Il “caso” Campania

Nelle ultime due settimane abbiamo assistito ad un movimentato dibattito, sulla scuola e sulle sue modalità di funzionamento in tempo di pandemia, che ha prodotto serie conseguenze sul piano della vita di ogni giorno delle scuole, con provvedimenti che, a partire dalla Campania, hanno gradualmente interessato le scuole di intere regioni italiane, tutte in forte difficoltà dopo l’aumento incontrollato dei contagi.

La scuola è un luogo sicuro?

Rispetto alla scuola intesa come luogo dove la sicurezza è garantita, anche riguardo al contagio da Sars-Cov 2, il dirigente ed il personale di ogni scuola italiana, che hanno passato tutta l’estate ad allestire aule e laboratori, muniti di metro, nastro colorato, tavole, piantine e calcoli di distanze e superfici, avrebbero messo la mano sul fuoco.

Le indicazioni del CTS (Comitato Tecnico Scientifico), infatti, sono state pedissequamente applicate, ferma restando la quasi generalizzata mancanza, nella fase iniziale delle lezioni a.s. 2020-21, dei banchetti singoli e delle vituperate sedute innovative. I dirigenti scolastici e gli operatori della scuola hanno seguito alla lettera le indicazioni del CTS, culminate, a inizio settembre 2020, nel verbale n. 100, indicazioni che, a detta degli esperti di chiara fama componenti tale comitato, garantiscono la protezione dal contagio da SARS-COV 2.

La coincidenza tra la riapertura delle attività delle scuole e l’aumento del numero di contagi in tutto il Paese, ha impressionato moltissimo le famiglie, gli studenti, le comunità educanti e gli stessi esperti di immunologia, subito corsi ai ripari indicando, i molti casi, anche la scuola come causa possibile della ripresa dei contagi

Due visioni contrapposte di scuola sicura nella comunità scientifica.

 In base alla prima visione, la scuola non è fonte primaria di contagio, in generale e nell’intera Italia; tuttavia nelle regioni in cui il contagio complessivo è maggiore ci sono, percentualmente, più contagi anche nelle scuole. Quindi il numero dei contagi è alto ma proporzionale alla situazione epidemiologica della Regione, in maniera tale da non consentire allo scienziato la considerazione della permanenza scolastica come un problema, dal punto di vista della contagiosità del contesto.

D’altro canto, in altri contesti scientifici, altrettanto rigorosi, ben conoscendo l’impopolarità della proposta, si afferma che la chiusura delle scuole (almeno superiori) è l’unica soluzione per fermare la corsa del virus. Occorre, a detta di questa visione, ripensare orari e turni di lavoro, supportare economicamente da subito le attività economiche e commerciali in difficoltà e mantenere, nel frattempo, chiuse le scuole. Questo poiché il contesto scolastico favorirebbe il moltiplicarsi delle occasioni di infezione anche in considerazione della caratteristica di “veicolo di contagio” che i giovani assumono, pur rimanendo asintomatici.

L’aumento dei contatti sociali, prima durante e dopo la scuola

In altri contributi sul tema è stato facile calcolare, quantitativamente, l’impatto della scuola in termini di persone in movimento, affermando con sicurezza che, quando le scuole funzionano almeno un quarto della popolazione attiva italiana si mette, complessivamente, in movimento.

I quasi dieci milioni di studenti e lavoratori si sommano ai genitori o nonni accompagnatori, ai fornitori di beni, servizi o lavori destinati alle istituzioni scolastiche e all’impatto sui contatti sociali conseguenti all’offerta formativa territoriale non formale che, tradizionalmente, accompagna alunni e studenti lungo lo stesso periodo delle lezioni scolastiche (danza, calcetto, sport in genere, musica, hobby). Da settembre a giugno aumentano il traffico, l’inquinamento e i contatti sociali, con tutte le conseguenze che conosciamo non solo sul piano ambientale. Non può essere possibile, statisticamente e razionalmente, che un tale impatto lasci inalterato il rapporto tra la popolazione ed il numero di contagi.

