Docenti neoimmessi

Tra formazione e adempimenti

L’anno scolastico appena iniziato vede l’immissione in ruolo nella scuola statale di circa 60.000 unità di personale. È un numero elevato di nuovi contratti visto che rappresenta più del 6% degli addetti al settore scolastico, il cui profilo professionale dobbiamo va riferito all’ambito giuslavoristico.

L’immissione in ruolo dei docenti

Per il profilo dei docenti è necessario fare riferimento agli artt. 26 e 27 del CCNL 2006/2009, all’art. 395 del D.lgs. n. 297/1994 e alla legge n. 107/2015.

Nello specifico:

  • l’art. 395, D.lgs. 297/1994 recita «La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa, di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della personalità;
  • l’art.27 del CCNL 2006/2009 specifica che le competenze alla base dell’unitarietà della funzione docente sono: Disciplinari; Psico-pedagogiche; Metodologico-didattiche; Organizzative e relazionali e di ricerca; Comunicative; di Documentazione e valutazione.

Dal rapporto di lavoro scaturiscono una serie di interessi giuridicamente protetti, alcuni dei quali si identificano in diritti soggettivi perfetti, altri, invece, si qualificano come interessi legittimi. La dottrina prevalente classifica tali diritti in patrimoniali e non patrimoniali.

I diritti patrimoniali e non patrimoniali

I diritti patrimoniali si distinguono in diritti contemporanei al rapporto d’impiego e in diritti successivi al medesimo rapporto, presupponendone la cessazione. Pertanto rientrano nei diritti patrimoniali:

  • la retribuzione
  • trattamento di quiescenza e di previdenza dopo la cessazione del servizio.

I diritti non patrimoniali sono una serie di diritti (per i quali non entriamo nel merito) come ad esempio il diritto alla sede, a periodi di riposo, al riposo settimanale e festivo, al recupero delle festività, alle ferie, ai permessi brevi, ai permessi retribuiti, ad assentarsi per malattia, a congedi di maternità/paternità, ad assentarsi per infortunio sul lavoro e/o malattie per causa di servizio, a periodi di aspettativa, all’assistenza di persone in situazione di handicap, alla tutela nell’ambiente di lavoro, allo studio., alla formazione in servizio, al rapporto di lavoro part-time.

In virtù di tali diritti, nasce l’obbligo per i neo assunti di effettuare una serie di dichiarazioni atte a farli valutare correttamente, in particolar modo, quelli patrimoniali.

Prima di addentrarmi nello specifico dei singoli atti, è bene chiarire che ad atti differenti corrispondono istituti (diritti) distinti, soggetti a regole ed organizzazioni differenti: la retribuzione (a cui corrisponde l’atto della “ricostruzione di carriera”), benché sia base fondamentale per la quiescenza (pensione), è differente dalla posizione assicurativa (ai fini previdenziali) perciò hanno iter, regole e documentazioni differenti: se fossero la stessa cosa non avrebbe senso differenziare le richieste/domande. Lo stesso dicasi in riferimento alla previdenza (liquidazione).

Anno di prova e anno di formazione

La legge n. 107/2015, completata con il D.lgs. 59/2017, ultima di un percorso legislativo iniziato con la legge 270/1982 e proseguita con gli artt. 27 e 68 del CCNL 2006/2009, ha introdotto significativi cambiamenti in materia di formazione iniziale e reclutamento ed anno di prova necessario per la conferma in ruolo. È importante specificare che l’obbligo contrattuale del docente neo-assunto comprende 2 percorsi:

  • anno di Prova
  • anno di Formazione.

I termini “prova” e “formazione” sono talvolta utilizzati, erroneamente, come sinonimi, sebbene sottendano istituti che hanno presupposti differenti:

  • l’anno di formazione rispecchia la necessità di rendere consapevole, preparare, aggiornare, dal punto di vista educativo-didattico-metodologico, il docente immesso in ruolo;
  • l’anno di prova assolve ad un interesse meramente amministrativo.

