Esami di Stato: “storia forse”

Le fonti: riferimenti normativi italiani

Gli esami di Stato delle superiori hanno «come fine l’analisi e la verifica della preparazione di ciascun candidato in relazione agli obiettivi generali e specifici propri di ciascun indirizzo di studi» (L. 425/1997) e le prove «tendono ad accertare le conoscenze generali e specifiche, le competenze in quanto possesso di abilità, anche di carattere applicativo, e le capacità elaborative, logiche e critiche acquisite» (DPR 323/1998).

Coerentemente dal 1999 al 2018 le tipologie della prova di italiano sono sempre le stesse: A. Analisi del testo; B. Saggio/articolo di ambito: B1) artistico-letterario, B2) socio-economico, B3) storico-politico, B4) tecnico-scientifico; C. Tema di argomento storico, D. Tema di ordine generale. Questo per consentire a tutti di valorizzare conoscenze, abilità, competenze acquisite nel proprio specifico indirizzo di studi. Inoltre sono previste ben 2 prove di storia[1].

La L. 107/2015 al comma 181 lettera i) prevede semplicemente «l’adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti» e «la revisione delle modalità di svolgimento degli esami di Stato relativi ai percorsi di studio della scuola secondaria di secondo grado». Il D.Lgs. 62/2017 all’art. 17 stabilisce che l’esame consiste in due prove scritte e un colloquio. «La prima prova, in forma scritta, accerta la padronanza della lingua italiana o della diversa lingua nella quale si svolge l’insegnamento, nonché le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato. Essa consiste nella redazione di un elaborato con differenti tipologie testuali in ambito artistico, letterario, filosofico, scientifico, storico, sociale, economico e tecnologico». Quindi al posto dei 7 ambiti precedenti ce ne sono 8, in cui ci sono anche quelli storico e quello artistico ma compare per la prima volta quello filosofico.

Le Prime indicazioni operative diramate con nota prot. 3050 del 4 ottobre 2018 con 2 Allegati precisa che il Documento di lavoro «costituirà la base per la definizione del quadro di riferimento e delle griglie di valutazione per la prima prova scritta» e che le Indicazioni metodologiche «sono state fornite ai gruppi di lavoro ministeriali incaricati di elaborare i quadri di riferimento e le griglie di valutazione per la seconda prova scritta». Il Documento prevede sette tracce e tre tipologie di prova: due per la tipologia A (Analisi e interpretazione di un testo letterario italiano), tre per la tipologia B (Analisi e produzione di un testo argomentativo) e due per la C (Riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità). Non è prevista nessuna traccia di argomento storico.

Il DM 26 novembre 2018 riporta Allegati Quadri di riferimento e griglie di valutazione relativi alla prima prova scritta e alla seconda scritta per Licei, Tecnici, Professionali.

Il 14 dicembre 2018 una notizia MIUR intitolata Maturità, on line esempi di tracce per la prima prova scritta mette a disposizione 4 esempi di prima prova nelle tre tipologie; anche qui nessuna è di argomento storico.

Il DM 37 del 18 gennaio 2019 individua le modalità del colloquio e nei 3 Allegati (Licei, Tecnici, Professionali) le discipline oggetto della seconda prova scritta.

La nota MIUR 2472 del 8 febbraio 2019 Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione – Pubblicazione esempi di prove fissa un calendario di simulazioni su tracce pubblicate dal MIUR la mattina stessa della prova: per la prima prova scritta 19 febbraio e 26 marzo. Nelle 7 tracce proposte nella prima data una riguarda i Diritti umani, una un testo tratto da un «romanzo a sfondo storico» (La Storia di Elsa Morante), una un testo di Claudio Pavone sul lavoro dello storico, l’interesse per le cose del passato, la storia contemporanea.

Solo alcune brevi riflessioni: un romanzo storico è un romanzo e rappresenta solo l’ottica con cui l’Autore legge la realtà; storia e memoria – anche se collegate – non sono la stessa cosa, perché la prima ha un preciso statuto disciplinare diverso dalla seconda. Infine due domande: quanta storia contemporanea conoscono i giovani? Quanta storia contemporanea hanno studiato a scuola in modo rigoroso?[2]

Le fonti: riferimenti normativi europei

Il 22 maggio 2018 il Consiglio europeo vara la Raccomandazione relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente e l’Allegato Quadro di riferimento europeo, che sostituiscono quelli del 2006.

