Sette idee per una scuola che funzioni veramente

Dal Rapporto del 13 luglio del Comitato degli esperti: executive summary

Per far funzionare la scuola, a viale Trastevere si sta ora provvedendo sia a definire la squadra (capodipartimento, capo della segreteria tecnica, consiglieri…) sia ad emanare le misure più urgenti (esami di Staro). Speriamo che le scelte e le misure contingenti vadano nell’ottica di “Una scuola che guarda al futuro”. Inclusione, apertura al territorio, nuove competenze, personale sempre più preparato… sono queste le idee del nuovo Ministro già formalizzate nel Rapporto del 13 luglio, redatto dal comitato degli esperti nominato dall’allora ministro Azzolina[1].

Una visione d’insieme per concetti chiave

Le parti analitiche (cinque capitoli) del Rapporto sono precedute da un Executive summary che costituiscono una sintetica rassegna di tutte le tematiche affrontate e sintetizzate in 7 punti, che riportiamo di seguito integralmente. In sostanza si tratta di uno sguardo complessivo per concetti-chiave.

  • La scuola non è solo un’istituzione pubblica, ma è soprattutto un servizio che deve garantire percorsi e processi inclusivi per tutti, in particolare per i soggetti più vulnerabili.
  • La sua sostenibilità educativa si misura nella capacità di “prendersi cura” della fragilità di persone e territori. I Patti educativi di comunità possono, in questa ottica, rappresentare una risorsa decisiva.
  • L’autonomia solidale e attenta ai divari territoriali dovrà essere alla base degli scenari educativi di una scuola veramente europea.
  • Le competenze per la vita, le competenze chiave per l’apprendimento permanente, i curricola essenziali, la promozione delle STEM e del digitale sono priorità su cui agire.
  • È allo stesso modo fondamentale rivedere la scuola secondaria di 1° e 2° grado, potenziare la fascia zero-sei, recuperare gli adulti a bassa scolarità, rilanciare la filiera formativa professionalizzante.
  • Gli ambienti di apprendimento vanno rimodulati per le sfide del futuro e il personale va qualificato.

È importante, anche una volta superata la fase pandemica, fare in modo che la salute e l’educazione siano valori da salvaguardare sempre e mai in contrasto tra di loro.

1. Una scuola aperta ed inclusiva che si faccia carico della fragilità delle persone e dei territori

Una scuola aperta a tutti ha come priorità l’attenzione al tema della fragilità e ai bisogni delle persone, a partire dagli alunni disabili, la cui presenza deve costituire un’opportunità di arricchimento per tutti, studenti e docenti. Essa infatti costringe a porre più attenzione anche a quell’educazione all’emotività ed alla affettività che diviene strumento sempre più rilevante per una scuola che si propone di costruire comunità inclusive e partecipate: lo dimostrano le numerose e significative esperienze esistenti e i recenti richiami del D.lgs. 96/2019 (recante misure di integrazione al D.lgs. 66/2017).

Prendersi cura degli alunni con disabilità significa perseguire il loro successo formativo e il loro benessere. L’approccio socio-relazionale allo studio della disabilità ha portato infatti negli ultimi vent’anni a rivedere il concetto stesso di disabilità. Ora è inteso come conseguenza o risultato di una complessa relazione tra condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui egli vive. Gli alunni disabili e le loro famiglie devono pertanto sentirsi parte integrante della comunità educativa e avere assicurato il diritto di un sostegno competente e personalizzato.

II Comitato ritiene che segno della nostra epoca debba essere la ricomposizione del Paese a partire dalle aree più fragili e marginali, emerse drammaticamente in occasione della pandemia, il che richiede che le esperienze più avanzate e le riforme già in atto giungano ad essere patrimonio realmente acquisito da tutte le scuole e da tutto il paese. Qui un ruolo decisivo possono assumere le alleanze territoriali proposte attraverso lo strumento dei “Patti educativi di comunità,” e sostenute anche dalle risorse dei nuovi Fondi comunitari di cui potrà godere l’Italia nei prossimi anni. Ciò richiede tuttavia nuove risorse economiche insieme a nuovi approcci e competenze da parte dei docenti e dei dirigenti, nonché il ricorso a figure professionali specializzate in grado di supportare il personale scolastico, gli alunni e le loro famiglie in una prospettiva di personalizzazione e di compensazione dei divari esistenti.

