La resilienza delle innovazioni

L’esperienza del service learning negli Stati Uniti

Tutti abbiamo incontrato idee innovative che entrano ed escono di scena nella scuola. Il loro ciclo di vita spesso è una parabola con la fase dell’annuncio e delle promesse, la stagione della diffusione e la conclusione nell’oblio. In tale contesto è importante, quindi, riuscire a individuare quelle ‘avanguardie’, termine che l’INDIRE ha reso familiare nel contesto italiano, che entrano nel patrimonio delle culture professionali dell’insegnare e delle pratiche correnti nelle scuole.

È importante non solo abbracciare il nuovo, ma anche valutare attentamente la sostenibilità e l’impatto a lungo termine delle innovazioni. Affascinati dall’appeal del nuovo, raramente ci soffermiamo sul destino delle ondate di cambiamenti, culturali e metodologici, che invadono il mondo dell’insegnamento.

Come identificare le proposte che riescono a permanere nel tempo? Quali i fattori di continuità per non spegnere nel tempo l’originaria forza propulsiva e attrattiva? A quali condizioni prevale il radicamento nel variare degli scenari e nel turbinio delle transizioni metodologiche?

Il caso del service learning

Un esempio eccellente di come un’idea possa evolversi e stabilizzarsi nel tempo, influenzando significativamente l’approccio all’insegnamento e all’apprendimento, è dato dal service learning negli Stati Uniti. Definito nel 2010 da Andrew Furco “Experiential learning that take place in the community as an integral part of the curriculum”[1].

Affacciatosi come esperienza di ‘community service’ ormai un secolo fa, il service learning ha avuto grande evidenza negli anni 1980 e 1990 e rimane un punto di attenzione ancora oggi per i decisori politici e per gli insegnanti.

Presente nelle piattaforme dedicate all’educazione (cfr. ERIC), oggetto di una vasta letteratura, ispiratore di ondate di iniziative, il service learning dispone di una struttura tecnica di supporto, fatta di esperti riconosciuti, di riviste specializzate, di centri di ricerca; è tema ricorrente di pubblicazioni e di conferenze. Si avvale inoltre di una serie di studi dedicati con meta-analisi si sono diffusi per tre decenni. Affermatosi a livello globale con varie interpretazioni nazionali è animato dalla rete internazionale IARSLCE (International Association for Research on Service-learning and Community Engagement). Radicato nella cultura civica, trova applicazione in un largo spettro di opportunità per gli studenti e collocazione anche nelle elaborazioni prospettiche dell’UNESCO e dell’OECD[2].

Quali sono i punti di forza?

Il radicamento di un modello pedagogico e la sua continuità negli anni sono legati ai problemi che intende risolvere. In questo caso la formazione completa degli studenti è un obiettivo permanente della scuola, largamente condiviso e immediatamente praticabile con le esperienze di service learning.

Anche nell’epoca (gli ultimi due decenni) di accanimento valutativo sulle prestazioni accademiche degli studenti, il service learning non esce di scena. Pur senza il peso dei risultati accademici o la precisione dei test di apprendimento, riesce convincente tra gli insegnanti e il pubblico in generale per il contenuto curricolare che mantiene tra i propri obiettivi; anzi diventa una via di integrazione nell’analisi delle capacità non cognitive degli studenti[3]. Allo stesso tempo risponde alla diffusa e crescente preoccupazione che la svolta verso l’eccellenza nell’apprendimento porti al declino della missione propria delle scuole per lo sviluppo delle competenze civiche. Peraltro in un’epoca di crisi di credibilità della scuola, di erosione dei valori civici su cui si regge la società statunitense, l’esperienza sul campo del service learning rappresenta una soluzione condivisibile e promettente.

La doppia finalità

La doppia finalità del service learning, che mira congiuntamente a favorire l’apprendimento degli studenti e il loro sviluppo civico, si rivela un deciso punto di forza. La pedagogia di experiential learning offre agli studenti una esperienza di apprendimento contestualizzato basato su situazioni autentiche e in tempo reale all’interno della propria comunità. Le iniziative vengono inserite in ogni campo disciplinare, interessano gli studenti di ogni ordine e grado di istruzione e presentano una elevata flessibilità didattica.

Un secondo pilastro, la dimensione civica, porta in primo piano una vasta gamma di problemi sociali, dall’ambiente alla salute dei cittadini, dalla sicurezza pubblica ai fabbisogni di diversi gruppi umani, dall’alfabetizzazione al multiculturalismo.