Il concetto di competenze è definito «una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti, in cui: a) la conoscenza si compone di fatti e cifre, concetti, idee e teorie che sono già stabiliti e che forniscono le basi per comprendere un certo settore o argomento; b) per abilità si intende sapere ed essere capaci di eseguire processi ed applicare le conoscenze esistenti al fine di ottenere risultati; c) gli atteggiamenti descrivono la disposizione e la mentalità per agire o reagire a idee, persone o situazioni.» Le tre componenti costitutive ci sono inevitabilmente sempre, caso mai al massimo con peso specifico diverso all’interno di ciascuna.

Le competenze chiave sono definite «quelle di cui TUTTI hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, l’occupabilità, l’inclusione sociale, uno stile di vita sostenibile, una vita fruttuosa in società pacifiche, una gestione della vita attenta alla salute e la cittadinanza attiva. Esse si sviluppano in una prospettiva di apprendimento permanente, dalla prima infanzia a tutta la vita adulta, mediante l’apprendimento formale, non formale e informale in tutti i contesti, compresi la famiglia, la scuola, il luogo di lavoro, il vicinato e altre comunità».

Le competenze sociali e civiche si identificano nella «capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente alla vita civica e sociale, in base alla comprensione delle strutture e dei concetti sociali, economici e politici oltre che dell’evoluzione a livello globale e della sostenibilità»; «si fondano sulla conoscenza dei concetti di base riguardanti gli individui, i gruppi, le organizzazioni lavorative, la società, l’economia e la cultura … comprendono la conoscenza delle vicende contemporanee nonché l’interpretazione critica dei principali eventi della storia nazionale, europea e mondiale … degli obiettivi, dei valori e delle politiche dei movimenti sociali e politici oltre che dei sistemi sostenibili, in particolare dei cambiamenti climatici e demografici a livello globale e delle relative cause .. delle dimensioni multiculturali» in funzione anche del «rispetto dei diritti umani, base della democrazia». Le principali discipline di riferimento sono storia, geografia, diritto, economia.

I commenti: riflessioni generali

Già il D.Lgs. 62/2017 indica il superamento degli ambiti per le differenti tipologie testuali utilizzati per 20 anni, con la certezza di poter valorizzare quanto acquisito nel proprio specifico indirizzo di studi, e ne fissa 8 a carattere fortemente disciplinare.

Il Documento di lavoro presenta aspetti che non possono che essere accolti con favore: la scomparsa della tipologia del tema, la drastica riduzione dei documenti messi a disposizione per ciascuna prova, la struttura in due parti delle prove (analisi e comprensione del testo e poi produzione libera a partire dal testo proposto). Ma poi propone 2 prove di letteratura, 2 di attualità e solo 3 per gli altri ambiti, per cui la letteratura e l’attualità raddoppiano e non è chiaro quali materie sono privilegiata nelle altre prove. Si ha quasi l’impressione di una sottovalutazione del fatto che oggi 49,1% degli studenti frequentano i licei, 31,4% i tecnici, 19,5% i professionali[3], e nelle classi V ci sono 228.240 giovani nei licei 147.719 nei tecnici, 93.840 nei professionali. Infine, visto che un documento di lavoro è tale e basta, non risulta chiaro il motivo per cui il Documento è stato accettato in toto senza apportare modifica alcuna.

C’è chi afferma che così sono privilegiati gli ambiti prediletti negli anni dai giovani, il che però non risulta. In una ricerca svolta a luglio 2018 in base a dati MIUR da chi scrive, e in corso di pubblicazione, sulle scelte operate dagli studenti nella prima prova dal 2009 al 2018, risulta che l’ambito storico e storico-politico è scelto da una percentuale che va dal 4.9 e 30,2, quello letterario dal 4,2 al 18,5, quello letterario-artistico dal 4,6 al 22,1.

Sicuramente, dopo 20 anni in un mondo radicalmente mutato e con giovani portatori di identità nuove, è fuori discussione l’opportunità di modificare le regole, ma con misura.

I commenti: riflessioni specifiche

Dalla certezza di due prove di argomento storico si passa all’incertezza: una traccia di questo ambito ci sarà solo «forse», sebbene la storia sia compresa in una delle competenze chiave europee (la conoscenza delle vicende contemporanee nonché l’interpretazione critica dei principali eventi della storia nazionale, europea e mondiale). E questo non è oggettivamente uno stimolo a rafforzare il suo insegnamento e apprendimento.