2. Una scuola che prepari alle nuove competenze del XXI secolo

Il contesto macroeconomico, in cui si colloca la vicenda SARS-Covid-19, si caratterizza per una profonda trasformazione economica e sociale, fortemente segnata dalla rivoluzione digitale e dalla globalizzazione degli scambi e delle comunicazioni. Le competenze necessarie oggi per crescere come persone e come cittadini, si fondano sulla capacità di utilizzare in modo consapevole e critico i nuovi strumenti di comunicazione e di analisi, la capacità di comprendere e affrontare i cambiamenti continui che quest’epoca ci propone, la capacità di costruire comunità in grado di affrontare l’incertezza, generare innovazione, contrastare l’esclusione, condizioni queste che oggi sono i pilastri di un nuovo sviluppo, socialmente ed ambientalmente sostenibile. In tale prospettiva, le “Competenze per la vita” e le “competenze chiave per l’apprendimento permanente” (riproposte nel maggio 2018 dall’Unione Europea) restano il riferimento guida anche sul piano curriculare sia per il primo che per il secondo ciclo di istruzione.

3. Un curricolo essenziale e in grado di integrare cultura scientifica, cultura umanistica e tecnologie digitali

Lo sviluppo delle nuove competenze richiede, in primo luogo, di porre attenzione alla promozione della cultura matematica e scientifica (STEM), in stretta collaborazione con la cultura umanistica. È una scelta ineludibile per poter affrontare, in modo critico, proattivo e senza paura, la sempre più rapida trasformazione delle tecnologie, l’innovazione e i cambiamenti sociali ad essa conseguenti. In questo ambito, la disponibilità delle nuove tecnologie digitali va intesa come una risorsa che può sopportare e integrare la didattica in presenza nel rispetto, però, dell’età degli allievi e delle allieve e dei loro percorsi educativi. Tutto questo richiede un rapido completamento della copertura nazionale della rete di connessione, così come una integrazione fra tecnologie di broadcasting.

In secondo luogo occorre procedere ad una forte essenzializzazione del curricolo che va reso più coerente con la centralità delle nuove competenze e più attento alla continuità educativa tra i vari ordini di scuola. Infine il Rapporto dedica una speciale attenzione alla fascia di età 0-6 anni. Viene qui ribadita l’importanza fondamentale per la crescita della personalità di una presenza educativa adeguata e mirata proprio dai primissimi anni di vita. Viene tuttavia sottolineata la diversa accessibilità a queste istituzioni educative nelle diverse parti del Paese, con una presenza fortemente diseguale ed insufficiente dei servizi integrati.

Il Comitato ha poi riflettuto sui gradi superiori dell’istruzione ed in particolare sulla scuola secondaria di primo grado che appare uno dei punti più delicati della scuola italiana, in cui più alti sono i rischi di frattura nella continuità del percorso educativo dei ragazzi e dove si evidenziano anche i molti limiti dell’attuale sistema di orientamento. Egualmente va posta l’attenzione per il recupero degli adulti a bassa scolarità o svantaggiati (esempio: educazione in carcere) rilanciando l’offerta di istruzione in una prospettiva di educazione permanente come indicato dalle politiche comunitarie.

Una speciale attenzione è stata posta all’accesso al sistema universitario e della ricerca e al rilancio della filiera formativa professionalizzante VET (Vocational Education and Training), intesa come strumento necessario sia per garantire ad ognuno competenze per un proprio percorso umano e occupazionale, sia come impegno collettivo al contrasto della dispersione scolastica.

In tale prospettiva il Comitato richiama l’opportunità di riprendere la riflessione sulla riforma complessiva dei cicli scolastici.