Requisiti per il superamento

Per il superamento dell’anno di formazione sono necessari:

  • almeno 180 gg di servizio dei quali almeno 120 gg di attività didattiche;
  • affiancamento ad un tutor nominato dal Dirigente Scolastico;
  • redazione di un bilancio di competenze iniziale e finale su Piattaforma ministeriale che attesti:
    • partecipazione ad attività seminariali;
    • scambio peer to peer con il tutor;
    • discussione con il comitato di valutazione sul reale percorso agìto e sulle attività seminariali seguite.

Per il superamento dell’anno di prova sono necessari:

  • almeno 180 gg di servizio dei quali almeno 120 gg di attività didattiche;
  • valutazione finale del Dirigente scolastico sentito il parere del comitato di valutazione.

È bene ricordare che il periodo di prova:

  • può essere prorogato per un solo anno in caso di esito sfavorevole (art. 439 del D.lgs. 297/1994);
  • può essere prorogato senza limiti in caso di mancanza del requisito dei 180 gg. (art.438 del D.lgs. 297/1994).

Il docente neo immesso in ruolo, entro il secondo mese di attività, redige un primo bilancio in forma di autovalutazione strutturata sulle proprie competenze, tra potenzialità e criticità in modo da far emergere gli aspetti da sviluppare al fine di elaborare un progetto personalizzato e “cucito” con lo sguardo del docente riflessivo (Schön) di formazione in servizio.

La formazione del neo immesso in ruolo ha la durata di non meno di 50 ore di cui 20 ore di formazione online, 6 ore di incontri propedeutici e di restituzione finale, 12 ore di laboratori formativi dedicati, 12 ore di Peer to peer e osservazione in classe.

Dichiarazione dei servizi (art. 145 DPR 1092/1973)

Ciò che non va assolutamente dimenticato è che l’art. 145 del D.P.R. 1092/1973[1] prevede all’atto dell’assunzione l’obbligo della dichiarazione di servizi.

Al momento dell’assunzione presso l’istituzione scolastica, il dipendente deve presentare una dichiarazione di tutti i servizi prestati in precedenza presso scuole, amministrazioni dello Stato ed enti pubblici. Questo adempimento, stabilito dall’art. 145 del Testo Unico DPR 1092/1973, ha assunto una valenza più ampia con la nota 10 agosto 1999 (prot. n. D13/1943) e con la 9 dicembre 1999 nota n. 981; con tali norme, infatti, le dichiarazioni – opportunamente codificate e raccolte nel sistema centrale – diventano la base informativa delle esperienze svolte e dei titoli culturali e professionali acquisiti dai docenti e dal personale educativo e ATA.

Tenuto conto che l’art. 24 della legge 67/1988 ha previsto anche per il personale non di ruolo il versamento dei contributi in Conto Entrata Tesoro a partire dall’ 1° gennaio 1988 sussiste, secondo la C.M. 256 del 1° ottobre 1990, anche per loro l’obbligo della dichiarazione dei servizi quando avviene il conferimento di una supplenza annuale.

Contenuto della dichiarazione e iter di definizione

Il dipendente statale all’atto dell’assunzione in servizio, quindi, è tenuto a dichiarare:

  • l’appartenenza a categorie speciali;
  • i servizi di ruolo o non di ruolo prestati presso scuole, amministrazioni ed enti pubblici, ivi compreso eventuale servizio militare e/o servizio civile;
  • i periodi di lavoro presso datori di lavoro privati e come lavoratore autonomo (legge 29/1979);
  • le eventuali attività svolte come libero professionista (legge 45/1991);
  • i titoli di studio conseguiti.

La dichiarazione va resa anche se negativa. La modalità di invio è cartacea e telematica, attraverso il servizio messo a disposizione dal Ministero dell’Istruzione sul portale Istanze Online.