La vera natura della problematica è, quindi, multiforme e complessa: il moltiplicarsi dei contatti fuori dalla scuola e la ripresa delle normali attività sociali ed economiche, coincidenti con l’apertura delle lezioni, hanno visto aggiungere, al già sostanzioso flusso, le ulteriori ondate di viaggiatori sui mezzi pubblici, di avventori nei locali e di fruitori di servizi pubblici sparsi per l’intera penisola giacché tra centrali e succursali ci sono ben 42.000 presidi scolastici in essere (cui vanno aggiunte le scuole partiarie).

Le deludenti conseguenze della ripresa. I contagi in aumento.

Chi, come il personale della scuola, al pari di ristoratori, baristi, gestori di servizi in genere, vede vanificato il suo lavoro, inutilizzate le spese sostenute e perduti il tempo e la fatica impiegati, inizia a fare delle considerazioni:

– forse le indicazioni del CTS non hanno sortito l’effetto atteso in quanto inadeguate, inopportune, insufficienti e, proprio per questo, la ripresa delle lezioni ha sconvolto il faticoso equilibrio epidemiologico che si era faticosamente raggiunto, a scuole chiuse e lezioni sospese;

– forse le indicazioni del CTS, pur essendo adeguate allo scopo non hanno previsto l’impatto del contesto socio-ambientale e tale impatto ha, rovinosamente, fatto aumentare il numero di contagi anche tra i giovani, normalmente portati alla socialità ed alla condivisione fuori dalla scuola. Tutto questo è avvenuto nonostante il comportamento corretto tra le aule scolastiche della maggior parte degli alunni.

Attendere una risposta, che conforti queste riflessioni e dia delle indicazioni univoche sui dubbi che arrovellano i comuni cittadini, in balìa della comunità scientifica, pur seguendone fiduciosamente le indicazioni, appare lecito e scontato. Sarebbe inaccettabile se tale risposta fosse, ancora una volta, restrittiva delle libertà personali e lesiva dei diritti fondamentali, diritto all’istruzione tra i primi. Nel frattempo il 15 ottobre scorso, a sera inoltrata il governatore della Campania ha diffuso l’Ordinanza che ha disposto la sospensione delle attività didattiche in ogni scuola della Regione Campania.

Il caso Campania è davvero emblematico come sostiene il Governatore?

La situazione epidemiologica della più popolosa regione del Mezzogiorno, ha reso necessario adottare misure urgentissime verso la scuola che, nonostante la natura contingibile e urgente, di facile comprensione con la lettura dei bollettini delle unità di crisi, hanno ugualmente suscitato una molteplicità di critiche contro l’amministrazione regionale, accusata di aver adottato, in maniera avventata e poco prudente, il blocco delle lezioni in presenza. La misura, in effetti, ha vanificato gli sforzi organizzativi delle Istituzioni scolastiche che, nonostante l’applicazione di ogni protocollo di sicurezza, hanno visto svanire il desiderio di tenere gli studenti tra i banchi.

Francesco Forzati su “ la Repubblica” del 22 ottobre 20201, analizzando i provvedimenti regionali dal punto di vista del giurista, sostiene convintamente la distinzione fra sicurezza dei diritti e sicurezza dell’obbedienza.

“La sicurezza dei diritti – propria dello Stato moderno – implica un’azione politica orientata alla garanzia (ed alla certezza) del diritto del cittadino; la sicurezza dell’obbedienza al contrario impone paradigmi imperativi che disciplinano il corpo sociale e ne limitano i diritti, per perseguire un irrealizzabile rischio zero.”

In sostanza, ci troviamo di fronte ad un dilemma sociale e politico che non può ignorare la maggiore pregnanza del diritto alla scuola, in luoghi difficili: in un’area economicamente depressa ad alta densità criminale, soltanto frequentando le scuole si entra in un circuito virtuoso, che allontana marginalità e degrado. La didattica a distanza, utilizzata dalla politica quasi come un “arnese” dalle magiche proprietà, in realtà è pienamente accessibile solo ai ceti privilegiati e non consente alla scuola di attuare, completamente ed equamente, la funzione educativa in maniera adeguata al tessuto sociale.

In Campania il prezzo richiesto alla società civile per garantire la tutela della salute pubblica ha un costo troppo alto se viene negoziato con il diritto all’istruzione dell’intera fascia giovanile ma anche con il diritto alla socialità, alle relazioni positive o meno ma comunque vitali, che la regolare frequenza scolastica deve garantire, a prescindere dalla provenienza sociale del cittadino.

