Ambiente di apprendimento

Il cuore del progetto educativo e didattico

Nell’insieme del testo delle Indicazioni si trovano le chiavi di lettura per una analisi complessiva della struttura stessa di un progetto educativo e didattico, alla luce del rapporto apprendimento-insegnamento, scelto come bussola per immaginare e agire una proposta centrata sullo sviluppo delle competenze.

Imparare a stare al mondo

Giancarlo Cerini definiva l’apprendimento come “imparare-insegnare a stare al mondo”. Si tratta di un processo permanente di trasformazione di una persona in crescita, che avviene nel tempo della vita e nel tempo scolastico: momenti e luoghi che diventano ambienti per apprendimenti strutturati o informali. In questo processo la scuola ha il compito di “Valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni per ancorarvi nuovi contenuti (…) esperienze e conoscenze acquisite anche fuori dalla scuola (…) che l’azione didattica deve richiamare, esplorare, problematizzare … affinché l’allievo possa dare senso a ciò che va imparando”[1].

Protagonismo nell’esperienza di apprendimento

Cogliendo un’altra suggestione di Giancarlo Cerini, è importante sottolineare il concetto di “curricolo evolutivo”, di un’idea di scuola che si traduce in un percorso da zero a quattordici anni, quello a cui si riferiscono le Indicazioni Nazionali, in cui“far evolvere l’esperienza attraverso situazioni di apprendimento”. Come farlo? Favorendo “l’esplorazione e la scoperta per promuovere il gusto della ricerca di nuove conoscenze”[2]. Le potenzialità diventano capacità attraverso la crescita della consapevolezza che permette di padroneggiare i saperi per maturare atteggiamenti permanenti, diventando protagonisti dell’esperienza conoscitiva, a ogni età per l’età che si ha, come bene suggeriscono le Indicazioni nazionali: “Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere (…) imparare a imparare”[3].

I contesti di apprendimento

“La scuola propone situazioni e contesti in cui gli alunni riflettono per capire il mondo e se stessi”[4]. Il progetto didattico costruisce contesti pensati per una esperienza conoscitiva euristica, attraverso la partecipazione attiva per la crescita soggettiva nel gruppo.

Ogni contesto è caratterizzato da una serie di fattori di condizionamento, che creano cioè le condizioni per l’esperienza esplorativa e conoscitiva, favorendola o limitandola. Sono fattori che esistono e agiscono comunque. A volte, però, vengono sottovalutati in fase di progettazione, quando soprattutto la preoccupazione prevalente è quella della scelta di contenuti e degli strumenti didattici da utilizzare; ancor più se la guida nella progettazione è affidata prevalentemente, o esclusivamente, al libro di testo.

Ricorrendo alla nota metafora nell’iceberg, questa serie di fattori appartengono alla parte sommersa, dove risiede il come, cioè la cura dell’apprendimento, mentre la punta che emerge, la parte più visibile, riguarda l’esito dell’apprendimento, cioè il cosa si apprende. Gli elementi progettuali “sommersi” costituiscono una vera e propria cornice di ogni situazione di apprendimento. Dalla lettura integrale delle Indicazioni Nazionali emergono una serie di riferimenti per operare scelte consapevoli e padroneggiabili. Di seguito qualche appunto sui principali fattori che condizionano i contesti di apprendimento.

Tempo

È tutto quello che serve per trasformare le potenzialità in competenze, nel rispetto dei ritmi individuali all’interno di quelli collettivi per concedere il tempo dell’esperienza, della rielaborazione e della riflessione.

Luoghi

A scuola e fuori da scuola dove l’organizzazione degli spazi e l’interazione con i luoghi fisici diventa “elemento di qualità pedagogica”[5] per creare un ambiente curato, funzionale, accogliente per favorire relazioni distese con le persone, gli spazi, gli oggetti, “Innanzi tutto nella classe, insieme ad altri spazi specificamente attrezzati”[6].

Comunità

È la dimensione dell’apprendimento collaborativo: dove si capisce che “imparare non è solo un processo individuale e la dimensione sociale dell’apprendimento svolge un ruolo significativo”[7].

Relazione

Deve essere pensata, coltivata, attenta; deve essere costruita professionalmente, non affidata alle sole inclinazioni personali dell’insegnante. Deve dare valore alle potenzialità di tutti e di ciascuno mediando il rapporto con gli oggetti dell’apprendimento.

Strategie

Sono gli atteggiamenti e le tecniche che alimentano la “relazione di accompagnamento” che favoriscono le esperienze in cui ogni bambino possa collegare la lettura organizzata del mondo (attraverso le discipline) con il sistema dei significati personali, padroneggiando progressivamente conoscenze e abilità.

Proposte

Gli educatori e gli insegnanti propongono, i bambini agiscono; la proposta è pensata per favorire l’esperienza conoscitiva e i risultati sono riferiti ai processi individuali, non a standard di prestazione, per radicare le conoscenze sulle effettive capacità e stili personali, attraverso attività ricche di senso.

