Come scegliere la scuola giusta

Informare, formare e orientare

Il range temporale per le iscrizioni all’anno scolastico 2023/2024 è stato fissato dal 9 al 30 gennaio 2023. Anche quest’anno le procedure si sono svolte online per tutte le classi prime delle scuole statali primarie e secondarie di primo e secondo grado. La domanda è rimasta cartacea per la scuola dell’infanzia.

Il 9 e il 30 gennaio sono date che avrebbero dovuto assumere il senso di scadenze impegnative. In parte lo sono state; ma solo in parte. Dopo il 30 gennaio, incessantemente, richieste per un cambio di scuola, in ingresso e/o in uscita sono continuate ad arrivare al protocollo delle scuole secondarie di secondo grado.

Un cambio di sistema

Soprattutto nel biennio, sembra in atto un cambiamento sostanziale dell’atteggiamento da parte dell’utenza nei confronti delle scelte della scuola. L’iscrizione ad un corso di studi sta perdendo lo statuto di una decisione che, come spiega il Devoto-Oli, è un “impegno definitivo”. Sta prevalendo una tendenza, per così dire, “consumistica”, che finisce per derubricare l’opzione scolastica a quella di un qualunque altro “prodotto”. La scelta non è percepita come qualcosa di duraturo, ma a termine, a tempo.

Silenziosamente, non senza un aggravio educativo (per i docenti) e amministrativo (per il personale di segreteria), il sistema asseconda stili di comportamento che pervadono una società che Zygmunt Bauman, com’è noto, ha definito liquida, ma che si potrebbe definire, nella circostanza, fluttuante e volubile, probabilmente perché non è in grado di porre un argine. Le porte delle scuole si son fatte girevoli in un continuo stop and go.

La scuola deve garantire, in primis, il diritto all’apprendimento; ma questo fenomeno segnala anomalie che indeboliscono la tenuta di un’ordinata programmazione: dalla previsione dell’organico dell’autonomia alla formazione delle classi sino all’assegnazione ad esse di studenti e docenti.

Come un fiume carsico

Il numero eccessivo delle richieste di cambiare scuola, come un fiume carsico che scava sotterraneamente, compromette la stabilità del sistema scolastico e può mettere in crisi le procedure usuali: la scuola è un’istituzione e, come tutte le istituzioni, deve seguire alcune regole fondamentali, ma sempre con un occhio attento al fattore umano.

I correttivi migliori alle procedure sono quelli che provengono da una maggiore cura dell’orientamento. Non a caso il PNRR ha individuato questo come un punctum dolens del sistema scolastico italiano, prevedendo una riforma che dovrebbe dare i suoi frutti dall’anno scolastico 2023/2024, anche se occorrerà una congrua sperimentazione di non breve periodo, incardinata nella missione 4.1 del PNRR-Next generation EU, avviata con l’emanazione delle “Linee guida” adottate il 22 dicembre scorso e con il DM 328/2022.

“Formazione e orientamento. A che punto siamo?” è la domanda che nel numero 345 di “Scuola7” Giorgio Cavadi si è posto illustrando poi il percorso formativo del futuro docente orientatore.

Verso la riforma dell’orientamento

Si tratta di uno stanziamento di 150 milioni di euro per i docenti tutor, con un compenso da un minimo di 2.850 a un massimo di 4.750 euro, per il docente orientatore da un minimo di 1.500 a un massimo di 2.000 euro. Le manifestazioni di interesse pervenute in ciascuna scuola sono state inserite in SIDI entro la scadenza del 31 maggio scorso, per consentire ai docenti interessati di accedere a percorsi formativi organizzati da INDIRE e articolati in moduli online della durata di 20 ore, in forma sincrona e asincrona. Sarebbe auspicabile che i termini per l’inserimento in SIDI potessero essere riaperti per consentire ad altri docenti di partecipare così da completare il panel previsto.

Ora, non vi è dubbio che l’orientamento debba essere ripensato nel modo più ragionevolmente “radicale”. Il marketing scolastico mostra, da tempo, seri limiti. Non è un open day che può risolvere questioni rilevanti, autentiche, profonde. Tanto meno la competizione tra scuole.

Aiutare a fare la scelta giusta

Che senso ha acquisire all’atto dell’iscrizione studenti che poi, subito dopo, chiedono il nulla osta per iscriversi in un’altra scuola? È una modalità che mette in crisi l’attendibilità di tutto il sistema scuola.

Per evitare che ciò accada la scuola deve fornire informazioni corrette in modo tale che studenti e genitori possano effettuare la scelta scolastica con consapevolezza, che sia conforme con le attitudini e le aspettative di ciascun alunno.

Poi, anche nel percorso di studi, può intervenire sicuramente un ripensamento. Il problema sorge quando i ripensamenti sono eccessivi e quando le richieste di nulla osta, nelle prime classi, arrivano copiose a pochi mesi o a poche settimane dall’inizio dell’anno scolastico. Occorre, quindi, riflettere su questa tendenza e chiedersi se ci sono motivi da imputare alla scuola stessa.

Cosa vogliono le famiglie

Occorre ascolto, cura, accompagnamento, da parte della scuola, antenne sensibili e precoci, perché possano maturare scelte corrette. In questo senso un orientamento adeguato si interseca con le politiche promosse dal PNRR contro la dispersione[1].

Cambiare più volte idea prima di scegliere e anche nel corso di studi può dipendere dalle stesse aspettative delle famiglie che vorrebbero scegliere, per i propri figli, i docenti “migliori”, i compagni di classe con i quali proseguire senza sorprese il percorso di studi, e vorrebbero pure evitare l’inserimento in classi troppo numerose.

