Quale potere hanno i giochi digitali?

Verso un futuro di Life Long Gaming

La possibilità di integrare attività ludiche digitali nei processi educativo-didattici è qualcosa ormai sperimentata da diversi anni e da molti docenti. Il termine ben conosciuto edutainment che fonde i due termini inglesi education (istruzione) e entertainment (divertimento) è stato coniato per evidenziare proprio tale intrinseca relazione. In realtà, a parte l’iniziale entusiasmo che l’abbinamento gioco-apprendimento aveva generato in molti addetti ai lavori, i risultati ottenuti non sono stati quelli sperati. Non si sono verificati quei radicali cambiamenti tanto auspicati nella didattica e nel miglioramento delle relazioni comportamentali con gli studenti. In particolare sono mancate alcune cose.

Un punto debole dell’edutainment

Dal punto di vista dei docenti è mancata la consapevolezza dell’importanza della reale e continua integrazione degli aspetti ludici con quelli didattici tradizionali. Quindi, non si trattava tanto se il particolare gioco era più o meno adatto alle esigenze didattiche, ma più in generale di sfruttare in maniera continuativa i meccanismi presenti nei giochi che generano attenzione, coinvolgimento e interesse all’interno delle lezioni. Solo in questo modo si possono ottenere reali valori aggiunti, sia in termini di motivazione, sia in termini di apprendimento. Stabilire un continuum didattico-ludico in cui fare sedimentare i diversi approcci legati al gioco con gli elementi didattici “tradizionali” – che diventano anche essi parte del gioco – permette di determinare nei partecipanti un impatto duraturo e produttivo. In sintesi è mancato ciò che viene definito con il termine gamification.

Non attrattività dei giochi ludici

Sul piano tecnico è mancato, fino a qualche anno fa, l’uso di piattaforme online in cui le diverse attività ludiche e non, potevano stabilmente convivere e di fatto costituire una parte del continuum educativo fruibile, sia in classe, sia a casa.

Dal punto di vista dei produttori e dei programmatori è emersa una palese difficoltà nel fondere in maniera trasparente, continua e didatticamente significativa il mondo del divertimento con quello dell’apprendimento. Quest’ultima considerazione è facilmente comprensibile in quanto nei videogiochi di successo che i giovani usano, le evoluzioni sono pressoché continue grazie agli enormi investimenti che grandi gruppi multinazionali compiono. Tali giochi sono palesemente sempre molto più avanti e coinvolgenti rispetto a qualsiasi tentativo di emulazione proposte dai software ludico-didattici. Di questa vera e propria dicotomia i primi a rendersene conto sono gli studenti. Essi non riconoscono nella maggior parte dei software educativi usati in classe quei meccanismi di giocosità, di sfida-ricompensa e soprattutto di “coinvolgimento” che invece sono abituati a trovare nei videogiochi tradizionali.

Giocando si impara, ma è sempre vero?

I prodotti più usati in classe appartengono quasi sempre alla categoria dei “trivial game” ovvero giochi a quiz. Gli studenti-concorrenti vengono posti di fronte a domande temporizzate su fatti/argomenti relativi alle discipline studiate, supportati da alcuni suggerimenti che possono essere video, audio e/o testi. Uno dei format più conosciuti nelle scuole è quello offerto dalla piattaforma Kahoot![1]. Altri giochi educativi digitali utilizzati in maniera minore appartengono invece alla categoria dei “casual games” didattici. Si tratta di videogame “leggeri” e semplificati a livello di programmazione software, accessibili a tutti, con regole molto semplici e immediatamente giocabili. Essi coprono quasi tutti gli argomenti disciplinari e vengono impiegati in classe il più delle volte come riempitivo alla fine delle lezioni, per interrompere la routine tradizionale o durante le sostituzioni per tentare di migliorare il clima poco collaborativo della classe e calmare gli animi di studenti disinteressati e rumorosi.

