La governance di rete: chi vuol fare il capo-fila?

L’idea della rete tra scuole è politicamente molto corretta: evita che l’autonomia si trasformi in una competizione tra istituzioni della Pubblica Amministrazione; consente di valorizzare il lavoro collaborativo tra scuole per rafforzarne l’iniziativa; moltiplica i legami con il territorio, con una migliore capacità di acquisire risorse; mette in comune conoscenze, modelli innovativi, professionalità per una crescita complessiva del sistema educativo. Se è così, come mai si sono manifestate tante perplessità nei confronti delle Linee Guida emanate dal MIUR il 7 giugno 2015 (nota Dip.to 2151), allo scopo di favorire l’aggregazione in rete delle scuole? Certamente hanno pesato i tempi troppo ristretti individuati per avviare gli accordi di rete (30 giugno, a ridosso di molte scadenze di fine anno), ma soprattutto il ruolo attribuito all’amministrazione scolastica nel promuovere la costituzione dei reti. Si registra qui la vera novità della legge 107/2015 rispetto all’art. 7 del regolamento dell’autonomia, che già nel 1999 aveva previsto la possibilità per le scuole di stringere accordi di rete.

Tab. 1 – Stare in rete. Livelli di partecipazione. Valori in percentuale.
Nessuna rete Una/due reti Tre/quattro reti Cinque/sei reti e oltre
1° ciclo 12,5 42,1 28,7 16,7
2° ciclo 13,4 33,9 29,8 23
Fonte: Invalsi, Questionario scuola, 2016. http://www.invalsi.it/snv/docs/060616/Descrittive_Iciclo.pdf

Le reti di scuole oggi

Le reti, con la legge 107, si innestano sulla nuova dimensione territoriale dell’organizzazione scolastica (gli ambiti territoriali di dimensione sub-provinciale: 321 in tutta Italia) e acquisiscono una più precisa fisionomia istituzionale. Infatti, in ogni ambito si prevede la costituzione obbligatoria di una rete generalista (comprendente quindi tutte le scuole dell’ambito) in grado di interfacciarsi con l’amministrazione scolastica per assumere compiti di gestione amministrativa e di rappresentanza delle scuole. Siamo per caso in presenza di un vulnus alle libere determinazioni delle scuole? Forse, ma questo approccio consente di prefigurare un diverso modo di fare governance scolastica nel territorio, andando oltre il tradizionale rapporto “verticale” con l’amministrazione periferica. La rete di ambito dovrebbe agevolare lo svolgimento decentrato di operazioni amministrative, anche con riferimento alla nuova dimensione della titolarità di ambito dei docenti. In questo caso assume rilievo la posizione della scuola capo-fila (e del suo dirigente) in quanto a capacità organizzative, solidità dei servizi amministrativi, capacità di relazione con i colleghi e l’amministrazione. C’è da ricordare che il 10,6% delle scuole del primo ciclo e il 16,1% nel secondo hanno avuto la possibilità di sperimentare la funzione di capo-fila.

Cosa “mettere” in rete?

Questo è il primo banco di prova della capacità di autogoverno delle scuole, poiché la scelta spetta evidentemente alla conferenza dei servizi composta dai dirigenti, in ciò autorizzati dalle delibere dei consigli di istituto. Per evitare indebite sollecitazione sulla figura del capo-fila (quasi fosse un novello Provveditore investito dal “basso”?) è quanto mai opportuno condividere responsabilità, valorizzando le reti di scopo. Definiti i temi strategici su cui organizzare gli interventi coordinati (ad es. la formazione, l’alternanza, le nuove tecnologie, la disabilità, la prevenzione della dispersione, ma anche la sicurezza, gli acquisti, gli scambi internazionali, ecc.) si potranno valutare le vocazioni e le competenze maturate dalle scuole, e attribuire responsabilità specifiche a scuole particolarmente attrezzate sui singoli temi.

Tab. 2 – I contenuti prevalenti degli accordi di rete. Frequenza in percentuale.
Scuole del primo ciclo Scuole del secondo ciclo
-Formazione e aggiornamento (44,3) -formazione e aggiornamento (45,4)
-curricolo e discipline (34,3) -temi multidisciplinari (31,4)
-disabilità (30,5) -curricolo e discipline (27,9)
-temi multidisciplinari (25,6) -metodologie e didattiche innovative (25,8)
-servizi in comune (20,8) -disabilità (22,5)
Meno praticati altri temi, come l’integrazione culturale (alta però nelle regioni del Nord), la valutazione di sistema, l’orientamento, l’organizzazione di eventi. Fonte: Invalsi, Questionario scuola, cit. 2016.

Bene farebbe l’amministrazione a riconoscere le intese “locali” attribuendo specifiche risorse finanziarie (ad esempio, quelle dei progetti nazionali) alle scuole così individuate. In tal senso si pensa di operare sul tema fondamentale della formazione in servizio (cfr. il Piano Nazionale di Formazione in fase di elaborazione) attribuendo un consistente finanziamento ministeriale ad ogni ambito per lo sviluppo delle attività di aggiornamento. L’effettiva realizzazione delle iniziative potrà poi essere affidata a “snodi” territoriali, cioè a piccole reti di scopo costituite sulla scala ottimale per l’efficacia degli interventi. Resta poi confermata la possibilità per le scuole di ricorrere ad accordi anche fuori dal proprio territorio, di fronte a particolari innovazioni e progettualità. Non mancano in proposito gli esempi (la rete “Senza Zaino”, “Book in progress”, le “Avanguardie educative”, le molte reti sulla valutazione e il miglioramento).

Dalla rete al territorio

Il movimento della “rete” rimarrebbe sterile se non si completasse con la possibilità per le scuole di ricorrere ad ulteriori forme di collaborazione e di accordi con soggetti del territorio (enti locali, imprese, associazioni, fondazioni, comitati, ecc.) per dar vita a modelli differenziati di partenariato, anche bilaterale. Da sottolineare anche la presenza in molte regioni di accordi e patti territoriali che vedono spesso l’iniziativa di enti locali (come le associazioni dei Comuni o di Comuni particolarmente dinamici) e che si presentano come vere e proprie modalità di gestione mista di servizi di supporto alle scuole. Non è inutile ricordare che la qualità dell’istruzione si distribuisce diversamente nel nostro Paese, spesso in diretta corrispondenza con la capacità di iniziativa e di supporto che le comunità locali, nelle loro diverse espressioni istituzionali e sociali, sanno offrire alla scuola.