Concorso a dirigente scolastico. Che “caso” ci sarà?

La prova orale e lo studio di caso

Rispondere verbalmente ad una domanda è ben diverso dal farlo per iscritto. Bisogna saper cogliere la questione di fondo ed entrare subito nel merito. È necessario, prima ancora di esercitare la capacità di sintesi, possedere le conoscenze necessarie, saperle esporre dopo averle collegate in maniera logica e funzionale. I candidati non dovrebbero avere problemi in tal senso, considerando che sono questioni su cui si sono già preparati per affrontare sia la preselezione sia la prova scritta.

Assai più incerta appare la parte relativa al cosiddetto “studio di caso”. Sappiamo che lo “studio di caso” rappresenta un tipo di indagine empirica applicabile in molteplici contesti. Le fonti e i modelli di riferimento sono diversi: da Stenhouse a Stake, Simons, Denzin, Yin, senza considerare le esperienze di casa nostra (Damiano et alii). Sul piano operativo i modelli e gli esempi non mancano. A volte però appaiono complessi e ridondanti, a volte troppo semplificatori e generici, altre volte sembrano solo esercitazioni accademiche. Inoltre, ed è ciò che fa la differenza, l’aspirante dirigente deve dimostrare in sede di colloquio orale, di saper affrontare subito un problema. La cosa è ben diversa dalla capacità di stendere un report scritto, come più usualmente avviene nell’esercizio professionale.

Da dove partire

Nella realtà ogni situazione è differente dall’altra. La specificità di un caso potrà portare ad indagare alcuni aspetti particolari e ad approfondire alcuni passaggi. Ma un canovaccio di base è necessario per ogni situazione: è una questione di metodo, di ottimizzazione di tempi e di semplificazione di procedure.

Non si può immaginare subito la soluzione, se non si entra nel cuore della situazione reale e se non se ne analizzano i singoli aspetti. Non ci si può accontentare solo delle prime informazioni, ma bisogna scovare anche azioni e comportamenti apparentemente meno appariscenti. Bisogna soprattutto porsi buone domande: sono fondamentali per impostare lo schema di lavoro e per darsi, conseguentemente, risposte attendibili.

Il candidato deve dimostrare alla commissione di saper elaborare le osservazioni, di essere in grado di selezionarle eliminando ciò che appare ininfluente, di essere capace di riflettere, di intervenire con spunti personali e concludere con una sintesi che proponga un’ipotesi ragionevole.

Il neo-dirigente dev’essere consapevole che la sua proposta non solo dovrà reggere l’impatto con la realtà, ma rappresentare anche, se possibile, un’opportunità di miglioramento efficace da mettere a sistema.

Come verrà proposto il caso dalla commissione

Tutti gli aspiranti dirigenti si stanno chiedendo come verrà di fatto proposto il caso. Nei tanti manuali costruiti per l’occasione vengono presentate diverse modalità, ma non sappiamo quale verrà preferita in sede concorsuale. Per esempio: la commissione metterà il candidato di fronte ad una situazione problematica descritta e documentata in maniera dettagliata o invece sintetizzata in poche righe? Il primo caso comporta che il candidato abbia un suo tempo per la rilettura (anche silenziosa) di tutte le informazioni per poter dare risposte circostanziate. Il secondo caso, che potrebbe essere molto simile alle domande delle nove materie di esame, richiede che il candidato ponga egli stesso alla commissione ulteriori domande di dettaglio per non dare risposte troppo generiche o superficiali. Sono due approcci differenti, che comportano anche esercizi di preparazioni assai diversi: un conto è imparare a cogliere dai dettagli il percorso di lavoro più adeguato (primo caso); un conto è esercitarsi a fare le domande che servono, e da qui ipotizzare i percorsi da seguire (secondo caso).

Come mettere a fuoco il compito e trovare soluzioni sempre pertinenti

A prescindere dalle modalità che la commissione deciderà di privilegiare, ogni caso deve avere un titolo e una descrizione del problema, ma anche la messa a fuoco del compito. Il candidato dovrà essere messo di fronte ad un mandato ben definito all’interno di ogni specifica situazione problematica. Ciò indipendentemente dal poter contare su una prima documentazione scritta di dettaglio o solo su poche pennellate. Sappiamo tuttavia che molto spesso i casi nella realtà sono sempre assai complessi e richiederebbero interventi a tutto campo con piani di miglioramento pluriennali. Il candidato non potrà, attraverso una simulazione orale, prendere in considerazione in maniera analitica e circostanziata tutte le azioni necessarie: dall’analisi alla decisione, al controllo della tenuta, alla valutazione e anche allo stesso riorientamento dei processi. È importante che l’aspirante dirigente dimostri di conoscere bene la mappa articolata dei problemi e delle possibili soluzioni, di sapersi concentrare su un percorso circoscritto, di motivarlo non solo sapendo padroneggiare i riferimenti di legge, ma anche individuando risposte inedite, creative e pertinenti. È una scelta, quindi, che va oltre la semplice applicazione delle norme e del controllo esclusivo della conformità della propria scuola rispetto alle indicazioni istituzionali (compliance). Per quest’ultimo obiettivo non occorre una figura dirigenziale altamente qualificata, così come lo stesso regolamento per il concorso richiede: basterebbe munirsi di un buon algoritmo e conoscere qualche regola tecnica di funzionamento.