Inevitabile, quindi, il diluvio di critiche negative venute da più parti, particolarmente intenso a ottobre e a febbraio in concomitanza con l’emanazione delle norme dedicate.

La più pesante nei contenuti e significative per le sigle è quella del Coordinamento della Giunta centrale per gli studi storici e delle Società degli storici Sulla rimozione della traccia di storia dall’esame di Stato nel Documento di lavoro (8 ottobre 2018): essa afferma che ciò «riduce di fatto la rilevanza della Storia come disciplina di studio in grado di orientare i giovani nelle loro scelte culturali e di vita» e il «significato dell’esperienza del passato come patrimonio di conoscenze per la costruzione del futuro».

Ma anche molti giornali riportano articoli e dichiarazioni polemiche, e in alcuni casi affermano che i giovani non scelgono le prove di storia semplicemente perché, tranne in pochi lodevoli casi, arrivano per lo più a trattare la II guerra mondiale e quindi ignorano gli ultimi 70 anni.[4]

Nonostante le proteste nulla viene cambiato.

A cosa serve la storia?

Se ascoltiamo le voci degli storici, non possiamo non notare la gravità della sottovalutazione dell’importanza della storia nella vita dei giovani: «l’ignoranza del passato non solo nuoce alla conoscenza del presente, ma compromette, nel presente, l’azione medesima»[5], anche se «il fatto che certi eventi siano effettivamente accaduti non per questo li rende inevitabili e ciò significa che lo storico ha una maggiore responsabilità nell’analizzarli»[6].

La storia, infatti, ha la precisa funzione di «comprendere e diffondere la consapevolezza dell’identità collettiva di una comunità o di una società… di fronte al mutarsi degli avvenimenti» ed è uno «strumento razionale e pluralistico capace, in quanto tale, di fondare le regole della nostra convivenza»; essa «deve dividere questo territorio con le scienze sociali», cosa ormai su cui tutti gli storici oggi concordano anche perché ha così allarga «in modo affascinante i suoi panorami»; anche se di questi tempi «tutto ciò che ci riporta al passato che vive in noi sembra dannoso, in contrasto con la tensione verso il momento presente che caratterizza la civiltà post-industriale, informatica e telematica, un fardello inutile e gravoso che ci impedisce di correre verso il mondo radioso che abbiamo davanti a noi»[7].

Se ascoltiamo la voce di un giornalista, autore di due libri complementari[8], il primo dei quali è dedicato «a chi insegna la geografia e la storia, a chi le studia, a chi le ama, a chi vuole riscoprirle», leggiamo nella presentazione che «viaggiamo sempre di più e capiamo sempre di meno», «la geografia e la storia come le abbiamo studiate sui banchi di scuola non ci bastano più … anche perché il mondo è stravolto rispetto alle fotografie già obsolete dei manuali scolastici … e la scuola non ci ha insegnato … a incrociare il paesaggio terrestre con la storia delle civiltà, dei popoli e degli imperi»[9]. Se il primo libro, teso alla «riscoperta della geografia», decifra «il mondo usando le mappe», il secondo applica «lo stesso metodo alla storia» per «fare luce sui legami sorprendenti tra grandi eventi del passato» e «procedere a ritroso», andare al passato per individuare le condizioni che hanno reso possibile il presente e capire il presente in tutto il suo spessore storico per esercitare a pieno la cittadinanza.

Se ascoltiamo i bisogni dei giovani in formazione, infine, occorre avere ben presente che la storia ha un preciso statuto di cui non è possibile in questa sede dare conto, ma non si può rinunciare almeno ai ricordare in breve le finalità del suo insegnamento[10], che sono: «la formazione della cultura storica (conoscenze e capacità di usarle, operatori cognitivi, comprensione del presente nel suo spessore), l’educazione ai beni ambientali culturali storici e al patrimonio, l’educazione alla cittadinanza attiva, leducazione temporale per l’acquisizione del pensiero temporale per stabilire certi nessi tra i fatti osservati o tra quelli di cui siamo informati e attribuire senso ai fenomeni grazie alla loro collocazione nella rete di relazioni stabilita e, soprattutto in tempi come questi pervasi da false notizie»[11], l’educazione all’uso critico delle fonti e alla gestione critica del flusso delle informazioni.

