Le nuove modalità concorsuali da mettere alla prova

Un buon reclutamento fa una buona scuola

La prima condizione perché la scuola funzioni bene è che, il primo settembre di ogni anno che riparte, ogni istituzione scolastica, al Nord, al Centro, al Sud e nelle Isole, possa avere a disposizione gli insegnanti che servono, con la garanzia che questi siano all’altezza del loro compito. Una delle cause di disuguaglianza sociale risiede proprio nella differenza della qualità professionale dei docenti.  

La precarietà delle scuole

Abbiamo visto negli anni passati le tante difficoltà delle scuole ad avviare le normali attività. Anche se per l’anno in corso sono stati stabilizzati, tra concorsi straordinari e GPS[1], circa 70.000 docenti, la situazione delle scuole resta ancora molto instabile, specialmente nelle regioni del Nord. Ci sono classi di concorso totalmente scoperte dove, per sopperire alla carenza di personale formato, da alcuni anni si sta ricorrendo usualmente alle MAD. Sono candidature spontanee e informali da parte di aspiranti docenti, alcuni dei quali non hanno neanche completato il percorso formativo. La precarietà si fa drammatica se si aggiunge la storica carenza di docenti di sostegno specializzati.

Accelerare le procedure di reclutamento

Si comprende quindi la preoccupazione dei decisori politici da cui l’impegno a semplificare il più possibile le procedure concorsuali proprio al fine di stabilizzare, nel tempo più breve, il numero più alto di docenti, e ciò vale anche per il personale tecnico e amministrativo.

È così che va letto anche il decreto Brunetta (44/2021). Tra le dichiarazioni ufficiali si dice, infatti, che l’articolo 10[2] (che prevede una sola prova scritta con l’utilizzo di strumenti informatici e digitali) ha quattro finalità: 1. sbloccare i concorsi rimasti fermi anche a causa della pandemia, 2. digitalizzare e semplificare le procedure (anche a regime), 3. velocizzare i tempi di realizzazione delle selezioni, 4. valorizzare le competenze e non le semplici conoscenze. 

Un nuovo modello concorsuale

Tutti e quattro i punti sono apprezzabili e condivisibili. I primi tre appaiono anche di facile attuazione e perfettamente in sintonia con la scelta concorsuale. Per il quarto punto, invece, che è fondamentale per garantire la qualità del reclutamento, “valorizzare – cioè – le competenze e non le semplici conoscenze”, si fa fatica ad immaginarlo come conseguenza automatica della procedura semplificata computer based.

Il modello concorsuale nazionale non ha avuto mai un forte radicamento nella cultura del testing. Il suo uso per noi è abbastanza recente e molto limitato il campo di applicazione. Se da un lato ci sembra apprezzabile la dichiarazione di intenti, dall’altro ci sembra altresì ingenuo attribuire alle nuove procedure (che dovranno ancora essere messe alla prova) il potere di realizzare, sic et simpliciter, tale obiettivo. L’articolo 5 del Decreto 325 del 5 novembre 2021[3] concretizza le indicazioni del decreto “Brunetta” in azioni concorsuali per i docenti della scuola primaria e per l’infanzia. Prevede, come unica prova scritta, 50 quesiti a risposta multipla di cui 40 volti all’accertamento delle “competenze e delle conoscenze in relazione alle discipline oggetto di insegnamento nella scuola primaria e ai campi di esperienza nella scuola dell’infanzia”. Tale formulazione, oltre ad aver buttato nel panico le migliaia di persone interessate a superare la prova concorsuale, ha posto alcuni interrogativi sia sul test come strumento privilegiato per accertare le competenze, sia anche sulle tipologie di competenze che devono essere verificate attraverso i cinquanta quesiti.    

Il profilo professionale del docente

La normativa attinente allo stato giuridico del docente, i contratti nazionali, la letteratura in merito, ma anche lo stesso allegato A richiamato nell’articolo 9 del Decreto citato sono concordi nel disegnare un profilo docente molto articolato in cui si intrecciano competenze culturali, didattiche, organizzative, istituzionali, ma anche competenze di tipo formativo che attengono alla cura della propria professionalità.

