziale sconfitta (nel nostro caso le difficoltà del sistema scolastico italiano), non abbandona la battaglia né rivolge subito la vela verso un’altra battaglia, che rischierebbe di realizzare la sconfitta definitiva e totale.

Il comandante fa tutt’altro: àncora fortemente la nave su bassi fondali, dove il mare è tranquillo, e dà il tempo all’equipaggio di riparare la nave, ricostruendo tra i componenti dell’equipaggio quel clima di reciproca solidarietà indispensabile per rinforzare l’unità interna e rinsaldare la sua leadership gerarchica.

Il significato della metafora è chiaro.

Vela d’altura per dirigenti coraggiosi

Per aspirare ad avere, nel nostro sistema di istruzione, grandi navigatori capaci di guidare navi con robuste vele d’altura, occorre la revisione del sistema di costruzione della valutazione con maggiore intelligenza strategica, quella stessa che è richiesta, proprio nel portfolio professionale, ai dirigenti delle scuole italiane.

Si veda per questo uno studio davvero pieno di scienza e di conoscenza, condotto da Mario Giacomo Dutto, non a caso maestro, direttore didattico, ispettore tecnico, ispettore centrale, Direttore del Dipartimento della Formazione (poi soppresso), Direttore regionale, grande studioso di tematiche sulla leadership: Vela d’altura. Il dirigente scolastico e la leadership della scuola, Tecnodid, 2019.

Allontanare il dirigente scolastico dalla sua irrinunciabile collocazione psicologica di costruttore di relazioni significative, e orientandolo a seguire complessi e contorti labirinti di procedure, vuol dire non agevolare nessun processo formativo, tantomeno quello di una seria e serena crescita del profilo professionale dei dirigenti scolastici italiani, che grazie al processo di autovalutazione possono migliorare le performance.

Nei sistemi anglosassoni, neolatini e negli stessi Stati Uniti d’America, i dirigenti scolastici delle scuole di periferia o dei territori più difficili sono molto rispettati, proprio per la capacità di fare da argine ad una precarietà socio-economica (ed anche di gestione politica) dei territori.

È in questi territori che spesso è possibile trovare le migliori risorse, perché chi è abituato a nuotare o navigare controvento può perfino addormentarsi quando il mare è calmo o quando tutto funziona quasi alla perfezione. Per chi è abituato a situazioni facili è probabilmente più difficile procedere anche solo teoricamente, perché sono i contesti che determinano gli apprendimenti (Bronfenbrenner).

Dal 2019 al 2022: la sfida formativa per i “nuovi” dirigenti

L’anno scolastico 2018-19, oggetto della sospensiva, potrebbe essere utile soprattutto se allacciato concretamente al prossimo triennio.

Per il passato faccio rilevare che sarebbe stato saggio far seguire i dirigenti scolastici entrati in ruolo dal 2012 in poi dai migliori dirigenti scolastici con almeno 15 anni di esperienza e con produttivi risultati riconosciuti, anche se allora non era prevista la compilazione (oggi richiesta) di un modello (portfolio professionale) di trascrizione delle performance professionali.

Nel prossimo anno 2019-2020 ci saranno poco meno di 3.000 (tremila) nuovi dirigenti scolastici che entreranno in ruolo con una grande necessità formativa: essere guidati in un campo professionale assolutamente nuovo. Solo in parte varrà lo studio fatto, così come solo in parte varrà l’esperienza fatta nello staff, anche come collaboratore del dirigente. Sarà un’occasione straordinaria in cui l’Amministrazione potrà utilizzare al meglio – con gli investimenti opportuni – le risorse professionali capaci di guidare gruppi di 15-25 dirigenti, con un sistema di tutoring che dia spazio alle esperienze di qualità, nel primo come nel secondo ciclo di istruzione, e dia alle quattro ineludibili dimensioni professionali del portfolio un significato più alto della semplice compilazione.