Le fonti di ogni tipo, infatti, possono contenere diversi gradi di menzogna, e questa si può distinguere[12] in base al rapporto che ha con la verità: si ha dissimulazione quando ci si limita a nascondere la verità (si dice che una cosa non c’è stata o non la si dice, facendo un’omissione e calando il silenzio totale su un fatto o su una sua caratteristica importante); alterazione quando si modifica la natura del vero (si dice che qualcosa è diversa da quella che è); deformazione quando se ne ingrandisce o si rimpicciolisce il formato (più grande o più piccolo); antegoria quando si dice l’assoluto contrario; fabulazione quando invece di mascherare la verità la si inventa in toto. Solo smascherando questo aspetto della fonte è possibile avvicinarsi ad una ricostruzione corretta del passato: «gli storici … fanno per mestiere qualcosa che è parte della vita di tutti: districare l’intreccio di vero, falso, finto che è la trama del nostro stare al mondo»[13].

Due iniziative meritorie

Tra pochi giorni si svolgono due convegni organizzati da due associazioni che da molti anni si occupano costruttivamente di didattica della storia:

– Historia Ludens propone a Capalbio (GR) Il laboratorio del tempo presente (21-23 marzo 2019), in cui lancia l’allestimento di un sito e forme di aggiornamento finalizzati alla costruzione di una comunità di pratiche sullo «studio della storia molto contemporanea», considerata «un’emergenza formativa»: «Un Laboratorio del tempo presente appare la struttura ideale dove mettere in gioco queste dinamiche formative, perché propone di lavorare sul rapporto fra l’oggi e le storie passate; fra i soggetti che studiano e i processi storici nei quali sono coinvolti. È, dunque, il luogo dove la strumentazione storiografica (ma potremmo aggiungere anche quella acquisita in altre discipline), lungamente preparata nel corso del curricolo, si mette alla prova nell’interpretazione dei fatti caldi – quelli che nella letteratura didattica internazionale si chiamano questioni sensibili – del presente».

– Clio ’92 propone a Rimini (23-24 marzo 2019) Prendiamoci cura delle conoscenze, in cui intende fare «il punto sullo stato della ricerca di Clio ’92, in atto da un paio di anni, sulla storia generale, sui possibili repertori delle conoscenze, sulle possibili trasposizioni didattiche nella scuola, a partire dall’infanzia fino alla secondaria di II grado» con «relazioni, discussioni, esempi didattici per arrivare a una proposta di curriculum verticale nell’ambito della didattica della storia»[14].

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[1] Tutte le tracce della prima prova scritta agli esami di stato dal 1985 al 2018 si trovano in https://www.storiairreer.it/ (Norme e Documenti ->Prime prove esame di stato finale -> Prima prova dal 1985).

[2] La normativa italiana ed europea si trova in https://www.orientamentoirreer.it (Norme e Documenti).

[3] MIUR Gestione Patrimonio Informativo e Statistica, Focus Principali dati della scuola – Avvio Anno Scolastico 2018/2019 (settembre 2018), pag. 8 e 10.

[4] Il documento del Coordinamento della Giunta centrale per gli studi storici e delle Società degli storici e molti articoli si trovano in https://www.storiairreer.it/ (Materiali di studio e di lavoro -> Insegnare storia -> Saggi e ricerche).

[5] Marc Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico, 1950.

[6] Stefano Gasparri, Voci dai secoli oscuri, 2017.

[7] Paolo Prodi, Insegnamento e funzione sociale della storia, «Mulino» n. 3/2001.

[8] Federico Rampini Le linee rosse. Uomini, confini, imperi: le carte geografiche che raccontano il mondo in cui viviamo (2017) e Quando inizia la nostra storia. Le grandi svolte del passato che hanno disegnato il mondo in cui viviamo (2018).

[9] Federico Rampini, Storia e geografia ci spiegano la vita, D 4 novembre 2017.

[10] Questo capoverso e quello seguente sono tratti da Flavia Marostica Il fuso e la rocca. Strumenti per insegnare ad apprendere e ad «imparare ad imparare» storia, Format Libri Bologna, 2009.

[11] Internet ormai da sogno democratico è diventato altro, si veda Federico Rampini, Rete padrona. Amazon, Apple, Google &c. Il volto oscuro della rivoluzione digitale, 2014.

[12] Vladimir Jankélévitch, La menzogna e il malinteso, Raffaello Cortina, Milano (1940) 2000.

[13] Carlo Ginzburg, Il filo e le tracce, Feltrinelli, Milano, 2006.

[14] La presentazione e i programmi di due convegni si trovano in https://www.storiairreer.it/ (Convegni, seminari, formazione -> 2019)