Educare alla creatività

Come essere innovativi in una realtà mutevole

Una caratteristica umana è essere artefici di innovazioni e di creazioni. Ed è questa continua ricerca innovativa che determina il progresso. Inizialmente possiamo affermare che siano stati i bisogni a stimolare le geniali illuminazioni (l’insight di matrice gestaltiana) che hanno condotto l’uomo a produrre cambiamenti significativi. Oggi, vivendo in una società caratterizzata da uno sviluppo esponenziale delle conoscenze e da un’abnorme proliferazione delle tecnologie dell’informazione e comunicazione, l’esigenza inderogabile non è solo quella di imparare a convivere con l’incertezza e la complessità del reale [1], ma è addirittura quella di sviluppare una capacità previsionale. Tale capacità è alimentata da quell’intuizione creativa che rappresenta forse il bene più prezioso al quale attingere per affrontare la realtà attuale e concorrere al futuro sviluppo dell’umanità.

Ne discende che la creatività, oltre ad avere un valore adattivo poiché facilita l’adeguamento ai cambiamenti, possiede anche un valore proattivo, di crescita, di costruzione dell’evoluzione culturale e dell’innovazione, in quanto offre gli strumenti per contemplare la realtà e farla propria. Generare idee nuove, percorrere strade inconsuete, fidarsi delle proprie intuizioni, affidarsi e compararsi con i punti di vista altrui, cercare prospettive alternative è l’unico modo per spalancare gli occhi su un futuro che riguarda tutti, come esseri umani e cittadini.

Creatività e trasversalità

Distinguendosi per la sua istantaneità, simultaneità e immediatezza, la creatività è una qualità trasversale che trova applicazione e diviene vantaggiosa in ogni ambito della vita: dall’arte alla scienza, dalla tecnologia all’educazione. Tesa alla produzione della conoscenza in tutte le sue declinazioni, la creatività è un concetto intersettoriale: ogni settore dell’esistenza umana può beneficiare di quest’approccio ideativo che stimola a mettersi in gioco, ad impegnarsi in sfide in cui si crede, ad assumersi rischi, ad osare superando i propri limiti, a sfidare le convenzioni, a trovare il coraggio per spingersi in territori inesplorati alla ricerca di idee originali e connessioni nuove.

La Giornata Mondiale della Creatività e dell’Innovazione

Ed è proprio dalla considerazione del ruolo cardine della creatività nell’innovazione che nasce la “Giornata Mondiale della Creatività e dell’Innovazione” istituita a Toronto (Canada) nel 2001 e riconosciuta dall’ONU nel 2017. Celebrata il 21 aprile di ogni anno, si pone come data simbolica e occasione ideale per accrescere nelle persone la consapevolezza della capacità generativa della creatività, per sensibilizzarle circa l’importanza dell’atto creativo nella risoluzione di situazioni problematiche, per stimolarle ad un utilizzo sapiente e produttivo dell’immaginazione. La Giornata, infatti, incoraggia tutti ad immaginare un mondo diverso da affrontare con spirito critico e personale mediante soluzioni alternative e inusitate.

Ma che cosa è la creatività?

Non esiste una nozione univoca di creatività. Volendo provare a definirla, potremmo descriverla come la capacità di divergere da schemi mentali prestabiliti per svelare qualcosa di inatteso, capace anche di sorprenderci gettando luce su situazioni problematiche che spesso sfuggono da soluzioni ordinarie. È come una lente che va oltre lo strato superficiale delle cose generando idee nuove e aprendosi a soluzioni innovative.

L’innovazione riguarda proprio l’implementazione di queste idee per dar vita a nuovi processi e a prodotti originali. La creatività rappresenta, in sintesi, una di quelle qualità umane che distinguono l’uomo dalla macchina in quanto favorisce la produzione e la elaborazione qualitativa di idee, non solo fluide e flessibili ma anche anticonformiste e bizzarre.

Ed è anche per queste considerazioni che ci domandiamo fin dove possa spingersi l’intelligenza artificiale, che unisce la caratteristica principale dell’essere umano con la macchina.