4. Una scuola che valorizzi un’autonomia “responsabile e solidale”

ll Rapporto pone al suo centro il tema di una “autonomia responsabile”, intesa come leva per poter aprire la scuola al territorio, estendendo a tutto il Paese le tante esperienze già presenti nelle diverse realtà territoriali. I “Patti educativi di comunità”, già sperimentati con successo in molte realtà territoriali, possono diventare uno degli strumenti chiave in tale direzione. Egualmente il Rapporto ha ritenuto di riprendere il tema dell’“autonomia solidale” finalizzata al riequilibrio delle opportunità rispetto ai diritti. In particolare si ripropone il tema delle modalità di definire e assicurare standard curriculari comuni e di servizio (a partire dai previsti ma non ancora attuati “livelli essenziali delle prestazione”, LEP), unitamente ad un rilancio del Sistema nazionale di valutazione (SNV) e ad un “piano di accompagnamento” per le aree più fragili del Paese, a partire dal Mezzogiorno, dove oggi si rilevano i fenomeni più preoccupanti di divario nei risultati scolastici e i dati più preoccupanti in termini di abbandono e di dispersione scolastica e formativa. Un’attenzione particolare è rivolta agli alunni di origine straniera soprattutto a quelli di prima generazione.

5. Ambienti di apprendimento e didattiche capaci di superare le “gabbie del Novecento”

Gli ambienti di apprendimento della nuova scuola richiedono un profondo ripensamento degli spazi educativi in cui i bambini, i ragazzi e gli adolescenti debbono crescere. Bisogna superare l’immagine di una aula come spazio chiuso ed obbligato, per approdare verso architetture più flessibili e tali da rispondere a bisogni educativi che possono mutare nel tempo. Ciò comporta un impegno di lungo periodo con un piano per la messa in sicurezza e l’innovazione del patrimonio scolastico italiano. Gli spazi didattici devono poi essere più aperti alle opportunità educative e sociali del territorio, devono assicurare sia un servizio alle comunità locali (compresi i genitori e gli altri adulti), sia una didattica più flessibile e personalizzata che superi le “gabbie del ‘900”. È necessario, pertanto, uscire dai vincoli del gruppo classe e della classe intesa come unità solo “amministrativa”. La didattica dei nostri tempi deve infatti poter garantire una formazione che permetta a tutti gli alunni di raggiungere gli stessi traguardi formativi, pur partendo da situazioni talora molto differenziate. Per la trasformazione degli “ambienti di apprendimento” e delle loro architetture, il Comitato propone un apposito “Piano nazionale di architettura scolastica” come intervento strutturato su ampia scala e su base poliennale, ispirato ai criteri di sostenibilità ambientale, sicurezza igienico/sanitaria e flessibilità didattica.

6. Una scuola capace di integrare il diritto alla salute e quello all’educazione

Il Covid ha imposto una nuova attenzione alla salute pubblica, sollecitando più spazio alla educazione alla salute e al benessere. Ciò prevede l’introduzione nella scuola, in termini permanenti e sistematici, di contenuti e di figure professionali specializzate come ad esempio quella di un medico referente per ciascun istituto. D’altra parte, l’educazione alla salute, intesa come “accezione di capacità di trovare un armonico equilibrio funzionale, fisico e psichico da parte di un individuo dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale”, richiede attenzione al corpo, alla vita collettiva, alla vita civile, ai rapporti di gruppo, ma anche alla possibilità di dare più spazio alla musica, allo sport, alla cultura del cibo, all’arte, intesi come mezzi di espressione individuale e collettiva, nonché all’uso delle stesse tecnologie digitali a fini ludici, espressivi e di condivisione sociale.

7. Personale sempre più formato e qualificato per affrontare le nuove sfide

Per corrispondere a queste complesse esigenze, è necessario un forte investimento nella formazione e nel reclutamento del personale della scuola, in particolare dei docenti, la cui funzione deve diventare socialmente più “attrattiva”. Si devono assicurare, innanzitutto, le basi culturali e disciplinari, pedagogico-didattiche, psicologiche e gestionali necessarie al superamento proprio dei paradigmi didattici e degli schemi organizzativi ereditati dal passato. Vanno rivisti e ristrutturati i percorsi di formazione iniziale, sviluppati secondo un modello strutturato, organico e articolato. In tale prospettiva è importante instaurare un collegamento più forte con i meccanismi di reclutamento e di selezione, valutando il fabbisogno professionale, presente e futuro. Infine occorre promuovere la ricerca educativa come garanzia di qualità attraverso azioni sistematiche di accompagnamento lungo tutto il ciclo di vita lavorativa, incentivando l’adozione di strumenti quali i bilanci di competenze e i patti per lo sviluppo professionale continuo. Riconoscere, altresì, ai docenti, il tempo dell’impegno, le responsabilità assunte e la qualità della didattica.


[1] Decreto 21 aprile 2020, n. 203.