Involontarietà educativa

Il valore aggiunto che i videogame didattici possono offrire è di norma legato alla presenza nativa di una volontà educativa ben evidente e ben strutturata. In definitiva è necessario solo avere dal lato docente alcune accortezze su come utilizzarli e su che cosa possono offrire in più rispetto alle azioni didattiche tradizionali. Ma alle volte anche i videogiochi puramente ludici come ad esempio quelli di avventura, di azione e/o di strategia possono nascondere una “involontarietà educativa” che è interessante fare emergere e sfruttare. Se si attua un lavoro di sperimentazione è indispensabile comprendere esattamente come utilizzarli, andando a cogliere proprio l’involontarietà educativa. Il più delle volte essa è relativa ad alcune abilità trasversali che è essenziale sviluppare negli studenti.

Videogiochi e sviluppo delle capacità attentive

Una di queste abilità che con tali giochi è possibile sollecitare riguarda lo sviluppo e il mantenimento delle capacità attentive, tanto carente negli studenti, nelle tre forme evidenziate dalla psicologia cognitiva e conosciute come:

  1. attenzione sostenuta – Questa forma di attenzione coinvolge la capacità di mantenere la concentrazione su una determinata attività o compito per un periodo prolungato di tempo. Ad esempio, la capacità di leggere un libro o seguire una attività senza distrazioni;
  2. attenzione selettiva – Si riferisce alla capacità di concentrarsi su una fonte di informazione specifica, ignorando “il rumore” derivante da distrazioni di qualsiasi tipo. Ad esempio, essere in grado di ascoltare un insegnante in classe mentre si ignorano rumori di sottofondo;
  3. attenzione divisa – Coinvolge la capacità di dedicare l’attenzione a più di un compito simultaneamente, una sorta di multitasking cognitivo attentivo. Questo può essere importante in situazioni in cui è necessario gestire più informazioni contemporaneamente, come durante la guida di un’auto o mentre si segue una conversazione.

La ricerca compiuta dallo psicologo Joe Cutting[2], pubblicata recentemente, ha mostrato dei risultati particolari: alcuni videogiochi di strategia migliorano notevolmente la memoria di lavoro e soprattutto l’attenzione nei giovani, mentre videogiochi basati su puzzle o simili hanno un impatto positivo nella memoria di lavoro e nell’attenzione degli anziani. Qualcosa di parzialmente simile era già risultato nella ricerca del Politecnico di Chengdu, in Cina, pubblicata Nella rivista Nature Scientific Reports nel 2015[3], ma rivolta esclusivamente ai videogiochi di azione.

Videogiochi e DSA

I videogiochi d’azione in cui il ragazzo protagonista si trova a partecipare a sfide, combattimenti e gare all’ultimo respiro sono il più delle volte considerate negativamente dagli adulti. Uno studio condotto qualche anno fa dall’Università di Padova suggerisce invece che tali videogiochi possono essere veri alleati per gli studenti dislessici. Le intense e continuative esperienze sensoriali e l’alto livello adrenalinico di attenzione richiesti durante il gioco sembrano influire positivamente sulla lettura, la comprensione del testo e persino sulla memorizzazione a lungo termine[4]. Questa non è solo una pura e semplice compensazione, ma un vero e proprio “upgrade” nella condizione neuro-cognitiva degli studenti. In un esperimento in cui hanno partecipato a sessioni di gioco quotidiane venti bambini con problemi di dislessia, si sono visti dei miglioramenti significativi nella velocità e precisione della lettura. Questa scoperta apre nuove porte per interventi innovativi, offrendo prospettive promettenti per il miglioramento duraturo delle abilità cognitive dei bambini con DSA. Il videogioco di azione può quindi costituire un “allenamento” seppur generico ma utile per migliorare l’esperienza di lettura nei dislessici; come tale, però, deve essere compiuto nelle sedi opportune e non certo in classe.

