In arrivo il Piano nazionale di Formazione

“…obbligatoria, permanente, strutturale…”

Il Piano Nazionale di Formazione (previsto dal comma 124 della legge 107/2015) per il triennio 2016-19 sta per essere reso pubblico. Il Piano è stato anticipato il 26 luglio 2016 alle Organizzazioni Sindacali e si propone di porre al centro la scuola, il miglioramento degli apprendimenti degli studenti, la valorizzazione della professionalità dei docenti e la loro crescita professionale in ottica di sistema di interazioni in una comunità professionale.

Cambia, dunque, la centratura del sistema di formazione: il cuore pulsante della definizione delle attività è la scuola; i protagonisti sono gli insegnanti coinvolti in progetti di sviluppo professionale. Vengono previsti metodi e strumenti innovativi, sulla base della positiva esperienza dei docenti neoassunti, modellizzata ex novo dal DM 850/2015.

Rileggendo le previsioni del Piano nazionale, anticipate con nota MIUR del 7 gennaio 2016 prot. 35 avente ad oggetto “Indicazioni e orientamenti per la definizione del piano triennale per la formazione del personale”, è evidente la volontà di superare la frantumazione dei micro-percorsi di aggiornamento, per garantire la permanenza e la strutturalità delle azioni formative, attraverso un ingente stanziamento di risorse per la formazione con varie provenienze, non da ultimi i PON, sia per azioni di scuole singole e in rete sia per l’autoformazione dei docenti (anche attraverso la card personale), con un processo multilivello.

La nota richiama la necessità di coerenza con le priorità strategiche nazionali, indicate periodicamente dal Ministro e la dimensione pluriennale delle azioni di formazione, rivolte sia al personale della scuola in servizio che a quello in ingresso.

Dall’aggiornamento alla formazione in servizio

Senza addentrarsi in una disamina sulla definizione di “formazione” è evidente che per considerarla tale un percorso formativo dovrebbe certamente coniugare alcuni criteri di base fra i quali se ne citano tre, genericamente condivisi e condivisibili:

  • la coerenza fra azioni di formazione intraprese e i bisogni formativi rilevati;
  • il coinvolgimento attivo del personale nei percorsi formativi (la “scuola attiva” di deweyana memoria e lo “scaffolding” bruneriano non valgono certamente solo per gli studenti …);
  • la necessità di verificare, monitorare .. comunque individuare strumenti che possano far comprendere l’effettiva ricaduta dei percorsi formativi realizzati nel proprio contesto scolastico. E su questo punto molto è il lavoro da intraprendere…

Su questa terza dimensione la citata nota MIUR di gennaio 2016 anticipa possibili forme di riconoscimento della partecipazione alla ricerca, alla formazione, alla documentazione di buone pratiche, come criteri per valorizzare e incentivare la professionalità docente, anche nell’ottica di non considerare la formazione come un piano cumulativo di ore fruite in presenza. Non è certamente facile studiare meccanismi di valorizzazione in tal senso, ma è ormai improcrastinabile per andare oltre la fruizione passiva per lo più frontale di contenuti teorici, veicolati da esperti.

Forte è il richiamo europeo ad un rinforzo della professionalità docente al fine di renderla una carriera “allettante”. Le Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione («ET 2020») hanno indicato fra gli obiettivi strategici il miglioramento della qualità e dell’efficacia dell’istruzione e della formazione.

Quali priorità per la formazione?

In questa sede, approssimandosi la ripresa del nuovo anno scolastico interessa riflettere su come e su quali siano le priorità formative dei e per i docenti italiani. La Legge 107/2015 all’art. 1 comma 7 enuncia in modo deciso le priorità della scuola italiana. Le istituzioni scolastiche sono chiamate a individuare il fabbisogno di posti dell’organico dell’autonomia, in relazione all’offerta formativa che intendono realizzare, per il raggiungimento di obiettivi formativi individuati come prioritari. Si va dalle competenze di base in lingua, matematica e scienze all’apertura verso i nuovi linguaggi, dalle molte dimensioni della cittadinanza globale alle innovazioni metodologiche e organizzative.

Fra le aree strategiche che, con tutta probabilità, diventeranno prioritarie nelle scuole, possiamo immaginare di trovare le competenze digitali, lo sviluppo delle lingue straniere, l’inclusione e la gestione della classe, le competenze di cittadinanza, ma anche il potenziamento e il supporto all’autonomia scolastica, la valutazione e il miglioramento, l’alternanza scuola-lavoro.

Dobbiamo, comunque, attenderci non tanto l’elenco dei possibili contenuti della formazione, ma l’indicazione di metodologie efficaci di realizzazione, un chiarimento sulle caratteristiche e le condizioni dell’obbligo di formazione, l’ammontare delle risorse assegnate alle scuole (magari sulla base di progetti elaborati a livello di rete).