Sappiamo che il numero degli studenti per ogni classe dipende dall’organico che si definisce anche a seguito degli esiti degli scrutini. Se poi sopraggiungono richieste di iscrizione in entrata o in uscita, l’organizzazione viene messa profondamente in crisi.

Lo spirito della scuola pubblica

Ma non è solo una questione organizzativa: è in gioco lo spirito stesso della scuola pubblica. Quella scuola che pone tutti sullo stesso piano, dal punto di vista delle opportunità di partenza, e che forma classi rispettando l’eterogeneità interna e l’omogeneità tra le classi dell’istituto, quindi in maniera inclusiva e tenendo conto delle condizioni sociali e culturali.

Se qualcosa non funziona in una classe, non è escluso che la soluzione si possa cercare all’interno della stessa scuola. Tuttavia occorre prima interrogarsi sulla capacità di quella scuola di garantire una uniforme qualità dell’offerta formativa.

Per evitare possibili fraintendimenti, ricordiamo che la personalizzazione degli apprendimenti, verso la quale è opportuno puntare proprio per rendere efficace la prospettiva del successo scolastico di ciascuno, è cosa diversa dal perdere di vista il valore educativo del confronto con l’altro.

A volte i due concetti sono percepiti in maniera distorsiva. Forse è colpa di un sistema scolastico che non è ancora riuscito a rendere concreto il principio della personalizzazione.

Costruire una nuova normalità

C’è da aggiungere che l’anno scolastico che ci stiamo lasciando alle spalle ha evidenziato una particolare irrequietezza, che merita attenzioni, sul piano dell’offerta formativa e delle metodologie didattiche, non risolvibile però a colpi di nulla osta. Lo stesso istituto del nulla osta, per quanto ciò possa comportare discussioni e qualche incomprensione, dovrebbe fondarsi sempre su un esame attento delle motivazioni educative e didattiche.

Dopo la pandemia si continua, sempre più stancamente, a ripetere il mantra del tornare alla normalità. Giusto, ma con la consapevolezza che non sarà più la normalità di prima, ma una normalità da costruire ex novo, soprattutto nella scuola.

L’anno scolastico che si è appena chiuso ha fatto emergere tante difficoltà. Non pochi studenti hanno avuto problemi a concentrarsi, ad assecondare i ritmi, le abitudini, i tempi e i modi dello stare a scuola. Si devono riprendere ora le buone abitudini interrotte, ma con una nuova impostazione, si devono cercare nuovi strumenti per rimotivare gli studenti. A centro di tale processo di rinnovamento resta sempre la relazione tra docenti, alunni e genitori.

Dotarsi dell’equipaggiamento necessario

Occorre equipaggiarsi per affrontare adeguatamente il nuovo anno scolastico. Quella del docente è una delle professioni più delicate e complesse. Occorrono attitudini e capacità, competenze disciplinari, pedagogiche, psicologiche, metodologiche e didattiche, digitali, valutative, organizzative, relazionali, di ricerca e di documentazione, riflessive.

La professione docente è dedicata ad istruire, educare ma anche a vigilare. I tre aspetti sono interrelati. L’uno non può fare a meno degli altri. Non si tratta di fattori tra loro giustapposti, ma composti on un’unica missione. E la gestione di una classe, il saper comprenderne le dinamiche, impostando relazioni fertili, non può essere lasciata alle doti soggettive, merita la tenace applicazione di conformi e variate strategie pedagogico-didattiche.

Le competenze di cittadinanza

Servono molte competenze sociali e civiche per diventare cittadini responsabili e per partecipare pienamente alla vita comunitaria. Formare quindi persone competenti in materia di cittadinanza favorisce la coesione sociale in un momento di crescente eterogeneità sociale e culturale. Tale obiettivo ci viene ricordato anche nell’ultimo decreto legislativo sulla valutazione (D.lgs. n. 62 del 13 aprile 2017): “la valutazione si riferisce allo sviluppo delle competenze di cittadinanza. Lo Statuto delle studentesse e degli studenti, il Patto educativo di corresponsabilità e i regolamenti approvati dalle istituzioni scolastiche ne costituiscono i riferimenti essenziali”.

Sappiamo tutti che per fare in modo che un obiettivo, seppure condiviso, si trasformi in un comportamento visibile, è indispensabile un’azione accurata, promuovente, da parte del corpo docente. Non basta saper insegnare, è necessario soprattutto irrobustire la capacità di condurre un dialogo educativo equilibrato e sereno.

È anche una questione di metodo

Allo stesso tempo, una tardiva definizione del quadro delle iscrizioni non può che comportare l’esigenza di più robuste strategie per l’accoglienza, dedicando un impegno alla fase di avvio dell’anno scolastico con iniziative volte a far conoscere la scuola nei suoi tratti fondamentali: le aule, i laboratori, le discipline, le palestre, l’orario, la ricreazione, il comportamento fondato su una partecipazione proattiva.

E il metodo di studio? Non ci si può lamentare della mancanza di un metodo di studio se nessuno si propone di insegnarlo, e non basta il singolo docente, occorre un’offerta formativa, un PTOF, che sia ben orientato a rendere vissuto e condiviso il valore del metodo. Il come non è meno importante del cosa. Gli studenti, specialmente quelli delle prime classi, devono essere aiutati a capire come si fa ad apprendere le cose che servono senza dispersione e giustapposizioni. “Imparare ad imparare”, dunque,come viene ribadito nella quinta competenza chiave della Raccomandazione europea del 22 maggio 2018, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente: “Competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare”.


[1] Missione 4, Componente 1, Investimento 1.4, Misura 1.4.1, Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nel I e nel II ciclo delle scuole secondarie e alla lotta alla dispersione scolastica.