Una scuola di qualità per tutti gli studenti

Idee, proposte e progetti operativi suggeriti da Save the Children

Riteniamo cosa utile mettere a disposizione del 68° governo italiano (a partire dal primo della nostra Repubblica) che ha avviato la XIX legislatura, l’analisi sulle disuguaglianze di Save the Children Italia nel rapporto: “Alla ricerca del tempo perduto”, che in parte abbiamo già illustrato nei numeri 300 e 302 di questa Newsletter.

Il valore della partecipazione

In una recente consultazione svolta durante l’estate scorsa da Save the Children[1] è emerso nei ragazzi intervistati (studenti di scuola secondaria di primo grado) l’esigenza di “più tempo scuola” per avere la possibilità di svolgere una serie di attività (sportive, culturali, laboratoriali). Da qui emerge che nei ragazzi vi è la percezione del “valore” della scuola, al punto da descrivere la loro “scuola ideale”, dopo averne segnalato, però, le principali criticità. Ed è questo un aspetto a cui bisogna fare costante riferimento nel ricostruire un’offerta formativa altamente efficace.

Pur se giovanissimi (tra gli 11 e i 13 anni), gli intervistati hanno evidenziato la carenza della qualità degli spazi e del materiale; hanno fatto riferimento ad un’organizzazione didattica incentrata su “compiti” e “verifiche”, con poco spazio “alla sperimentazione e all’innovazione”; hanno la consapevolezza che la scuola debba essere un luogo che susciti motivazione allo studio, perché «… Uno la mattina si deve svegliare dicendo che bello devo andare a scuola e non che noia devo andare a scuola …»[2].

“Progetto Fuoriclasse” come supporto alla motivazione all’apprendimento

Per combattere la dispersione scolastica è necessario che si promuova anche una partecipazione attiva e consapevole da parte di chi deve fruire direttamente il servizio. È in questa direzione che, dal 2012, si muove il “Progetto Fuoriclasse” promosso da Save the Children stesso e pensato come “intervento integrato” rivolto a studenti, docenti e genitori. Esso prevede «attività a supporto della motivazione e dell’apprendimento, al fine di garantire la piena attuazione del diritto all’istruzione, come sancito nella Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza»[3]. Si tratta di un intervento strutturato, rivolto in maniera preventiva ad allievi di IV e V classe di scuola primaria e di II e III classe di scuola secondaria di primo grado.

Ad oggi, il progetto ha coinvolto oltre 4.000 studenti, 1.200 docenti e 2.500 genitori in scuole di diverse città italiane ed il modello di intervento è stato sottoposto ad una valutazione di impatto in collaborazione con la Fondazione Agnelli[4].

“Progetto Fuoriclasse in movimento”

Sulla scia positiva e costruttiva di tale progettualità, nel 2017, ha preso vita un altro intervento finalizzato a fornire un contributo al rinnovamento delle metodologie e degli strumenti con cui viene affrontato il fenomeno della dispersione scolastica. Si tratta di “Fuoriclasse in movimento”, che ha coinvolto una rete di oltre 200 scuole in tutta Italia e che è centrato sulla promozione di una “didattica partecipativa”, che coinvolge attivamente gli studenti, anche in una prospettiva di costruzione di “reti locali/nazionali per rafforzare lo scambio di buone pratiche tra scuole e il dialogo tra scuola e territorio”[5]. Cuore pulsante del progetto è la costituzione del “Consiglio Fuoriclasse”, quale percorso di partecipazione gestito da rappresentanze di studenti e loro docenti e proteso ad individuare soluzioni condivise e fattibili per migliorare la propria scuola. Riqualificazione degli spazi, rinnovamento della didattica, miglioramento delle relazioni tra pari e adulti di riferimento, ampliamento delle alleanze tra scuola e territorio, sono gli obiettivi sottesi di questo intervento promosso da Save the Children, che mira ad implementare l’esperienza, estendendola a 250 scuole entro il 2024.

“Centri educativi Fuoriclasse”

Oltre a questi progetti, strutturati per essere parte integrante dell’offerta formativa delle scuole coinvolte, non manca l’impegno di Save the Children anche per la creazione di “Centri Educativi Fuoriclasse”, quali spazi messi a disposizione dalle scuole per attività di accompagnamento allo studio e laboratori didattici indirizzati a bambini e ragazzi a rischio dispersione, in orario extra scolastico[6].

