L’educazione civica: c’è qualcosa di nuovo, anzi di antico

Una nuova legge che mette tutti d’accordo?

“Giornata storica” dice il ministro Bussetti a seguito dell’approvazione definitiva al senato della legge sull’educazione civica. Ma non è il solo. Già, lo scorso 2 maggio lo stesso presidente dell’ANCI, esprimeva il suo entusiasmo parafrasando Mandela: “Se l’educazione è l’arma più potente per cambiare il mondo, oggi è una bella giornata, perché è stata approvata una legge che rafforza la materia di educazione civica nelle scuole”.

Il Disegno di legge (DDL) 1264, passato definitivamente il 1° agosto nell’Aula del Senato con 193 voti favorevoli e 38 astenuti, sembrerebbe, quindi, mettere tutti d’accordo[1].

In realtà il testo costituisce la sintesi di 15 proposte di parlamentari provenienti da diverse compagini politiche, ivi compresa quella di iniziativa popolare, partita dall’ANCI con più di 100 mila firme raccolte.

Arrivare ad un testo unificato costituisce di certo un indicatore di maturità politica. Ora si tratta di capire se le “nuove” indicazioni ivi contenute potranno essere facilmente applicate nelle scuole per incrementare la cittadinanza responsabile e attiva, la piena partecipazione alla vita civica, culturale e sociale degli studenti, la promozione dei valori di democrazia, dal rispetto delle regole all’accoglienza e all’inclusione.

Un “grande investimento” a costo zero

Il testo di legge è suddiviso in 13 articoli. Il primo è quello che fonda l’insegnamento dell’educazione civica su principi che tengono insieme le istanze rappresentate dalle 15 proposte. Sono principi di base su cui è difficile non essere d’accordo. Sono, tuttavia, i contenuti espressi nei successivi articoli che pongono alle scuole interrogativi sia sul piano delle priorità sia su quello della praticabilità, a partire dall’articolo 2 che stabilisce l’obbligatorietà dell’educazione civica già dal prossimo 1° settembre 2019 nelle scuole di ogni ordine e grado.

Tale obbligatorietà non deve, però, comportare alcun onere aggiuntivo per le finanze dello Stato[2]. È una clausola che fuga, quindi, ogni ipotesi di orario aggiuntivo o di reclutamento di nuovi insegnanti con competenze e responsabilità specifiche.

Art.Titolo
1.Principi
2.Istituzione dell’insegnamento dell’educazione civica
3.Sviluppo delle competenze e obiettivi di apprendimento
4.Costituzione e cittadinanza
5.Educazione alla cittadinanza digitale
6.Formazione dei docenti
7.Scuola e famiglia
8.Scuola e territorio
9.Albo delle buone pratiche di educazione civica
10.Valorizzazione delle migliori esperienze
11.Relazione alle camere
12.Clausola di salvaguardia
13.Clausola di invarianza finanziaria

I contenuti dell’insegnamento dell’educazione civica

L’articolo 3, seppure intitolato “Sviluppo delle competenze e obiettivi di apprendimento”, elenca di fatto le aree tematiche che dovranno essere oggetto di studio nei vari ordini di scuola in coerenza con le rispettive indicazioni nazionali o linee guida.

Comma 1Temi specifici
a)Costituzione
 Istituzioni dello Stato italiano, dell’Unione europea e degli organismi internazionali
 Storia della bandiera e dell’inno nazionale
b)Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile
c)Educazione alla cittadinanza digitale
d)Elementi fondamentali di diritto
e)Educazione ambientale
 Sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale
 Tutela delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari
f)Educazione alla legalità e al contrasto delle mafie
g)Educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni
h)Formazione di base in materia di protezione civile
Comma 2Temi trasversali
Educazione stradale
Educazione alla salute e al benessere
Educazione al volontariato e alla cittadinanza attiva
Rispetto delle persone, degli animali e della natura

Le questioni da affrontare sono numerose ed impegnative. Probabilmente il legislatore ha tenuto in debita considerazione tutte le istanze provenienti dalle 15 proposte di legge. È pur vero che esse, seppure in termini differenti, fanno parte della tradizione della nostra scuola, e sono collocate nei rispettivi curricoli nazionali, ma questa legge intende accentuare il peso di ognuna pur conservando la logica della trasversalità (art. 2, comma 1).

Chi insegna cosa… il voto in decimi

Ogni scuola deve prevedere 33 ore di insegnamento di educazione civica ogni anno. Non si tratta di aumentare il monte orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti, ma di curvare gli insegnamenti usuali tenendo presente gli obiettivi previsti dalla nuova legge e avvalersi della quota di autonomia, che permette di modificare il curricolo.

