Scuola e pandemia: un ruolo diverso per l’INVALSI?

Effetti della pandemia

La pandemia ci costringe ormai da mesi a mettere in discussione certezze e abitudini quotidiane e anima dibattiti su temi che mai fino ad ora avevano riscosso così tanta popolarità. Ci ripetiamo come un mantra che “ne usciremo migliori”, ma la realtà è che tutti avremmo fatto molto volentieri a meno di questo potenziale upgrade collettivo, delle analisi di complottisti e negazionisti, e vorremmo solo tornare al più presto alla normalità. Una normalità che è addirittura uscita dalle nostre aule scolastiche, quelle che molti hanno descritto eccessivamente refrattarie davanti ai mutamenti sociali e che hanno continuato negli anni ad essere rappresentate come un insieme di banchi con di fronte una cattedra e una lavagna, recentemente diventata multimediale. Una realtà da molti percepita come immutabile.

Un’altra conseguenza inaspettata di questa pandemia è che mai prima d’ora proprio il dibattito sulla scuola è stato più costante e partecipato, diviso tra sostenitori e oppositori della didattica a distanza, da alcuni ritenuta una soluzione di comodo per contenere il contagio senza investire in altri settori, da tutti apprezzata come modalità integrativa ma non sostitutiva della scuola in presenza. È innegabile, però, che il ricorso alla DAD (ormai meglio descritta come Didattica Digitale Integrata) sia stato una sfida innovativa che la scuola ha subito raccolto con impegno e dedizione, dimostrando che, forse, non era né immutabile né refrattaria. Eppure c’è ancora molto da fare per adeguare le strutture scolastiche in termini di strumentazioni e connettività e per sostenere lo sviluppo professionale del personale coinvolto in questa sfida.

Una cosa, però, è purtroppo certa: questa emergenza sanitaria che ci costringe distanti, in ambito scolastico acuisce i divari e rischia di lasciare indietro proprio i più deboli, nonostante le risorse investite e gli sforzi di intere comunità scolastiche.

I divari in istruzione al tempo del coronavirus

A maggio scorso Save the Children ha diffuso il rapporto Riscriviamo il Futuro. L’impatto del Coronavirus sulla povertà educativa, frutto di una indagine su un campione di oltre mille famiglie e minori che vivono in contesti deprivati. Dal rapporto si è evinto che circa 1 minore su 5 ha avuto più difficoltà rispetto al passato a svolgere i compiti e quasi 1 bambino su 10 tra gli 8 e gli 11 anni non ha seguito la DAD e se lo ha fatto è stato per meno di una volta a settimana. Dati che, tra le altre cose, hanno confermato quanto si temeva: la povertà educativa è aggravata dalla crisi economica che riduce ulteriormente le opportunità di crescita e sviluppo per i minori già a rischio. L’isolamento, infatti, determina ritardi negli apprendimenti e perdita di fiducia e motivazione, aumentando pericolosamente il rischio di abbandono scolastico che in Italia già riguarda il 13,7% dei ragazzi in età scolare.

In occasione della Giornata mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre è stato diffuso anche il rapporto dell’Unicef The future we want – Essere adolescenti ai tempi del Covid-19, un sondaggio condotto su circa 2.000 giovani tra i 15 e i 19 anni. Per quanto riguarda l’istruzione e la formazione, il rapporto evidenzia la necessità di garantire a tutti gli studenti un accesso equo e sicuro ai dispositivi digitali e alla connessione, facilitando l’integrazione tra la didattica in presenza e la didattica a distanza. In particolare si ritiene necessario individuare, raggiungere e coinvolgere gli adolescenti in situazione di marginalizzazione, inclusi i soggetti a rischio di dispersione scolastica e i NEET (Not in Education, Employment or Training: adolescenti e giovani che non sono né occupati né inseriti in percorsi di istruzione o formazione).

Le differenze di accesso alle connessioni digitali

Anche il Rapporto annuale 2020 dell’Istat, a cui il rapporto Unicef fa espresso riferimento, ha evidenziato l’impatto dell’emergenza sanitaria sul sistema di istruzione, arrivando a parlare di “rottura strutturale nei percorsi di sviluppo dei sistemi di apprendimento”, ma anche di evidente possibilità di cambiamento se si impara “a sfruttare su larga scala le tecnologie disponibili”. I dati Istat rivelano, però, che un terzo delle famiglie non ha computer o tablet in casa, situazione che peggiora nelle Regioni del Sud. Un divario digitale che in questi mesi si è tentato di colmare investendo in dispositivi a sostegno della didattica digitale e in connettività, oltre che nelle misure di sistema per garantire specifiche professionalità all’interno delle scuole.

Eppure i divari permangono e il ritorno alla didattica a distanza per molti studenti compromette il recupero degli apprendimenti mancati e allontana l’obiettivo che i Paesi membri dell’ONU hanno fissato nell’Agenda 2030 per l’istruzione: Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti.

Come misurare gli effetti dell’emergenza sanitaria sui livelli di istruzione

Per riuscire davvero a colmare i ritardi accumulati negli apprendimenti per colpa del coronavirus e progettare una vera ripartenza, probabilmente non basta l’impegno, diffuso e continuo, di quanti lavorano nelle scuole. In coerenza con quanto indicato dal Ministero a maggio scorso per il recupero degli apprendimenti, le scuole hanno progettato come integrare gli apprendimenti non sviluppati durante il forzato lockdown dello scorso anno scolastico e come fare recuperare individualmente gli obiettivi mancati (PIA e PAI).