Il fulcro di tutte queste esperienze, che le scuole coinvolte hanno la possibilità di capitalizzare e mettere a sistema, è incentrato sull’introduzione di “organismi democratici” che permettono di migliorare il clima relazionale e di facilitare, di conseguenza, anche l’apprendimento. In questa prospettiva «La partecipazione degli studenti è una vera e propria forza generatrice di cambiamento, capace di incidere sul benessere della scuola e della comunità»[7].

Misure per rilanciare la scuola pubblica

Con la consapevolezza che la scuola debba necessariamente configurarsi, per il suo mandato Costituzionale, come presidio indispensabile nella lotta alle disuguaglianze, l’Organizzazione Internazionale indica nel suo rapporto annuale anche altre misure atte a rilanciare la scuola pubblica.

In primo luogo, rivolge un appello a scuole, Uffici Scolastici Regionali e Regioni, affinché: siano promosse soluzioni di comodato d’uso gratuito per libri e dotazioni tecnologiche, sia garantito il rispetto dei tetti di spesa per l’acquisto dei libri scolastici, fissati per norma; sia garantita la volontarietà di qualsiasi contributo economico da parte dei genitori, in considerazione di chi ha un basso livello socioeconomico, a cui va garantita anche la possibilità di partecipazione a uscite didattiche e ad attività esterne alla scuola, finalizzando fondi europei messi a disposizione delle scuole.

Viene chiesto di incrementare la spesa per l’istruzione al 5% del PIL a partire dal 2023, da ripartire tra i vari gradi di scuola. L’invito è di utilizzare le eventuali risorse aggiuntive (che complessivamente ammonterebbero a circa 93 miliardi di euro) per:

  • aumentare le retribuzioni degli insegnanti (tra le più basse di Europa);
  • ampliare l’offerta formativa (a partire dal tempo pieno);
  • migliorare le infrastrutture (mense, palestre, etc.);
  • promuovere la formazione dei docenti e la sperimentazione di pratiche pedagogiche che si caratterizzino per essere “innovative, inclusive ed aperte alla comunità”[8].

Un utilizzo, dunque, mirato dell’auspicato aumento della spesa, che andrebbe ad integrarsi alle risorse già stanziate dal PNRR per investimenti strutturali.

Aree ad alta densità educativa

In merito, nel rapporto si suggerisce di garantire i finanziamenti prioritariamente alle cosiddette “Aree ad Alta Densità Educativa”. Si tratta di territori che si caratterizzano per una percentuale più alta di studenti provenienti da contesti familiari in svantaggio socioeconomico e che, di conseguenza, presentano livelli di apprendimenti più bassi e tassi di dispersione più alti, oltre che un’offerta formativa, sia scolastica sia non formale ed informale, molto limitata. Per riuscire a identificare le predette “Aree ad Alta Densità Educativa”, viene ricordato che diviene indispensabile misurare “l’indice di Povertà Educativa Territoriale”, in grado di rilevare sistematicamente, a livello comunale – ma anche delle aree interne, urbane e di ambiti territoriali – tutti i fattori che determinano lo svantaggio educativo, nella scuola come nella complessiva comunità educante territoriale.

Si invita, altresì, a “superare la logica del bando e perseguire un approccio di co-programmazione e di co-progettazione tra reti di scuole, comunità e istituzioni” per la distribuzione delle risorse economiche[9].  Una parte dei fondi si auspica che sia utilizzata anche per supportare, rafforzare e, soprattutto, disseminare le migliori pratiche, che talune scuole, unitamente ai contesti territoriali di appartenenza, hanno implementato nel tempo, con un evidente riscontro positivo nella lotta alla complessa fenomenologia della dispersione scolastica.

Inoltre, si invita a adottare una legge sulla sicurezza scolastica, «intesa come la combinazione degli elementi di sicurezza strutturale e antisismica, urbanistici, architettonici, ma anche di abitabilità, salubrità, comfort, assenza di barriere architettoniche e delle misure di prevenzione, protezione e soccorso in caso di emergenze naturali per assicurare protezione a tutti i bambini e le bambine»[10].

L’importanza dei dati

Save the Children, anche in rete con altre associazioni[11], sintetizza nel rapporto in esame anche ulteriori proposte per adottare politiche che siano realmente efficaci e, in quanto tali, rilevabili e misurabili. In merito, viene sottolineata l‘esigenza di realizzare “sistema di rilevazione dati completo ed efficiente”, che permetta un continuo aggiornamento e, soprattutto, un’integrazione tra dati amministrativi e dati delle scuole su tutti gli aspetti riguardanti l’educazione. È l’unica strada che si ritiene perseguibile per tenere sotto controllo gli indicatori di rischio abbandono (assenze, interruzioni, etc.), per monitorare le situazioni che necessitano di maggiore supporto, per attenzionare i dati nel cruciale passaggio tra i due cicli di istruzione.