Per il primo ciclo d’istruzione l’affidamento riguarda tutti i docenti, mentre nelle scuole del secondo ciclo, riguarda i docenti abilitati all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche (organico permettendo). La legge prevede una figura di coordinamento con il compito di formulare la proposta di voto, dopo aver acquisito tutti gli elementi conoscitivi dai docenti coinvolti.

Malgrado la differenza delle tematiche e degli obiettivi, malgrado la trasversalità dell’insegnamento e la molteplicità dei docenti responsabili, l’educazione civica viene trattata come una unica disciplina e sottoposta, quindi, al voto in decimi. Non sarà un’operazione semplice. Per esempio, vanno privilegiate le conoscenze delle norme costituzionali, del codice civile, della storia degli statuti regionali, delle bandiere…? Oppure si deve dare più importanza alle life skills, saper applicare le regole, avere un comportamento eticamente corretto, rispettare l’ambiente, impegnarsi nello studio e nel lavoro, essere disponibili verso gli altri…? Che peso avrà ognuno di questi aspetti rispetto al voto in decimi?

La cittadinanza digitale

Educare alla cittadinanza digitale significa saper utilizzare in modo critico e consapevole la Rete e i Media, esprimere e valorizzare se stessi attraverso gli strumenti tecnologici in modo autonomo e rispondente ai bisogni individuali, saper rispettare norme specifiche (privacy, tutela del diritto d’autore…), essere, in altre parole, cittadini competenti.

La legge vi dedica un artico specifico (art. 5) in cui vengono dettagliati numerosissimi obiettivi, definiti come abilità e conoscenze digitali essenziali. È un’attenzione dovuta in questo momento storico che stiamo attraversando: l’uso diffuso e generalizzato delle tecnologie non sempre è accompagnato dalla consapevolezza delle sue effettive potenzialità. Esse influiscono sul benessere psicofisico e sull’inclusione sociale, ma sono anche portatrici di insidie di varia natura: dal plagio, alle truffe, agli adescamento… e soprattutto a pericolosi, quanto già diffusi, fenomeni di bullismo.

È un compito non facile che forse avrebbe pure bisogno di uno spazio dedicato in ogni singola istituzione scolastica. A livello nazionale la legge prevede l’istituzione di una Consulta dei diritti e dei doveri del bambino e dell’adolescente digitale, che opererà in coordinamento con il Tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo (legge 71/2017, art. 3).

Patto di corresponsabilità nella scuola primaria

L’abolizione delle note nella scuola primaria è stato ciò che è rimbalzato, in maniera prepotente sui social, all’indomani dell’approvazione alla camera del disegno di legge (2 maggio 2019). In realtà è stato semplicemente abolito l’art. 412 del R.D. del 26 aprile 1928 n. 1297, di fatto completamente in disuso da decenni nelle sue parti principali. Restava forse, ma assai modificato, il punto 2 “censura notata sul registro con comunicazione scritta ai genitori, che la debbono restituire vistata”, che in genere veniva sostituita con la più usuale “nota sul quaderno”.

Ora l’articolo 7 della legge dice che il patto di corresponsabilità (DPR 24 giugno 1998, n. 249) va esteso alla scuola primaria

Se l’obiettivo è quello di rafforzare la collaborazione con le famiglie, è opportuno che si ripensi in maniera critica all’impatto che nella scuola ha oggi il patto di corresponsabilità e quanto realisticamente migliori la condivisione educativa.

Ci sono almeno alcune questioni da approfondire: le priorità dei contenuti stessi (regole e norme di comportamento dei docenti, degli alunni e delle famiglie); le parole e le espressioni che permettono una comunicazione più efficace; le strategie da utilizzare per perfezionare i processi; le modalità di applicazione delle sanzioni in caso di comportamenti scorretti.

Non basta chiedere ai genitori di firmare il patto all’atto dell’iscrizione, né è sufficiente accettare formule generiche su cui non si può non essere d’accordo. È necessario confrontarsi su casi concreti, esplorare le opportunità a livello territoriale, predisporre insieme ipotesi alternative attraverso esempi pratici e condividerne la natura.

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[1] Alla camera era passata il 2 maggio con 451 voti favorevoli e tre astenuti. È possibile consultare l’iter parlamentare del testo unificato, approvato definitivamente dal senato il primo agosto 2019, nel sito: http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/51737.pdf

[2] “Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione della presente legge nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”