Eppure continuiamo a dirci che gli effetti sugli apprendimenti di questa crisi sanitaria li vedremo con maggiore evidenza, purtroppo, tra qualche anno, nelle ricadute a lungo termine che si avranno nel Paese. E questo senza scomodare gli effetti psicologici della pandemia, ma limitandoci ad osservare se e quanto gli esiti negli apprendimenti ne risulteranno danneggiati. Come fare, allora, per pianificare un progetto di recupero mirato, che sappia orientare le attività messe in campo dalle scuole per colmare questo gap forzato tra i risultati attesi e quelli effettivamente raggiunti in questi anni horribiles?

I dati che ci servono per migliorare

Per farlo, potrebbe essere vincente affidarsi agli strumenti che ormai, da diversi anni, abbiamo imparato ad utilizzare per valutare i livelli di apprendimento dei nostri studenti, facendoli finalmente nostri in ottica strumentale e superando, così, le diffidenze che ancora permangono sul tema della valutazione. L’approccio che dovremmo privilegiare, infatti, è quello di una valutazione che aiuti le scuole a scegliere le azioni da portare avanti e orienti al meglio, a tutti i livelli, le decisioni di politica scolastica.

Ed è proprio con questo obiettivo che l’INVALSI ha messo a punto uno specifico progetto per utilizzare le prove standardizzate in ottica formativa, evidenziando la funzione di accompagnamento che la valutazione svolge nel processo di crescita, di sviluppo e di apprendimento dei nostri ragazzi, sostenendo le scelte curricolari in maniera da renderle sempre più efficaci.

Il progetto INVALSI per una valutazione formativa

Lunedì 23 novembre l’INVALSI presenta il progetto “Percorsi e strumenti INVALSI per una valutazione formativa”, un insieme di video formativi e informativi, materiali e link di approfondimento, esempi di buone pratiche ed un repertorio di Prove a cui le scuole possono attingere. Obiettivo del progetto è quello di fornire ai docenti gli strumenti per avere un quadro chiaro sulla distanza tra i traguardi attesi e quelli effettivamente raggiunti dagli studenti, rilevati nell’anno successivo a quello normalmente interessato dalle prove standardizzate, e sulle principali difficoltà incontrate dagli studenti e le buone pratiche in uso, affinché le scuole possano intervenire in maniera mirata per superare gli ostacoli nell’apprendimento.

Il progetto è rivolto alle classi terze di scuola primaria, prima di scuola secondaria di primo grado ed alle classi prima, terza e quinta della scuola superiore ed è relativo agli apprendimenti in italiano, matematica e inglese (lettura e ascolto). I materiali sono resi disponibili nel sito INVALSI Open. In maniera assolutamente facoltativa e secondo tempi e modi liberamente scelti dalle singole scuole interessate, sarà possibile somministrare prove corrispondenti ai livelli attesi al termine della classe dell’anno precedente, per consentire ai docenti di verificare i livelli effettivamente raggiunti dagli studenti e scegliere su quali aspetti intervenire per recuperare gli apprendimenti mancati.

Un feedback immediato per le scuole

Le scuole che decideranno di fare svolgere, anche da casa, queste prove formative, cosiddette perché non servono tout court a valutare gli apprendimenti, ma accompagnano la costruzione del curricolo, avranno a disposizione due tipologie di restituzione. Un Resoconto immediato e sintetico, accessibile direttamente anche dallo studente, sui risultati raggiunti nella prova formativa appena svolta, espresso o con una percentuale o con un livello, oppure un Rapporto dettagliato scaricabile dal sito INVALSI a distanza di 48 ore dallo svolgimento della prova. Per alcune materie e gradi, le scuole avranno a disposizione due prove parallele di livello equivalente che potranno decidere di utilizzare, se lo riterranno opportuno, proprio per verificare gli eventuali progressi raggiunti dagli studenti e calibrare sempre meglio le scelte didattiche. Tutto il restante materiale per l’attività di formazione del personale docente, curato da esperti dell’Istituto, è consultabile dal sito secondo tempi e modalità liberamente scelti dagli interessati.

Un nuovo paradigma per l’INVALSI?

Le prove formative proposte dall’INVALSI nell’ambito di questo progetto non sono sostitutive delle normali prove nazionali standardizzate annualmente proposte dall’INVALSI. Le prove INVALSI che le scuole svolgono, come attività ordinaria, in primavera, conservano la caratteristica finalità sommativa, poiché misurano i traguardi raggiunti al termine di alcuni anni del percorso scolastico e dei cicli di istruzione, restituendo la fotografia dell’efficacia del nostro sistema di istruzione.

Le prove formative, invece, vogliono costituire dei riferimenti da utilizzare nella didattica per intervenire sulle criticità negli apprendimenti che sono emerse negli anni e che l’INVALSI ha rilevato, analizzato e trasformato in risorse a vantaggio del lavoro dei docenti e delle scuole, da integrare con gli altri strumenti che ciascuna realtà scolastica deciderà, eventualmente, di adottare. Un approccio che, insieme a quello solito a cui siamo abituati, può sicuramente caratterizzare le attività e le finalità dell’Istituto nei prossimi anni, per supportare il lavoro delle scuole e fornire strumenti concreti per migliorare la qualità del nostro sistema di istruzione.

Una analisi ed una opportunità che, in questo momento di incertezza sulla qualità dei percorsi di istruzione a distanza, può essere d’aiuto per agire con maggiore consapevolezza e con una base di analisi scientifica a cui affidarsi, anche in considerazione dei ritardi negli apprendimenti determinati dalla crisi sanitaria e dalla diversa modalità di fare scuola a cui siamo ancora costretti.