Una infrastruttura per la prima infanzia

Fondamentale per il nostro Paese è anche la realizzazione di una capillare “infrastruttura educativa per la prima infanzia”, assicurando il raggiungimento del Livello Essenziale della Prestazione (LEP) fissato nella Legge di Bilancio 30 dicembre 2021, n. 234[12], per prendere in carico almeno il 33% dei bambini e delle bambine tra 0 e 3 anni in ogni Comune o bacino territoriale italiano. In merito, si rileva l’urgenza di «formare le professionalità necessarie al funzionamento dei nuovi asili nido, il cui fabbisogno si stima intorno ai 40mila educatori/trici prevalentemente al Sud, e assicurando coerenza all’interno del percorso zerosei»[13].

In questa prospettiva, è altrettanto necessario garantire la generalizzazione delle scuole dell’infanzia, soprattutto a tempo pieno, su tutto il territorio italiano (specialmente al Sud), favorendo anche la diffusione dei Poli per l’Infanzia e la piena attuazione di quanto previsto dal D.lgs. 65/2017.

Percorsi STEM, competenze trasversali e digitali

Nel rapporto di Save the Children, non manca il riferimento pure alla necessità di continuare ad incentivare i percorsi STEM(Science, Technology, Engineering and Mathematics) per bambine e ragazze, mirando, al contempo, a superare gli stereotipi di genere a scuola e nei percorsi educativi. Uno sguardo particolare è rivolto anche al grave fenomeno dei NEET (giovani fuori dai percorsi di studio, formazione e lavoro), da fronteggiare con misure ed interventi preventivi. Nello specifico, si ricorda che alle scuole secondarie andrebbero attivati «piani di sviluppo che garantiscano anche l’acquisizione di competenze per l’occupabilità (employability skills), tra cui in particolare le cosiddette competenze trasversali (soft skills), ambientali (green skills) e digitali[14]. Relativamente a queste ultime competenze, viene auspicata l’adozione, nel Curriculo nazionale, del quadro teorico delle competenze digitali DigComp 2.2 come previsto nel Piano Nazionale Scuola Digitale, non solo per assicurare un’alfabetizzazione digitale di base, ma anche per garantire la “media literacy” (apprendimento e sviluppo personale nel mondo digitale). In proposito, sarebbe opportuno istituire un sistema di certificazione delle competenze digitali al termine della scuola secondaria di I grado, soprattutto per ovviare alla mancanza di strumenti di valutazione nel nostro paese, rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea[15].

Secondo questa chiave di lettura, un ruolo cruciale riveste la prevista riforma del sistema di orientamento scolastico (nell’ambito del PNRR), per supportare scelte consapevoli da parte di ogni studente nell’ambito dei percorsi di studio e professionali, sulla base delle effettive propensioni e capacità e non in base alla situazione delle proprie famiglie di origine, alle quali, in ogni caso, andrebbe assicurata una “drastica riduzione delle spese per l’istruzione”[16].


[1] La consultazione è stata realizzata nel mese di luglio 2022 ed ha coinvolto 45 allievi di scuola secondaria di primo grado di Bari, Milano e Roma. Cfr. op. cit., p. 35 e sg.

[2] Op. cit., p. 36.

[3] Op. cit., p. 37.

[4] Le scuole interessate dal progetto “Fuoriclasse” sono delle città di Aprilia, Bari, Crotone, Milano, Napoli, Scalea (Cosenza), Torino.

Cfr. op. cit. p. 37 e https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/fuoriclasse-un-modello-di-successoil-contrasto-alla-dispersione.

[5] Ibidem.

[6] Per il corrente anno scolastico sono attivi sei Centri Educativi Fuoriclasse, nelle città di Aprilia, Bari, Milano. Cfr. op. cit.

[7] Op. cit., p. 38.

[8] Op. cit., p. 41.

[9] Op. cit., p. 42.

[10] Ibidem.

[11] Cfr. op. cit. Save the Children partecipa a: #educAzioni; l’Alleanza per l’Infanzia; Il Gruppo CRC; l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile (ASVIS); rete Saltamuri.

[12] Cfr. R. Seccia, “LEP per i Servizi Educativi. Svolta storica nella Legge di Bilancio 2022”, Newsletter Tecnodid Scuola7-267, 15.01.2022

[13] Op. cit., p. 43.

[14] Op. cit., p. 44.

[15] Cfr. ibidem.

[16] Op. cit., p. 45.