La dimensione culturale di un docente si manifesta sicuramente nella piena padronanza dei saperi disciplinari. Ma non solo. Un insegnante è tale se è riconosciuto come persona ricca di umanità, se sa mantenere un rapporto vivo e dinamico con il mondo della cultura in tutte le sue forme (umanistiche, scientifiche, tecnologiche, artistiche), se sa testimoniare alle nuove generazioni il valore della conoscenza, il piacere del dubbio, il rigore dello studio e della interpretazione critica delle informazioni. Quindi deve padroneggiare in maniera impeccabile e appropriata la lingua italiana nelle forme orali e scritte, deve esprimersi correntemente in almeno una lingua comunitaria, conoscere l’evoluzione e le potenzialità delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione[4].

La dimensione didattica si esplica nella capacità di proporre un insegnamento pianificato e strutturato in coerenza con gli obiettivi di apprendimento e i contenuti della lezione. Il docente deve sicuramente conoscere molto bene le discipline, ma non basta: deve essere anche in grado di coinvolgere gli studenti nel processo di apprendimento, quindi sapere utilizzare i mediatori didattici per strutturare i contenuti, riconoscere contestualmente i diversi bisogni degli alunni e adattare l’insegnamento e le attività in base alle loro differenze motivazionali, cognitive e metacognitive.

La dimensione organizzativa riguarda la partecipazione alla vita della scuola e della comunità. Quindi: lavoro collaborativo, attenzione ai processi di autovalutazione, al miglioramento, alla rendicontazione. Il docente deve conoscere il funzionamento dell’organizzazione della scuola, il contesto socio culturale di riferimento; deve saper gestire le relazioni con i diversi interlocutori, sviluppare relazioni professionali con i colleghi.

La dimensione istituzionale è l’area che implica la conoscenza degli aspetti normativi che regolano la professione, la conoscenza dei documenti di lavoro, della progettazione strategica, delle regole di funzionamento delle attività scolastiche. Ciò permette di dare il proprio contributo al sistema delle decisioni, di fare rete con gli altri attori istituzionali, di migliorare, quindi, la qualità dell’offerta formativa[5].

Tali dimensioni sono in realtà tutte rinvenibili nei programmi di esame sintetizzati nell’allegato A, richiamato nell’articolo 9 del decreto 325/2021 sopra citato e bene esplicitate nei quadri di riferimento.

Il rebus delle competenze da accertare

Venerdì 3 dicembre sono stati resi pubblici i quadri di riferimento per la valutazione della prova scritta per i posti comuni di scuola primaria e infanzia, per i posti di sostegno. Il documento era atteso, non solo perché era stato già annunciato nell’articolo 5 del Decreto, ma perché si sperava, come è di fatto avvenuto, che potesse chiarire meglio i contenuti dei test.

In realtà, nel Decreto, sia per la prova scritta, sia per quella orale, se per un verso veniva ribadito il riferimento all’allegato A (cioè ad un programma di esame molto ricco ed articolato), dall’altro tale riferimento sembrava scomparire laddove si specificavano i contenuti dei test.

Il comma 2 dell’art. 5 (cit), di fatto, diceva che “La prova scritta (…) è composta da 50 quesiti vertenti sui programmi”, ma subito dopo si specificava che 40 di essi riguardavano esclusivamente discipline d’insegnamento e campi di esperienza, 5 la lingua inglese e 5 le competenze digitali.

Il dubbio era legittimo, anche perché la stessa contraddizione si ripresentava per la prova orale. Il comma 3 dell’articolo 6 cit. diceva “La prova orale per i posti di sostegno verte sul programma di cui al medesimo Allegato A”, poi il comma 4 specificava “La prova orale ha una durata massima complessiva di 30 minuti (…) e consiste nella progettazione di una attività didattica, comprensiva dell’illustrazione delle scelte contenutistiche, didattiche, metodologiche compiute e di esempi di utilizzo pratico delle tecnologie digitali”. Certamente tale impostazione avrebbe posto al centro la dimensione didattica, mentre tutti gli altri aspetti, ben elencati nel programma di esame, avrebbero potuto rischiare di non essere adeguatamente considerati.