La procedura organizzativa prevede il seguente iter:

  • la scuola di servizio consegna al dipendente il modello “Dichiarazione dei servizi” e le istruzioni per la compilazione;
  • il dipendente compila il modello cartaceo e, telematicamente, la specifica sezione della piattaforma telematiche di Istanze OnLine;
  • la dichiarazione viene consegnata alla scuola di servizio ed acquisita nel sistema informativo del Ministero dell’Istruzione;
  • la dichiarazione dei servizi entra a far parte del fascicolo personale del dipendente.

L’iter è lo stesso per la presentazione di eventuali integrazioni o rettifiche che, comunque, devono avvenire entro due anni dalla data di presentazione di quella originaria.

Il fascicolo personale del docente

In questo modo viene non solo creato il fascicolo personale di ogni dipendente ma anche una banca dati che consente di velocizzare e razionalizzare tutti gli adempimenti successivi quali:

  • ricostruzione della carriera;
  • adozione dei provvedimenti di quiescenza e di previdenza;
  • programmazione di attività di formazione in servizio, aggiornamento, specializzazione e riconversione professionale.

Ricostruzione della carriera

Durante l’anno di formazione e prova (e durante la o le proroghe) viene percepito uno stipendio annuale lordo corrispondente alla retribuzione della posizione stipendiale iniziale. Superato il periodo di prova, si ha diritto all’inquadramento economico in base alla carriera. Pertanto, superato il periodo di prova, il lavoratore deve attivare la procedura che serve a computare il servizio pre-ruolo ai fini dell’anzianità complessiva in base alla quale viene definita la fascia stipendiale del C.C.N.L. con successivi effetti benefici sulla busta paga. Tale procedura è chiamata ricostruzione della carriera.

È bene ricordare che:

  • il diritto alla ricostruzione di carriera va in prescrizione se non viene esercitato entro il termine di 10 anni previsto dall’art. 2946 del C.C. – la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere – art. 2935 del Codice Civile (data conferma ruolo);
  • il diritto a percepire eventuali arretrati spettanti sulla base di una ricostruzione avvenuta a seguito di una domanda tardiva, si prescrive, invece, a decorrere dai 5 anni che precedono la data della domanda presentata.

Il comma 209 della legge 107/2015 stabilisce che le domande di ricostruzione della carriera devono essere presentate al dirigente scolastico tra il 1° settembre e il 31 dicembre (degli anni successivi alla conferma in ruolo). Entro il successivo 28 febbraio il Ministero dell’Istruzione invia al MEF le domande pervenute con la previsione dei costi ed entro 90 giorni dalla presentazione si deve provvedere all’adozione del provvedimento al fine di venire incontro all’esigenza del personale neo-immesso in ruolo di percepire, il prima possibile, uno stipendio adeguato.

È superfluo ricordare che, in base alla normativa vigente, la ricostruzione di carriera è attivata dal personale che si trova nella condizione di far valere il servizio utile pre-ruolo e/o altri benefici.

I requisiti per la valutazione del ruolo

Per il personale docente i requisiti per la valutazione del ruolo sono:

  • dall’a.s. 1974 -75, servizio prestato per almeno 180 giorni ovvero continuativamente dal 01.02 al termine degli scrutini e/o esami (art. 11 co. 14 L. 124/1999);
  • servizio prestato con il possesso del prescritto titolo di studio richiesto al momento in cui è stato prestato il servizio.

Inoltre va ricordato che per i docenti la valutazione del pre-ruolo è effettuato per anni interi.

Considerato la complessità della normativa e che, oltre al servizio pre-ruolo, ci sono altri benefici derivanti da situazioni diverse dall’insegnamento ovvero di possibili supervalutazioni del servizio effettuato, è bene farsi aiutare da esperti e/o organizzazioni sindacali per l’applicazione dei propri diritti.