Rispetto ad altri schemi di azione il service learning mantiene specificità che ne salvaguardano l’identità. A distinguere il service learning da altre attività extracurricolari o di servizio al territorio sono i benefici che porta sia per chi fornisce il servizio sia per chi lo riceve. Pur vicino, per alcuni aspetti comuni, alla pratica diffusa del project-based learning, mantiene la sua peculiarità distintiva nell’essere focalizzato e basato sul territorio, nel prevedere la partnership con gli attori della comunità locale e nel focalizzare l’attenzione sui bisogni realmente presenti. In un certo senso gli strumenti dellala comunità locale di riferimento, come i libri di testo o i laboratori, diventano una risorsa per l’apprendimento con l’attenzione ad obiettivi quali la promozione della leadership personale, lo sviluppo sociale e la consapevolezza delle diversità.

Una ricerca in evoluzione

Riflettendo sull’esperienza statunitense è possibile ipotizzare alcune condizioni di continuità alla base di decenni di messa in opera di esperienze di service learning.

Ci sono diversi studi che mettono in relazione l’esperienza del service learning con esiti positivi per gli studenti[4], ed è di lunga data[5] l’opinione convergente di molti osservatori per l’influenza che esercita sui livelli di partecipazione scolastica, anche con riferimento a studenti provenienti da gruppi di minoranza o da fasce sociali svantaggiate.

Tuttavia nel 2010 Andrew Furco scriveva che la ricerca sul service “remains seriously under-developed” (2010: 227). Che la ricerca non sia adeguatamente sviluppata lo ha riconosciuto recentemente Larry Cuban[6] il quale mette in evidenza che non si hanno robusti rapporti causali tra le azioni e i risultati conseguiti. Naturalmente la ricerca, che è in evoluzione, va seguita con attenzione e con altrettanta cautela cautela nelle affermazioni sul valore della partecipazione a esperienze di service learning[7]. Come sappiamo evidenze scientifiche dimostrano che altri fattorisono più determinanti nell’assicurare la continuità di un programma.

Un humus favorevole alla filosofia di valori

La tradizione di esperienze scolastiche di servizi rivolti al territorio e alle comunità locali costituisce un humus favorevole alla filosofia di valori che ispira il service learning.

Via via il service learning si è affermato come categoria rilevante nel panorama delle teorie dell’apprendimento: una forma di experiential learning che coinvolge lo studente in un ciclo di servizi operativi e di attività riflessive. Valenza questa che rafforza l’interesse di insegnanti e dirigenti di scuola.

La partecipazione delle comunità scolastiche agli eventi sociali è una componente della vitalità delle istituzioni scolastiche. In questa ottica la collaborazione degli attori del terzo settore diventa una componente di rilievo. La flessibilità di applicazione rispetto a temi diversi, dall’assistenza agli anziani alla cura del creato, dal civic learning[8] della lotta al drop out, ne assicura una continua rigenerazione. Lo sviluppo di standard di qualità[9] e la progressiva estensione ai vari ordini di scuola, incluso il livello universitario, ne hanno irrobustito la struttura funzionale e la consistenza pedagogica con puntuale ed esteso riscontro nei programmi di formazione degli insegnanti.

La istituzionalizzazione dell’esperienza con l’inserimento nei curricula di scuola è resa visibile nei dati statistici nazionali e nei rapporti ufficiali. Il service learning diventa componente del panorama complessivo del sistema di istruzione pur se molte iniziative presuppongono un’adesione volontaria, si svolgono in orari extrascolastici e rientrano nell’attività outdoor delle scuole.

Non va dimenticato, infine, lo scenario storico e culturale che affonda le radici filosofiche nel pensiero di John Dewey: l’educazione non è una mera raccolta di conoscenze, ha a che fare con lo sviluppo delle capacità analitiche dello studente come competenze necessarie per la partecipazione democratica. Questa ispirazione è alla base delle documentate esperienze di service learning e di community service[10].

Sono queste le condizioni che hanno assicurato nelle scuole statunitensi il persistere di tali iniziative testimoniando l’adattabilità del service learning rispetto al mutare delle priorità perseguite dal Paese, al susseguirsi degli orientamenti nelle decisioni di politica educativa e al moltiplicarsi dei contesti applicativi: sono importanti elementi che depongono a favore di una scelta coerente con la missione della scuola.

Qual è il destino del service learning?

Alla luce del movimento che si era generato, già nel 2010 per Andrew Furco il service learning era “one of the fastest growing educational initiatives in contemporary primary, secondary and post secondary education[11]”. Nel decennio successivo le scuole infatti, non hanno abbandonato l’interesse per il service learning. Secondo il parere dei dirigenti scolastici si ha, infatti, una presenza con oscillazioni comprese tra il 32% di scuole coinvolte nel 1999 ed il 24% nel 2008[12].