In primis: rigore e disciplina

Adottare un approccio innovativo nell’affrontare un caso non significa abbandonarsi alla spontaneità, perché si richiedono comunque rigore e disciplina. Il candidato deve dimostrare alla commissione di saper coordinare comportamenti basati su diverse tipologie di saperi: fondare le sue azioni sulla normativa e sui principi fondamentali del diritto; tener conto dei codici di comportamento, ma anche della lettera d’incarico con gli obiettivi da raggiungere; saper leggere e apprezzare il contesto della scuola…

Non è facile, data la molteplicità delle coordinate. Ciò che farà la differenza è se il candidato riuscirà a convincere la commissione della sua capacità di governo e di leadership in situazioni sempre difficili e sempre diverse. Potrebbe essere importante saper formulare domande di senso; per esempio:

– Come posso evitare di adottare sempre lo stesso atteggiamento o reiterare lo stesso comportamento, ancor più se i risultati non sono efficaci?

– Come posso vedere (e incoraggiare a vedere) i vantaggi che sono dentro le idee innovative?

– Come faccio ad analizzare sempre, per ogni soluzione, i punti di forza e i punti di debolezza?

– Come posso immaginare ipotesi alternative anche nelle situazioni che richiedono comportamenti e procedure “formali”?

Una mappa per orientarsi: 4 fasi + 2

Prima di ipotizzare una risposta è necessario che il candidato non trascuri alcuni step a carattere procedurale. La letteratura in merito, ma anche la stessa dottrina, ci propongono articolazioni diverse, che privilegiano o affievoliscono alcuni passaggi a scapito di altri. Anche i nomi che si attribuiscono ai passaggi dipendono dalle varie scuole di pensiero. In sede di esame orale tutto ciò non è importante: non verranno chieste le teorie in merito, ma le azioni che aiutano ad affrontare e risolvere i problemi. È utile, tuttavia, che il candidato scelga una strada: quella che ritiene più in sintonia con le proprie metodologie di studio e di lavoro.

Le fasi che noi proponiamo1 richiamano i processi matematici: problem posing, problem analysis, problem solving, decision making. Abbiamo escluso il termine problem finding, perché è quella fase che comprende l’individuazione e la definizione di una situazione problematica, che di fatto nello studio di caso è già ben individuata. Pensiamo quindi che un problema vada articolato su quattro passaggi di base e due integrativi:

1. fase dell’analisi di contesto;

2. fase istruttoria;

3. fase ideativa;

4. fase della decisione e dell’azione;

5. fase di monitoraggio e valutazione;

6. fase della messa a sistema.

Problem posing

Nella fase di analisi di contesto (Problem posing) il neo-dirigente, partendo dalla raccolta delle indicazioni normative attinenti al problema, vorrà in primo luogo capire se tali norme trovano piena rispondenza negli atti e nelle deliberazioni specifiche della scuola (compliance). In genere lo si fa cercando tra le pieghe dei diversi documenti dell’istituto scolastico, indagando in maniera particolare su quelli che attengono alla specificità del caso: dal PTOF e alla relazione illustrativa di accompagnamento al Programma Annuale; dalle delibere del Consiglio di istituto ai documenti di contabilità.

Problem analysis

Nella fase istruttoria (Problem analysis) si dovrà procedere a descrivere in maniera analitica il caso, utilizzando tutti i dati raccolti, quantitativi e qualitativi, soprattutto quelli connessi con le azioni realizzate (e conosciute) fino a quel momento. Per farlo è necessario:

– reperire i documenti presenti a scuola in merito al problema;

– contattare i soggetti interessati (testimoni);

– selezionare le norme di riferimento specifiche.

Il dirigente lascerà comunque aperte più ipotesi risolutive, in modo che si possa successivamente, attraverso altri approfondimenti, presumere ulteriori scenari, avendone comunque chiara la possibile trattazione.

Problem solving

Nella fase ideativa (Problem solving) tutti gli elementi raccolti, le dichiarazioni dei testimoni, gli esiti della lettura dei documenti, possono evidenziare aspetti diversi, anche apparentemente contrastanti, che possono coesistere all’interno della stessa comunità scolastica.

Saranno il contesto, la natura stessa del problema, l’approccio alla leadership, la capacità intuitiva e creativa, ad aiutare il candidato a scegliere la risposta maggiormente sostenibile. Per farlo è necessario:

– concettualizzare e formalizzare la questione indagata mediante una riflessione su tutti gli elementi raccolti, mettendoli in relazione tra di loro;

– capire come in quel contesto sono state utilizzate le norme di riferimento, e come le norme stesse potrebbero costituire elementi efficaci per affrontare e risolvere i problemi.

Decision making e oltre

Nella fase della decisione e dell’azione (Decision making) il candidato deve dimostrare di saper utilizzare i dati in maniera pertinente. Deve basare qualsiasi sua scelta sugli elementi analizzati, a partire dalle situazioni di contesto che hanno disegnato gli scenari. Deve quindi promuovere le azioni conseguenti coinvolgendo di prassi la comunità professionale, e dopo averle pianificate deve anche preoccuparsi di comunicarle in maniera adeguata alla comunità sociale e, soprattutto, ai principali stakeholders.

Il dirigente non può accontentarsi di prefigurare solo una soluzione, ma deve capire e controllare se la sua ipotesi funzionerà nel tempo e se da tale ipotesi sono estraibili comportamenti applicabili a situazioni diverse, elementi ripetibili che possono diventare regole. Ci riferiamo a due passaggi integrativi, ma fondamentali per governare bene una scuola: monitoraggio e valutazione e messa a sistema.

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[1] Cfr. G. Cerini, M. Spinosi, M.T. Stancarone (a cura di), Manuale per la prova orale. Cosa si chiede ai dirigenti del futuro?, Tecnodid, Napoli, gennaio 2019.