La valutazione del servizio pre-ruolo

Nella ricostruzione di carriera, stando alla normativa nazionale, la valutazione del servizio pre-ruolo avviene attraverso un riconoscimento di:

  • anzianità giuridica “utile ai fini economici e di carriera” ovvero “ai fini giuridici ed economici”- anzianità che dà luogo alla progressione nelle posizioni stipendiali (classi stipendiali con anzianità giuridica 0-8; 9-14; 15-20; 21-27; 28-34; da 35 in poi) – i primi 4 anni di pre-ruolo calcolati per intero, a cui si aggiungono i 2/3 degli anni eccedenti i primi 4;
  • anzianità economica “utile ai soli fini economici” – anzianità che dà luogo solo all’attribuzione degli aumenti biennali convenzionali nella posizione stipendiale – 1/3 della parte eccedente i primi 4 anni di pre-ruolo (ricordando che l’anzianità valutata «ai soli fini economici» si recupera al perfezionamento di 16 anni di anzianità “ai fini giuridici ed economici” per gli insegnanti laureati della scuola secondaria ovvero al perfezionamento di 18 anni di anzianità “ai fini giuridici ed economici” per gli altri insegnanti –  D.P.R. 399/1988, art. 4 c. 3).

Il periodo pre-ruolo è valutato sempre per intero:

  • al personale docente e presidi, privi di vista, che prestino la loro opera nelle scuole statali secondarie ed artistiche (art. 3 ultimo comma Decreto legge 370/1970);
  • al personale docente e direttivo delle scuole elementari statali o parificate per ciechi (art. 3 ultimo comma Decreto legge 370/1970).

La modalità di invio della domanda di “ricostruzione di carriera” è telematica, attraverso il servizio messo a disposizione dal Ministero dell’Istruzione sul portale Istanze Online che viene attivato da settembre a dicembre di ogni anno e che permette di recuperare tutte le informazioni che sono state già inserite con la “dichiarazione dei servizi”.

Infine è necessario sapere che la giurisprudenza ormai consolidata, basandosi su una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, tende a riconoscere che il servizio pre-ruolo venga valutato interamente quale servizio “utile ai fini giuridici ed economici”, ma anche che nel periodo di precariato (periodi di contratto a tempo determinato) si abbia diritto allo stesso trattamento, ai fini della carriera, riservato al personale di ruolo. Per tale motivo è ancora più importante, come già detto in precedenza, rivolgersi ad esperti in modo da valutare le effettive opportunità personali prima di aprire un possibile contenzioso che, soprattutto per i docenti, non sempre può risultare vantaggioso.

Istanze ai fini della quiescenza

L’articolo 10 del DPR 1092/1973 recita “A favore dei dipendenti statali per i quali è previsto il trattamento di quiescenza a carico del bilancio dello Stato è ammesso il computo dei servizi e dei periodi, anteriori alla nomina, indicati dagli articoli seguenti del presente capo. Il diritto al computo di detti servizi e periodi può essere esercitato in tutto o in parte”. In particolare ci sono diversi tipi di istanze che possono essere presentate:

  • istanza di computo: atto burocratico che una Amministrazione compie per valutare e rendere utili, ai fini pensionistici, i periodi di servizio di ruolo e non di ruolo con contribuzione già versata in conto tesoro o presso altre gestioni pubbliche. In particolare l’art. 24 della legge 67/1988 ha previsto anche per il personale non di ruolo il versamento dei contributi in Conto Entrata Tesoro ovvero alla Cassa Trattamenti Pensionistici dello Stato (CTPS), a partire dall’1° gennaio 1988, prima di tale data la contribuzione veniva versata nel Fondo Lavoratori Dipendenti (settore privato), pertanto il computo (spostamento gratuito della contribuzione) va chiesto da coloro che hanno periodi di supplenze brevi precedenti al 1988 benché, secondo la C.M. 256 del 1° ottobre 1990, per tutti vi è l’obbligo alla dichiarazione dei servizi comunque effettuati;
  • istanze di riscatto: procedura che consente di valutare onerosamente, ai fini pensionistici, alcuni periodi non lavorativi e/o i servizi non coperti da contribuzione, che altrimenti non sarebbero utili;
  • istanze di ricongiunzione: procedura che consente di cumulare nella Cassa Trattamenti Pensionistici dello Stato (CTPS), a domanda, tutti i periodi contributivi maturati presso diverse gestioni previdenziali, al fine di ottenere un’unica prestazione pensionistica (non si può chiedere la ricongiunzione dei periodi con contribuzione alla Gestione Separata dell’INPS e alla cassa ENASARCO).