I quadri di riferimento e l’accertabilità attraverso il test

I quadri di riferimento hanno riportato al centro il profilo docente nella sua completezza, ricordando le aree di competenze che saranno oggetto di accertamento nella prova scritta. È presumibile che tale precisazione venga fatta, a tempo debito, anche per la prova orale.

Resta il dubbio se veramente il test, come ha dichiarato Brunetta, sarà lo strumento in grado di valutare le competenze e non le semplici conoscenze. E questa è una grande scommessa. Anche se dovessimo rimanere nell’ambito delle competenze disciplinari, accertarle non è sicuramente un’operazione facile. Un test dovrebbe discriminare le capacità dei candidati di:

  • saper analizzare, descrivere, trattare i saperi in ordine alla loro insegnabilità;
  • saperli tradurre in oggetti di studio (accessibile e comprensibile), attraverso appropriate mediazioni didattiche;
  • saper collegare le discipline tra di loro, leggerle nella loro complessità cogliendone sia il valore ermeneutico sia le possibili applicazioni operative.

Un test dovrebbe far emergere la padronanza del candidato rispetto ai contenuti fondamentali, alla conoscenza dei dispositivi metodologici di ogni disciplina, alle sue strutture linguistiche e lessicali, nonché alla capacità di “tradurre” i saperi disciplinari in termini di conoscenze, abilità e competenze, di individuare i compiti di apprendimento e i traguardi che stanno alla base di un insegnamento attivo e partecipato da parte degli allievi.

Il test dovrebbe mettere l’aspirante docente nelle condizioni di poter dar prova di tutto ciò dimostrando di saper padroneggiare le pratiche educative ispirate alla ricerca psicopedagogica e agli sviluppi delle conoscenze dei vari settori disciplinari.

L’ultimo step per prepararsi alla prova

Il programma d’esame veicola, dunque, un’idea complessa ed articolata di professionalità. Nel breve tempo a disposizione, il candidato potrà solo consolidare gli studi già effettuati partendo dalle proprie esperienze di lavoro.

Sarà utile ripercorrere l’iter che ha accompagnato la precedente preparazione, anche attraverso la rilettura e l’approfondimento:

  • delle Indicazioni per il curricolo (“Fare scuola con le Indicazioni” a cura di S. Loiero, M. Spinosi);
  • del documento di lavoro “Indicazioni nazionali e nuovi scenari” (“Competenze chiave per la cittadinanza” a cura di G. Cerini, S. Loiero, M. Spinosi);
  • del programma d’esame attraverso manuali aggiornati (come “Manuale per la Scuola primaria” a cura di M. Spinosi con G. Cerini e S. Loiero);
  • di buoni testi sulle discipline di studio e sulle didattiche disciplinari. Potrebbe anche essere utile una rilettura dei quadri di riferimento delle prove Invalsi di Italiano e di matematica.

Tuttavia, una preparazione completa è possibile se non si trascurano libri che diano il quadro generale del nostro sistema scuola, come per esempio il volume postumo di Giancarlo Cerini “Atlante delle riforme (im)possibili”.


[1] Con GPS si intende Graduatorie Provinciali per le Supplenze, una lista provinciale di docenti, aperta nel 2020, per agevolare l’assegnazione di cattedre vacanti.

[2] Misure per lo svolgimento delle procedure per i concorsi pubblici e per la durata dei corsi di formazione iniziale.

[3] Disposizioni concernenti il concorso per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell’infanzia e primaria su posto comune e di sostegno, ai sensi dell’articolo 59, comma 11, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante “Misure urgenti connesse all’emergenza da covid-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106.

[4] Vedi documento di lavoro “Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio”, pp. 15-16.

https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Dossier_formazione.pdf/9f909567-034c-417c-a030-d764779203b4?version=1.0&t=1523896491572

[5] Per una analisi più approfondita dei saperi professionali dei docenti, vedi documento di lavoro “Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio”. cit.