L’apprendimento permanente e il PNRR

Come garantire il diritto alle competenze per tutti

Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che l’Italia dovrà presentare alla Commissione europea entro il prossimo mese di aprile nell’ambito del Next generation EU, nell’impianto approvato il 12 gennaio 2021 dal Consiglio dei Ministri e presentato alle Camere e alle Parti sociali, e ora in corso di ridefinizione e completamento con riferimento alle Linee guida EU (Comitato interministeriale Affari europei del 9/09/20), viene prevista una ‘missione’ dedicata all’istruzione.

Nell’ambito delle specifiche linee di azione (in particolare, nell’ambito della linea “Potenziamento delle competenze e diritto allo studio” rivolta a “colmare il deficit di competenze che limita il potenziale di crescita del nostro Paese e la sua capacità di adattamento alle sfide tecnologiche e ambientali’) non potrà mancare una significativa, robusta e mirata serie di azioni rivolte alla popolazione adulta.

Oltre il ripetersi di vecchi e nuovi allarmi

Quasi come in una litania quaresimale sentiamo frequentemente ricordare che l’ascensore sociale si è fermato, che larga parte della popolazione non ha alcun titolo di studio di istruzione secondaria superiore e non partecipa ad attività di formazione permanente, che la percentuale dei laureati è vistosamente al di sotto della media europea (19,6% a fronte dei dati medi europei attestati sul 33,2%), che nelle competenze alfabetiche funzionali degli adulti (dati PIAAC) ci collochiamo agli ultimi posti nel mondo OCSE, che aumentano i dispersi e i NEET.

Ora, con la grave crisi in corso, si confermano vecchie esigenze e si aprono piaghe nuove: nuove povertà, carenza di competenze per affrontare il nuovo mondo del lavoro e la nuova economia, per orientarsi nelle incertezze degli scenari e navigare in un mondo che è sempre più complesso e sempre più instabile.

Lost in transition

Nonostante l’evidenza delle enormi praterie del fabbisogno, l’offerta formativa/educativa rivolta agli adulti è finora povera ed estremamente frammentata, difforme nelle aree geografiche del Paese e prevalentemente rivolta ad occupati: formazione professionale erogata dagli Enti accreditati dalle Regioni, promossa da Fondi interprofessionali, messa in campo da singole imprese o da Organizzazioni imprenditoriali; percorsi di istruzione attivati da CPIA e Istituti secondari di secondo grado; oltre a competenze maturate in contesti non formali e informali difficilmente valorizzabili nell’attuale sistema.

La frammentarietà, occasionalità e scarsità dell’offerta formativa penalizzano non solo i territori ma anche la qualità stessa dell’offerta:

  • ostacolando la presa in carico del fabbisogno che non abbia i caratteri dell’occasionalità e immediatezza;
  • sacrificando, generalmente, lo sviluppo delle ‘competenze chiave per l’apprendimento permanente’ che – appunto – sostengono le persone nell’affrontare le incertezze e i cambiamenti;
  • rinunciando ad intercettare fabbisogni che non si esplicitino spontaneamente, quali giovani usciti precocemente dai percorsi scolastici, NEET, adulti con bassa scolarità o abitanti nelle zone interne, o attivi in ambiti marginali del mercato del lavoro;
  • manifestando difficoltà a promuovere percorsi lunghi, oltre la soddisfazione dell’esigenza palese e di immediato respiro.

Una riforma nata fragile

Nel 2015[1] prendono vita i CPIA (Centri provinciali per l’istruzione degli adulti), istituzioni scolastiche autonome e dedicate, ma con vizi di origine che riproducono l’impronta frammentata che caratterizza il nostro universo formativo.

  • Le attività istituzionali che vengono erogate direttamente dai CPIA riguardano percorsi per stranieri per l’apprendimento della lingua italiana e percorsi rivolti all’acquisizione del titolo finale del primo ciclo (terza media), oltre ad attività formative rivolte alle competenze di base comuni al primo biennio del secondo ciclo[2]. Mentre i percorsi per l’acquisizione di un titolo del secondo ciclo (in particolare, diplomi tecnici e professionali) vengono erogati dalle Istituzioni scolastiche di secondo grado (i percorsi ‘ex serali’).
  • È pur vero che il CPIA può stringere accordi con le secondarie superiori, con i soggetti pubblici e privati del territorio che erogano formazione (convenzioni con Università, Regioni, EELL; intese contrattuali con associazioni e privati; partecipazione a associazioni temporanee). Tali accordi, però, non superano gli ostacoli della frammentazione, non favoriscono un sistema unitario, non supportano gli adulti nell’effettuare scelte a lungo termine e di ampio respiro.
  • Inoltre i CPIA non hanno sede propria, ma è compito dei Comuni mettere a disposizione spazi che essi offrono ricorrendo per lo più ad aule negli Istituti Comprensivi, con problemi gravi di convivenza di adulti per lo più stranieri con bambini, in aule, attrezzature e banchi inadatti per adulti, servizi igienici in comune, condivisione di sistemi di sicurezza, ecc.
  • Il personale docente non è reclutato, selezionato, formato per insegnare ad adulti, aventi storie diverse, provenienze, esperienze, titoli formali, ecc. differenti; si pensi in particolare alle specificità dell’insegnamento nelle sedi carcerarie.