È bene ricordare che le istanze di computo e di alcuni riscatti vanno inoltrate almeno due anni prima del raggiungimento del limite di età anagrafica previsto per la cessazione dal servizio.

La complessità delle storie lavorative, determinatesi con le condizioni economiche e del mercato del lavoro, nonché l’onerosità di alcune richieste (riscatto e ricongiunzione) e la presentazione telematica direttamente all’istituto previdenziale (INPS), fanno sì che sia opportuno e necessario rivolgersi quanto prima ai patronati ed organizzazioni sindacali al fine di effettuare una giusta valutazione della propria posizione assicurativa al fine di attivare le procedure più vantaggiose in base alle diverse opportunità ai fini pensionistici.

Istanze ai fini del TFR/TFS

Il DPCM 30 luglio 2000 ha esteso anche ai dipendenti pubblici il regime del Trattamento di Fine Rapporto che era in vigore nel settore privato già dal giugno 1982. Prima di tale provvedimento i dipendenti pubblici erano soggetti a diversi istituti (indennità di buonuscita, indennità di premio di fine servizio, indennità di anzianità) identificati, in modo arbitrario, con l’acronimo TFS-Trattamento di Fine Servizio.

Le differenze tra i diversi trattamenti sono notevoli. In questa sede ci limitiamo ad asserire che il TFS è un istituto previdenziale (costruito con la partecipazione sia del datore di lavoro che del lavoratore) mentre il TFR è una retribuzione differita a carico totalmente del datore di lavoro.

Sono in regime di TFR (Trattamento Fine Rapporto):

  • assunti con contratto a tempo determinato in essere o successivo al 30 maggio 2000;
  • assunti a tempo indeterminato successivamente al 31 dicembre 2000.

Sono in regime di TFS (Trattamento Fine Servizio):

  • assunti a tempo indeterminato precedentemente al 1° gennaio 2001, anche se solo ai fini giuridici.

Docenti di religione, titolari di un contratto di lavoro rinnovato annualmente, se già iscritti in regime di TFS, mantengono tale iscrizione.

Come chiedere il riscatto/valutazione dei periodi precedenti al ruolo

Per il TFS, essendo un istituto previdenziale, è prevista la possibilità del riscatto/valutazione dei periodi precedenti al ruolo, mentre le norme del codice civile che regolano la liquidazione del TFR non prevedono invece l’istituto del riscatto. Una eccezione è però contemplata per i dipendenti pubblici dal comma 9, art. 1 del DPCM 20 dicembre 1999 che ha disposto che il personale in servizio a tempo determinato alla data del 30 maggio 2000, e quindi obbligatoriamente in regime di TFR, possa chiedere il riscatto dei precedenti periodi di servizio svolti a tempo determinato. È necessario che per tali periodi vi sia stata la ritenuta dell’Opera di Previdenza quale co-partecipazione alla costruzione del TFS, purché detti servizi non abbiano fatto sorgere il diritto all’iscrizione all’INPDAP, oggi INPS gestione dipendenti pubblici, né abbiano dato luogo ad alcun tipo di liquidazione. Oltre ai suddetti servizi nessun altro periodo e/o servizio può essere riscattato ai fini TFR.