Aspetti evolutivi del concetto di creatività

Studiata per la prima volta dalla psicoanalisi come tratto della mente umana, fu William James [2] a fornire a fine ‘800 una delle prime definizioni del concetto di creatività come “una transizione da un’idea a un’altra, una inedita combinazione di elementi”, una capacità generatrice di nuovi punti di vista per associazione analogica. Ma è stato Guilford [3] che negli anni ’50 del secolo scorso diede un primo notevole impulso alla ricerca individuando una serie di tratti distintivi negli individui creativi. Scomponendoli in tratti dell’intelletto e tratti della personalità, egli associò il pensiero creativo (flessibile, originale, capace di problematizzare) alle caratteristiche del pensiero divergente, che distinse dal pensiero convergente (abituale, consueto, ordinario, rigidamente logico) caratterizzato dalla ripetizione del già appreso.

Molti sono gli studi che nel corso degli anni si sono susseguiti relativamente ad un concetto complesso e poliedrico come quello di creatività. Oggi, la maggior parte dei ricercatori concorda con la definizione della creatività proposta da Stein nel 1953, secondo cui “La creatività richiede sia l’originalità che l’utilità” [4].

Da qui la necessità che per produrre, non solo qualcosa di nuovo ma anche di efficace ed appropriato, sono indispensabili sia il pensiero convergente che il pensiero divergente. La creatività non è una proprietà unica, ma risulta il prodotto di una complessa interazione tra deduzione e intuizione, tra ragione e immaginazione, tra emozione e riflessione, tra processi cognitivi ordinari ed elementi affettivi, tra pensiero convergente e pensiero divergente. Né pare essere fisicamente localizzabile in una specifica regione cerebrale. Recenti ricerche condotte nel campo delle neuroscienze cognitive [5] hanno dimostrato che non esiste un quadro coerente e unitario circa le basi neuro-anatomiche della creatività, né la stessa può essere localizzata nell’emisfero destro, come supposto da credenze popolari.

Creatività e intelligenza

Tra gli studi sul pensiero creativo spiccano quelli sul ruolo condizionante dell’intelligenza nello sviluppo e nella manifestazione della creatività. È universalmente riconosciuto che creatività non è sinonimo di intelligenza: ci possono essere persone intelligenti ma non creative, mentre quasi tutti i creativi sono intelligenti. L’intelligenza è, dunque, una condizione necessaria ma non sufficiente per essere creativi. Creare è discernere, è scegliere tra tutte le idee le illuminazioni più feconde e originali.

Per Bruner [6], l’azione creativa era indissolubilmente legata al potenziale cognitivo, a significare che la creatività scaturiva dall’intelligenza tradizionalmente intesa pur non identificandosi con essa. L’intelligenza convenzionale costituiva un substrato essenziale per far germogliare il pensiero creativo: possedere e padroneggiare immagini, schemi, simboli e concetti già conosciuti significava compiere un atto intelligente, ma usare quelle unità cognitive in modo costruttivamente originale, costituiva un atto creativo.

Petter [7]faceva coincidere l’intelligenza con l’attività creativa, ma doveva esserci una soglia di Q.I. al di sotto della quale era impensabile una qualche produzione creativa. Questo concetto venne accolto da McClelland [8]e successivamente sostanziato da Torrance [9], che fissò un livello minimo di Q.I. pari a 120.

La creatività può essere insegnata?

Yamamoto [10] individuò, invece, un’altra variabile nel rapporto di interazioni tra Q.I. e creatività: la mediazione dell’insegnante.

Non potendo essere insegnata, era opportuno che il docente stimolasse la creatività nei propri alunni adottando adeguate strategie didattiche per incentivarne lo spirito di curiosità e coinvolgere nel processo di insegnamento-apprendimento la sfera emotivo-immaginativa. Per incentivare questa pratica il docente doveva essere in grado di avvincere gli alunni con narrazioni ricche di suggestioni, di stimoli ed elementi fantastici. Era l’immaginazione, la fantasia ciò a cui si doveva far ricorso.