Quando il gioco si fa duro… i serious game

Lo sviluppo di videogiochi con un altissimo grado di immersività, interattività e di verosimiglianza con la realtà, sono sempre più percepiti dai giocatori, inconsciamente ed emotivamente, quasi alla stregua di un’esperienza vissuta nel mondo reale. Tali cambiamenti – in particolare quando riguardano giochi sviluppati per la realtà virtuale e la realtà aumentata[5] – stanno ponendo le basi a futuri sviluppi innovativi in campo formativo.

Alle simulazioni di situazioni, eventi e condizioni è affidata la riproduzione del meccanismo del gioco in sede di apprendimento. I serious game appartengono a questa categoria immersiva e sono giochi progettati con l’obiettivo principale di insegnare, addestrare o sensibilizzare gli utenti tramite simulazioni realistiche. Questi giochi combinano elementi ludici con scopi educativi o informativi espliciti, cercando di coinvolgere i giocatori in un’esperienza interattiva unica plurisensoriale che va ben oltre il semplice divertimento e intrattenimento puro. Tali esperienze proiettano l’utente a confrontarsi in ambienti interattivi riprodotti digitalmente, del tutto simili alle condizioni e problematiche che si potrebbero trovare nella realtà, ma senza rischi e pericoli e soprattutto senza paura di sbagliare. Infatti i feedback che i giocatori ricevono durante l’esperienza del gioco e sulle loro azioni, consente loro di imparare dagli errori e quindi di migliorare le proprie competenze. L’elemento emozionale è determinante nei serious game ed è quello che rende il gioco estremamente coinvolgente.

Lo psicologo Daniel Freeman autore del libro Creating Emotion in Games: The Craft and Art of Emotioneering[6] identifica ben trentadue tecniche per sviluppare emozioni nei videogame.

Campi di applicazione dei Serious Game

In estrema sintesi i campi di applicazione dei serious game includono diversi settori sociali.

  • Educazione: serious game progettati per insegnare argomenti accademici o sviluppare competenze specifiche.
  • Formazione professionale: giochi che simulano scenari di lavoro per addestrare professionisti in settori specifici.
  • Salute: applicazioni che promuovono la salute e il benessere, ad esempio incoraggiando uno stile di vita attivo o educando su malattie.
  • Simulazioni aziendali: serious game che simulano situazioni aziendali per allenare decisioni manageriali e strategiche.
  • Consapevolezza sociale: giochi che affrontano temi sociali o ambientali, cercando di sensibilizzare e promuovere la comprensione.
  • Addestramento militare: simulazioni utilizzate per l’addestramento delle forze armate su strategie e tattiche.
  • Sicurezza: giochi per insegnare pratiche sicure sul lavoro o in situazioni di emergenza.
  • Prevenzione: giochi progettati per prevenire comportamenti indesiderati, come il bullismo o l’abuso di sostanze.

Gli sviluppatori dei serious game cercano sempre di bilanciare l’aspetto ludico con il valore educativo, creando ambientazioni coinvolgenti che trasmettano esperienze in modo efficace, sicuro e duraturo.


[1] Il sito di riferimento è il seguente: https://kahoot.it/

[2] Joe Cutting, Bethany Copeland, Fiona McNab, Higher working memory capacity and distraction-resistance associated with strategy (not action) game playing in younger adults, but puzzle game playing in older adults, Heliyon, Volume 9, Issue 8, 2023 e19098, ISSN 2405-8440, https://doi.org/10.1016/j.heliyon.2023.e19098.

(https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2405844023063065).

[3] Gong, D., He, H., Liu, D. et al. Enhanced functional connectivity and increased gray matter volume of insula related to action video game playing. Sci Rep 5, 9763 (2015). https://doi.org/10.1038/srep09763.

[4] Franceschini S., Gori S., Ruffino M., Viola S., Molteni M, Facoetti A. (2013). Action Video Games Make Dyslexic Children Read Better. Current Biology, 23 (6), pp. 462-466.

[5] Attualmente la società Meta sembra essere la più attiva nel campo educational con i propri visori 3d.

[6] Freeman D., Creating Emotion in Games: The Craft and Art of Emotioneering™, New Riders Publishing, Indianapolis, 2003.