Peraltro, la scuola in Campania, come dimostrano i dati di contesto, rilevati regolarmente dall’INVALSI e dall’ OCSE con le azioni TiMMS, PIRLS e PISA, sconta ataviche carenze dovute all’esiguo sviluppo delle infrastrutture che, in maniera ampiamente dimostrata, soltanto quando adeguate alla complessa realtà di oggi, caratterizzano positivamente la qualità della cittadinanza e della vita in genere. In caso contrario tutte le carenze, di cui anche la Campania è piena, si ripercuotono sui livelli di apprendimento, in maniera devastante.

Consenso e dissenso vero i provvedimenti

Una polemica istituzionale unita ad una protesta popolare si è innescata, non appena diffuso il contenuto dell’ordinanza di sospensione, verso gli uffici della Presidenza regionale della Campania di Via Santa Lucia a Napoli, zona “Pallonetto”, luogo definito profeticamente da Sartre, “ Porzione di Caos Calmo”.

Proteste popolari, genitori che ricorrono inutilmente al TAR, che non concede la sospensiva di un’ordinanza del presidente, ritenuta lesiva dei diritti dei minori, dei genitori e della società.

Il moltiplicarsi dei contagi ha posto il “Governatore della Campania” in una posizione di forza che, purtroppo, è rimasta anche quando, a distanza di pochi giorni, molte altre Regioni si sono trovate nella medesima situazione epidemiologica.

Anche chi non si intende di giornalismo, “ascoltate le due campane”, prima di esprimere un giudizio, che voglia essere intellettualmente onesto, deve anche leggere dati, numeri e statistiche; quando si analizzano questi ultimi, come si sa, le opinioni non contano.

Ma cosa ci dicono i dati?

La sospensione delle attività didattiche in presenza, a partire dal 16 ottobre, secondo il governatore De Luca, è stata motivata da dati epidemiologici che, a leggerli anche distrattamente, sono a dir poco impressionanti, se si pensa all’età ed alla condizione dei contagiati2 . Nel campione di riferimento, pari a circa un decimo della popolazione totale della Regione e corrispondente all’ASL NA 2, (con circa 530.000 residenti). A fronte di un aumento dei contagi, pari al triplo, nella popolazione generale, la fascia da zero a diciotto anni ha subito le seguenti variazioni:

Fascia di etàContagi nelle due settimane precedenti la ripresa delle lezioniContagi dopo due settimane dalla ripresa delle lezioni
0-588402
6-1057476
11-1449479
15-1882558

In alcuni casi si vedono i contagi addirittura decuplicati. Rispetto a tali numeri occorre necessariamente porsi delle domande, prima di trarre semplicistiche conclusioni e avversare critiche più o meno feroci, dirette al piglio decisionista del presidente che a molti appare addirittura insopportabile.

Il bollettino è tutt’altro che rassicurante: la Campania, in conseguenza, chiude la scuola per un pezzo mentre la Lombardia, con situazioni simili, invoca la didattica a distanza nella scuola secondaria di II grado; Liguria, Lazio e Piemonte rispondono con la didattica a distanza al 50%. Nel mentre, il ministro Azzolina scrive a De Luca e Fontana per invitarli a riprendere le loro decisioni in merito che, partendo da necessità di ordine sanitario, vanno ad inficiare l’organizzazione delle scuole e il loro servizio sociale e culturale che, vivaddio, è tutt’altra cosa.

Decisioni nazionali, decisioni regionali

Nella tensione politico-amministrativa, che mette scompiglio anche al Ministero dell’Istruzione, dove il ministro subisce le immancabili critiche alle sue azioni e deve farsi carico anche delle problematiche connesse alle azioni scomposte assunte a livello delle singole Regioni, ci si rende conto che occorrono provvedimenti autoritativi di carattere nazionale.

Come probabilmente tutti hanno inteso, la scuola ha scontato, anche in questa fase, l’incapacità del “Sistema Italia” di reggere qualsiasi stress imprevisto, a causa di inferenze esterne molto pesanti, dovute alla scarsa qualità delle infrastrutture ed alle enormi differenze nell’erogazione dei servizi tra le diverse zone del Paese.