L’indicatore di un insuccesso ci viene fornito inequivocabilmente dalle statistiche che mostrano come per lo più gli utenti dei CPIA siano stranieri per l’apprendimento della lingua italiana.

Un appello al Governo

Le istanze che derivano dall’inadeguatezza dell’attuale sistema sono raccolte in un appello al Governo “l’occasione di un’agenda per le competenze è adesso”[3]. Tale appello è stato promosso da Enti che si interessano di politiche formative, sociali e del lavoro (tra i quali INAPP, INDIRE, CEDEFOP) e sottoscritto da soggetti istituzionali e da singoli cittadini (è aperta la raccolta di firme). L’obiettivo è quello di sollecitare i decisori politici ad affrontare radicalmente il problema e dare vita ad un sistema nazionale integrato per l’apprendimento permanente, in grado di costruire le capacità e risorse propriamente umane e in primo luogo tutte le competenze – di base, trasversali, sociali, scientifiche e imprenditoriali – necessarie per affrontare l’incertezza e creare opportunità, fino a realizzare l’obiettivo europeo del 50% di adulti che partecipano almeno una volta all’anno ad attività formative.

L’appello intende incidere nelle scelte che verranno operate nel PNRR, con riferimento agli obiettivi e alle azioni che sono in via di definizione nel Piano strategico nazionale per lo sviluppo delle competenze della popolazione adulta, in corso di discussione nel Tavolo interistituzionale sull’apprendimento permanente presso la Conferenza unificata Stato Regioni.

Un sistema integrato stabile che garantisca il diritto alle competenze

Un sistema integrato, qualitativamente e quantitativamente rafforzato, deve essere caratterizzato dai seguenti indicatori:

  • capacità di intercettare i fabbisogni (compresi quelli dei soggetti fragili e in condizione di marginalità) attivando gli attori che colgono il fabbisogno implicito (servizi sociali, sindacalisti, terzo settore, sportelli di diversi servizi al cittadino…);
  • essere in grado di dare risposta a tutti i tipi di esigenze degli adulti, dagli adolescenti fino ai grandi anziani, entro e fuori dal mercato del lavoro, con basse qualifiche e problemi di analfabetismo funzionale, ma anche con competenze inadeguate alle nuove prospettive. Ci riferiamo a: globalizzazione; economia green; digitalizzazione; nuove dinamiche che si svilupperanno nei differenti segmenti del mercato del lavoro, dall’alimentare alla sanità, all’industria manifatturiera; superamento delle gravi disuguaglianze acuite dalla crisi);
  • capacità di attivare le persone, generalizzare le competenze di base e le competenze chiave per l’apprendimento permanente, su cui si gioca l’inclusione e l’esclusione sociale e che sono indispensabili per l’invecchiamento attivo e l’esercizio attivo della cittadinanza;
  • potersi avvalere di personale adeguatamente formato per le diverse funzioni rivolte ad adulti (dall’orientamento, alla formazione nei diversi ambiti e contesti, alla valutazione e attestazione delle competenze comunque e ovunque apprese);
  • capacità di dare la massima continuità ai percorsi sia in ottica verticale che orizzontale: in particolare, bisogna ricondurre ad un un’unica Istituzione scolastica (i CPIA, dotati di sede propria e personale formato) i percorsi dei diversi gradi dell’istruzione, ma anche garantire, attraverso orientamento e valorizzazione delle competenze già in possesso, il passaggio a diversi percorsi offerti dai differenti sistemi;
  • essere in grado di garantire accessibilità, come servizio di prossimità, sia nelle aree urbane che nei territori più riposti

Il Piano per lo sviluppo delle competenze della popolazione adulta in fase di approvazione potrà indicare con precisione obiettivi e azioni. Servirà poi realizzare un impegnativo salto di qualità strutturale: serviranno norme, una governance certa, azioni congrue e risorse. È importante che la costruzione del sistema venga considerato convintamente uno degli investimenti strategici. Ma ciò non appare nell’attuale formulazione della bozza del PNRR.


[1] DPR. 29 ottobre 2012, n. 263, Regolamento per l’assetto organizzativo didattico dei Centri per l’istruzione degli adulti ivi compresi i corsi serali; DI 12 Marzo 2015, Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento.

[2] Decreto Ministeriale 22 agosto 2007, n. 139, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione.

[3] https://inapp.org/it/inapp-comunica/notizie/lettera-appello-di-espertei-al-governo