Con più di cinquanta anni di presenza il service learning si rivela, quindi, in buona salute: non una moda passeggera o temporanea, bensì una robusta pedagogia con probabile permanenza anche nei prossimi anni. Lo sviluppo della ricerca potrebbe far emergere nuove e più rigorose evidenze per poter discernere meglio e con maggior rigore il reale impatto di una promettente pedagogia alla base di un imponente movimento che ha nel tempo assunto dimensioni globali.

In ogni caso la sempre urgente richiesta di ripristinare la storica missione civica della scuola degli USA, come pure in altre realtà occidentali, è probabile che eserciti anche in futuro una spinta per una rinnovata formazione dei cittadini. Sotto questo profilo il service learning ha dimostrato di essere resiliente e adattabile nel corso del tempo. La sua capacità di integrare l’apprendimento esperienziale con il servizio alla comunità lo rende un esempio di innovazione sostenibile.

Il ciclo di vita delle innovazioni

La riflessione sulle vicende nel tempo delle innovazioni che invadono il mondo dell’educazione è sempre più un passo obbligato non solo per uscire dall’acritica adesione a ipotesi attrattive, ma anche e soprattutto per accrescere la consapevolezza, puntuale e articolata, dei benefici accertati per gli studenti e per le scuole nonché dei limiti che talvolta accompagnano anche le più diffuse e condivise proposte e prassi innovative. Occorre individuare con precisione i punti di forza delle proposte anche quando sono allo statu nascenti e individuare le condizioni di implementazione analizzando anche i fattori di contesto.

Si può, così, pervenire ad una ragionevole presa in considerazione delle proposte che affollano il dibattito professionale, agitano le agende politiche e l’esteso campo delle avanguardie. Anche allo scopo di rafforzarne lo sviluppo e di correggerne le eventuali carenze. Il miglioramento della scuola sempre più ha bisogno di ipotesi non solo promettenti ma anche solide e praticabili, con elevata probabilità di offrire risposte adeguate alle attese degli studenti e soluzioni durature ai problemi aperti dell’educazione.


[1] A. Furco, “The community as a resource for learning: ana analysis of academic service.learning in primary and secondary education” in OECD, The Nature of Learning: Using Research to Inspire Pratice, OECD, Paris 2010, pp. 227-249.

[2] Cfr. Hughes, C. (ed.), The Universal Learning Programme: educating future-ready citizens UNESCO International Bureau of Education (IBE/2020/WP/CD/34 REV), Paris 2020. OECD, Future of Education and Skills 2030 Conceptual learning framework. Transformative Competencies for 2030 © OECD, Paris 2019 p. 7.

[3] Su questo aspetto si veda Albanesi C., Guarino A. e Ch. Compare, “Competenze cognitive e non cognitive. La pratica del service-learning come interfaccia dei contesti educativi”, Psicologia della Salute, 1 (2023): 11-17.

[4] Peter Scales, Eugene Roehlkepartain, et al., “Reducing academic achievement gaps: The role of community service and service-learning,” Journal of Experiential Education, vol. 29 (2006), p. 38-60.

[5] Si veda la sintesi in Shelley Billig, “Research on K-12 School-Based Service-Learning: The Evidence Builds,” Phi Delta Kappan, vol. 81, no. 9 (May 2000).

[6] Cuban L. “What Happened to Service Learning”, 30 (2024).

[7] Si veda a questo proposito lo studio pilota RCT (randomized controlled trial) condotto nel contest italiano in Argentin, G., Barbetta, G., Maggioni, M. A., Rossignoli, D., & Stella, L., Service learning, well-being and school performance: causal evidence from Italian High school students. Vita e Pensiero, Milano 2022.

[8] Jonathan Gould, Kathleen Hall Jamieson, Peter Levine, Ted McConnell, and David B. Smith, eds. Guardian of Democracy: The Civic Mission of Schools. Rep. Philadelphia: Leonore Annenberg Institute for Civics of the Annenberg Public Policy Center at the University of Pennsylvania, 2011. Print. p. 29.

[9] National Youth Leadership Council, “K–12 Service-Learning Standards for Quality Practice,” (2008), via <www.nylc.org/sites/nylc.org/files/files/Standards_Oct2009-web.pdf>.

[10] U.S. Department of Education, National Center for Education Statistics,“Service Learning and Community Service in K-12 Public Schools”, 1999.

[11] Furco, A. op.cit. 2010, p. 228.

[12] Corporation for National and Community Service, Office of Research and Policy Development, Community Service and Service-Learning in America’s Schools, 2008, Washington, DC 2008.