Altra strategia vincente era la promozione di un apprendimento autonomo. Alimentata da schemi di pensiero disomologanti, l’autonomia è anche coscientizzazione, consapevolezza di sé, indipendenza di giudizio. L’insegnante doveva, pertanto, guardarsi dall’imporre modelli di riferimento, ma sviluppare spirito di tolleranza verso punti di vista anche stravaganti, incoraggiare la ‘manipolazione’ delle idee, apprezzare e socializzare le produzioni personali, sollecitare la riflessione critica e destare negli alunni una sorta di insoddisfazione cognitiva tale da stimolarli verso continue nuove scoperte. Perché è proprio l’apprendimento per scoperta che favorisce la motivazione intrinseca, intesa come volontà di apprendere.

Educare alla creatività

Considerata inizialmente come una dote innata ad esclusivo appannaggio di pochi eletti, sono molti gli psicologi che hanno sottolineato come la creatività possa essere stimolata e allenata in modo da trasformarla in qualcosa di presente in tutti gli esseri umani, seppure in misura differente. Si tratta, pertanto, di educare alla creatività iniziando con una base di conoscenza e insegnando a padroneggiare una metodica riflessiva che tenda a non uniformarsi al pensiero dominante, a non pascersi delle verità altrui, ma ad esprimere pareri propri e ad individuare combinazioni personali tra i legami associativi della realtà conoscitiva, in modo da approdare a soluzioni alternative, generatrici di inediti effetti di stupore.

Per stimolare la creatività, occorre lasciare al pensiero la possibilità di reagire ad uno stimolo perseguendo strade diverse, non routinarie. Ad esempio, stimolare attività in cui trovare nuovi usi ad oggetti comuni, costruire disegni a partire dalla presentazione di una forma astratta, inventare una breve storia muovendo da alcune parole somministrate a caso, scoprire per quali aspetti due o più parole, immagini od oggetti presi casualmente possono essere simili, descrivere il maggior numero possibile di conseguenze interessanti a seguito di un determinato evento, descrivere situazioni ipotetiche (immaginare, per esempio, come sarebbe il mondo se l’uomo sapesse volare) [12].

Per leggere il mondo con occhi diversi

Creatività, quindi, non significa semplicemente lasciarsi sorprendere dal mondo applicando ex novo la nostra forza ideatrice, ma anche rielaborare elementi noti e conosciuti arrivando a qualcosa di diverso e ancora non esistente.

Creatività, dunque, come capacità di ristrutturare il campo, rielaborare idee già formulate, riciclare concetti preesistenti; capacità di costruire nuove forme di codificazione dei dati esperienziali già acquisiti, dissociandoli, decontestualizzandoli, decodificandoli per poi dinamicamente sottoporli a nuove combinazioni, in modo unico e originale.

Perché la natura dinamica della creatività muta continuamente insieme al soggetto che condiziona le chiavi di lettura di ciò che lo circonda.


[1] Edgar Morin offre un’altra prospettiva sulla creatività definendola come “una competenza e capacità necessaria ad affrontare le incertezze” in La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, 2000.

[2] James W, Principi di psicologia, 1890.

[3] Guilford J. P., Creatività. Psicologo americano, 1950.

[4] Stein M.I., Creatività e cultura, 1953.

[5] Biasion I., Il cervello e la creatività: le basi neurali e molecolari del processo creativo, 2017.

[6] Bruner J., Il conoscere. Saggi per la mano sinistra, 1975.

[7] Petter G., Conversazioni psicologiche con gli insegnanti, 1972.

[8] McClelland D.C., Problemi nell’identificazione del talento,1958.

[9] Torrance E.P., La validità predittiva dei test di pensiero creativo, 1977.

[10] Yamamoto K, Relazione tra le capacità di pensiero creativo degli insegnanti e i risultati e l’adattamento degli alunni,1963.

[11] Klein M, La psicoanalisi del bambino, 1969.

[12] Minnesota Tests of Creative Thinking di RJ Goldman, 1965.