Autonomia

È una sorta di meta-traguardo, è lo sfondo stesso dei traguardi di competenza, nella prospettiva formativa della persona. Crescere significa essere sempre più capaci e consapevoli; consapevoli della capacità di pensare, per elaborare l’esperienza e le conoscenze; di esprimersi, per condividere pensieri e bisogni; di scegliere, per costruire positivamente la propria soggettività; di agire, per sfruttare e accrescere le competenze personali. “Sviluppare l’autonomia significa avere fiducia in sé e fidarsi degli altri; provare soddisfazione nel fare da sé (…) esprimere sentimenti ed emozioni (…) operare scelte e assumere atteggiamenti e comportamenti sempre più consapevoli”[8].

Benessere

È la condizione da cui dipende la possibilità di ottenere risultati realmente significativi in termini di apprendimento, atteggiamenti e comportamenti, creata attraverso la capacità di prendersi cura dei propri allievi, a ogni età e in ogni ordine scolastico star bene a scuola è una scelta professionale. “La scuola si deve costruire come luogo accogliente (…) sono importanti le condizioni che favoriscono lo star bene a scuola”[9].

Relazione educativa

Un contesto di apprendimento richiede una attenta programmazione per attivare larelazione tra soggetti (bambini e ragazzi in ricerca, protagonisti dell’esperienza conoscitiva), oggetti (dell’apprendimento, della fenomenologia della realtà e disciplinari) e procedure (modalità di attivazione dei processi conoscitivi e peculiarità disciplinari), adeguando la proposta alle caratteristiche degli allievi e alle finalità di ciascun segmento del curricolo.

Al centro la figura dell’insegnante-mediatore, attraverso la responsabilità e l’efficacia della relazione educativa.

Laboratorialità e cultura del lavoro

“Realizzare attività didattiche in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Il laboratorio, se ben organizzato, è la modalità di lavoro che meglio incoraggia la ricerca e la progettualità, coinvolge gli alunni nel pensare, realizzare, valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri, e può essere attivata sia nei diversi spazi e occasioni interni alla scuola sia valorizzando il territorio come risorsa per l’apprendimento”[10].

La didattica laboratoriale è una scelta metodologica generale, la più efficace per lo sviluppo delle competenze, che si alimenta di tecniche di conduzione adatte a:

  • creare spazi significativi per le iniziative di bambini e ragazzi impegnati nei processi conoscitivi ed espressivi, di cui gli esiti, i prodotti, sono la rappresentazione, non appiattita su standard di prestazione;
  • dare all’insegnante la possibilità di interagire-interferire-orientare i processi di apprendimento, concedendogli la possibilità di osservare per capire, la base della valutazione formativa.

Il laboratorio è

  • luogo privilegiato per tutte le attività, a un tempo fisico e simbolico;
  • proposta pensata per l’operatività: dimensione esperienziale di ogni apprendimento (non solo produzione concreta ma anche elaborazione intellettuale);
  • “clima” che condiziona a un fare fecondo;
  • un tempo, che possiede caratteristiche solo nostre, in cui è possibile coltivare il piacere di lavorare per sé stessi ricercando il senso delle proprie esperienze, in divenire;
  • uno spazio di relazione e cooperazione, tra pari e con l’adulto, in cui educatori e insegnanti agiscono per affiancare bambini e ragazzi nei processi di ricerca per l’intellettualizzazione dell’esperienza (Dewey).

La laboratorialità è azione educativa perché aiuta ciascuno a diventare consapevole della responsabilità legata a risultati che lo rappresentano in modo così direttamente personale: immaginando l’allievo come autore delle proprie performance e produzioni.

In questo senso il laboratorio contribuisce alla formazione di una cultura del lavoro, interna ai processi di conoscenza peculiari della scuola che persegue l’emancipazione dell’individuo attraverso l’istruzione e la formazione culturale.

Ricerca didattica lavoro collettivo

Riflettere sull’esperienza agita, per continuare a progettarla secondo l’impianto culturale e pedagogico delle Indicazioni, alimenta la crescita della figura di un insegnante ricercatore, impegnato in un costante lavoro collettivo di adeguamento permanente del curricolo, nelle sue diverse dimensioni, che si materializza quotidianamente nella costruzione dell’ambiente di apprendimento.


[1] Indicazioni Nazionali 2012, La scuola del primo ciclo – L’ambiente di apprendimento, pag. 34.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem, pag. 35.

[4] Indicazioni Nazionali 2012, La scuola del primo ciclo, pag. 31.

[5] Indicazioni Nazionali 2012, La scuola dell’Infanzia – I bambini, le famiglie, i docenti, l’ambiente di apprendimento, pag. 23.

[6] Indicazioni Nazionali 2012, La scuola del primo ciclo – L’ambiente di apprendimento, pag. 34.

[7] Ibidem.

[8] Indicazioni Nazionali 2012, La scuola dell’Infanzia, pag. 21.

[9] Indicazioni Nazionali 2012 – Cultura scuola persona – Centralità della persona, pag. 9.

[10] Indicazioni Nazionali 2012, La scuola del primo ciclo – L’ambiente di apprendimento, pag. 34