Abbiamo anche capito tutti, che l’unica soluzione da prendere quando i contagi viaggiano a numero incontrollato, è quella del distanziamento sociale. E certamente le torsioni autoritarie della politica sono irritanti ma, talvolta, rappresentano solo degli arcipelaghi di salvezza nel pericoloso oceano della pandemia, dove occorre garantire l’incolumità ai cittadini in caso di emergenza.

Presumibilmente ci sono stati dei ritardi e delle perdite di tempo nella gestione di molti processi e nella predisposizione di numerosi servizi; si può facilmente dedurre che uno dei problemi della politica scolastica degli ultimi sei mesi sia stato quello di agire con enorme dispiego di risorse ma organizzando soltanto ciò che accade all’interno della scuola, lasciando completamente sregolato quello che avviene nei luoghi pubblici, prima e dopo la permanenza nelle aule scolastiche.

Luoghi diversi e problemi diversi, reazioni scoordinate e incomprensibili.

La molteplicità delle situazioni che si sono verificate nei vari contesti territoriali ha provocato una reazione variegata dei governatori che, almeno sul piano della scuola, ha fatto più danni di un’alluvione nazionale. Le prerogative disegnate dalla riforma del Titolo quinto della Costituzione hanno finito per somigliare a scarabocchi scomposti ed impossibili da decifrare. L’emblematica uscita, poco comprensibile, è arrivata dalla Toscana dove il presidente della giunta regionale ha auspicato la revoca dell’autonomia scolastica come soluzione per ridurre i rischi da contatto, in modo da dare la possibilità di avere indicazioni precise sugli orari di ingresso e di uscita delle scuole, cosicché si possa parlare con una voce sola. “E se questa voce non è quella della Regione va bene lo stesso; anche se viene gestita dal direttore dell’ufficio scolastico regionale, purché sia una voce unica.” Ha affermato il presidente.

Il timido accenno, del DPCM del 18 ottobre, al regolamento dell’autonomia scolastica, con riferimento agli articoli 4 e 5 che sanciscono l’autonomia didattica e l’autonomia organizzativa, sembrava una rivincita della prerogativa costituzionale riposta nell’articolo 117, ma è stata di brevissima durata. Troppo presto la politica ha rivendicato il suo miope punto di vista, eccessivamente rivolto a cercare la responsabilità altrui nel mentre sfugge apertamente alle proprie.

Verso un contagio esponenziale?

È interessante ma anche sconcertante, notare come il governatore della Campania abbia descritto questa emergenza epidemiologica, ritenendola talmente grave da rendere vecchie ed inadeguate le ordinanze anche all’atto della loro stessa emanazione. Il tempo di scriverli e i provvedimenti diventano inutili perché troppo blandi rispetto ai contagi in crescita esponenziale. Le indicazioni della Campania fondate sul numero dei contagi tra la popolazione scolastica, secondo De Luca, non ammettono indugi di nessun genere e il previsto lock down per la Regione sarebbe solo l’inizio di una situazione che, a macchia d’olio, si estenderà a livello nazionale. I contagi della fascia di età prescolare e scolare sono i più pericolosi perché, pur provocando situazioni paucisintomatiche, costituiscono vettori smisurati di espansione dell’epidemia.

I dati relativi alle attività di contact tracing, anche nelle scuole, sono estremamente disarmanti. Il sistema attivato per monitorare le situazioni di contagio e prendere i provvedimenti conseguenti, non ha retto allo stress test. La scuola in Campania, secondo l’Unità operativa regionale, non poteva non aspettarsi provvedimenti restrittivi che occorrono, a detta del governatore, per mitigare le conseguenze di un contagio esponenziale e dalle conseguenze incontenibili per le strutture di emergenza sanitaria disponibili letteralmente travolte dall’ondata pandemica autunnale.

È ora, tuttavia, che anche le ragioni della politica si abituino al problem posing, la soluzione intravista non solo gestendo l’emergenza ma a partire dal porsi problemi non ancora evidenti, tramite domande di ricerca.


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[1] Scuola in Campania, torsione autoritaria della politica F. Forzati su “la Repubblica” del 22 ottobre 2020 .

[2] Dati forniti in conferenza stampa dal presidente della Giunta regionale della Campania e riferiti alla sola ASL NA 2