La competenza per gli atti relativi alla liquidazione è rimasta agli ex-provveditorati agli studi, ora Ambiti Territoriali dei vari USR, e, pertanto, le istanze vanno inoltrate, giustamente documentate, per via gerarchica, ai loro uffici competenti che provvederanno ad inoltrarle all’istituto previdenziale.

Adesione alla Previdenza Complementare

Dalla prima metà degli anni ’90 è iniziato un processo di modifica del sistema previdenziale di cui poco si conosce e, in particolare, di cui le giovani generazioni hanno poca contezza.

Il sistema previdenziale italiano, frutto di una stratificazione di numerosissime norme intervenute nell’ultimo trentennio in base a necessità di ridefinizione della spesa pubblica, è un sistema che, soprattutto per i giovani lavoratori, viste le condizioni congiunturali, prevede una costante diminuzione della copertura economico/finanziaria attraverso le pensioni pubbliche, non garantendo, così, il mantenimento del tenore di vita nel periodo del post-lavoro.

Per poter intervenire in modo strutturale e sistematico sull’equità sociale del sistema pensionistico pubblico bisognerebbe intervenire all’interno al sistema pubblico. Tale soluzione, però, sembra non riscontrare condivisione politica, né sul territorio nazionale, né, tantomeno, sul territorio europeo.

Nel frattempo, però, passano gli anni e il depauperamento dei montanti contributivi previdenziali continua inesorabilmente anche in virtù delle situazioni congiunturali economiche, nonché, come per questi ultimi anni, a causa delle emergenze epidemiologiche.

In queste condizioni si acuisce la forbice sociale ed aumentano le disuguaglianze. In attesa di soluzioni seriamente strutturali è necessario correre ai ripari.

La previdenza complementare, con le specifiche convenienze (rendita pensionistica integrativa, contribuzione aggiuntiva del datore di lavoro, imposizione fiscale più vantaggiosa, costi di gestione molto bassi, trasparenza comunicativa, partecipazione a definire le politiche di gestione, …), può essere uno strumento volontario, a disposizione dei singoli lavoratori, con cui cercare di arginare la diminuzione dei tassi di sostituzione.

Sarebbe necessario aderirvi il prima possibile perché gli strumenti previdenziali danno il loro effetto migliore nel lungo periodo, mentre nel breve periodo, in base alle necessità, rischiano di essere insostenibili finanziariamente. Per tale motivo si consiglia di utilizzare esperti ed organizzazioni sindacali per acquisire elementi di consapevolezza al fine di aderire, quanto prima, al Fondo Pensione Complementare “ESPERO”.


[1] Art. 145 – (Dichiarazione dei servizi e documentazione) Il dipendente statale all’atto dell’assunzione in servizio è tenuto a dichiarare per iscritto tutti i servizi di ruolo e non di ruolo prestati in precedenza allo Stato, compreso il servizio militare o ad altri enti pubblici, nonché i periodi di studio e di pratica ed esercizio professionali di cui all’art. 13. La dichiarazione deve essere resa anche se negativa. Il provvedimento che dispone la nomina a posto di ruolo negli impieghi statali deve contenere l’attestazione che il dipendente abbia reso la dichiarazione di cui al comma precedente; per gli insegnanti l’attestazione è fatta nel provvedimento di nomina a ordinario. Sono ammesse dichiarazioni integrative nel termine perentorio di due anni dalla data della dichiarazione originaria; in caso di decesso del dipendente, la dichiarazione originaria può essere integrata dagli aventi causa. Il dipendente, inoltre, è tenuto a dichiarare i dati relativi al suo stato di famiglia nonché le successive variazioni. La documentazione relativa alle dichiarazioni di cui ai commi precedenti, ove non sia prodotta dall’interessato, è acquisita d’ufficio. I servizi e i periodi non dichiarati ai sensi dei commi precedenti non possono essere valutati ai fini del trattamento di quiescenza.