La prova scritta agli esami di Stato

Perché non deve essere abolita: scrivere è pensare

“Formalizzare i pensieri attraverso le parole è estremamente importante; le parole sono potenti, si concatenano l’una all’altra e si attirano tra loro. Hanno in fondo la stessa funzione dell’algoritmo in matematica. Come l’algoritmo porta avanti quasi da solo il ragionamento matematico, così le parole hanno una vita loro, evocano altre parole, ci permettono di fare astrazioni, deduzioni, utilizzare la logica formale”[1].

Scrivere per ragionare

Lo scrive il premio Nobel 2021 per la Fisica Giorgio Parisi esponendo le proprie riflessioni su come nascono le idee; non si riferisce soltanto alle grandi idee ma pensa anche alle piccole idee di tutti i giorni, che nell’ambito scientifico sono fondamentali per andare avanti.

Ciò che dice Parisi è vero anche per noi comuni mortali: quando riflettiamo su un problema possiamo risolverlo soltanto formalizzando il ragionamento in parole. E se poi le parole le mettiamo per iscritto i nostri processi mentali ne traggono notevole beneficio.

In proposito citiamo una nota frase dello scrittore Edward Morgan Forster che nel suo saggio Aspetti del romanzo fa dire a una vecchia signora: “Come posso capire ciò che penso, finché non vedo ciò che dico”? Il volume ha quasi cento anni, ma il significato dell’espressione conserva tutta la sua intensità.

Scrivere è importante per esprimersi e comunicare ma lo è altrettanto perché ci aiuta a ragionare, ad analizzare, a sviluppare i processi logico-astrattivi e quindi a pensare meglio. Ci aiuta insomma, come scrive Walter Ong, a ristrutturare i nostri pensieri.

Linguistica testuale e psicologia cognitiva

Nel campo della scrittura ci sono stati notevoli passi avanti della ricerca negli ultimi decenni. Citiamo in proposito soltanto due filoni di studio.

  • Da una parte la linguistica testuale ha messo in evidenza le caratteristiche dei testi e la struttura delle diverse tipologie testuali. “Per imparare a scrivere lo studente deve possedere conoscenze (che vanno oltre la competenza grammaticale) relative a ciò che fa di un gruppo di frasi un testo: coesione e coerenza, continuità tematica, gerarchia delle informazioni, strutture dei tipi e delle forme di testo”[2].
  • Dall’altra parte le ricerche di psicologia cognitiva hanno evidenziato la complessità delle operazioni legate al processo di scrittura. Operazioni che chiamano in causa la motivazione e la memoria, richiedono una specifica procedura (dalla pianificazione alla scrittura vera e propria e alla revisione), coinvolgono anche aspetti metacognitivi legati alla riflessione sul proprio processo di scrittura.

La scrittura e la scuola

Dei diversi apporti in campo psico-linguistico oggi troviamo tracce nei vari documenti ministeriali relativi alla scuola. Lo scrivere, ad esempio, è visto ormai come un processo e “insegnare a scrivere è condurre gli allievi a essere consapevoli di che cosa accade mentre si scrive, perché infine essi riescano a gestire ogni aspetto del processo, dall’ideazione alla correzione”[3].

Superata l’idea del tema tradizionale, i vari documenti attestano inoltre la necessità che a scuola, dopo la fase dell’apprendimento tecnico nelle prime due classi di scuola primaria, si insegni a scrivere una pluralità di testi di diversa tipologia e forma, in modo graduale e sistematico dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado. Si parla in tal senso di testi continui, non continui e misti, realizzati per una molteplicità di scopi e per diversi destinatari. Si sottolinea la necessità di una pratica di scrittura legata ai bisogni comunicativi e l’importanza di integrare lettura e scrittura.

L’insegnamento deve realizzarsi mediante attività organizzate in un vero e proprio curricolo verticale e il prodotto della scrittura deve essere un testo che abbia caratteristiche di chiarezza, scorrevolezza ed efficacia. Per realizzarlo lo studente deve poter effettuare una serie di scelte che possono essere riassunte nello schema seguente di Dario Corno[4].

I cambiamenti della prova scritta dell’esame di Stato

Alla fine degli anni ’90 del secolo scorso c’è stato un grande ripensamento del lavoro sulla scrittura a scuola. Si sentiva l’esigenza, scrive Emanuela Piemontese, di “pratiche di scrittura efficaci, cioè funzionali alle esigenze comunicative del mondo produttivo del paese, delle amministrazioni pubbliche e delle aziende private”[5].

Tale bisogno di migliorare le pratiche di scrittura ha portato alla riforma dell’esame di Stato conclusivo della scuola secondaria di secondo grado, con la modifica della prova scritta di italiano. La riflessione sulla didattica, ricorda ancora Piemontese, è andata però “ben oltre la necessità imposta dalla contingenza della nuova prova finale d’italiano” e ha interessato docenti del triennio e del biennio, di materie letterarie e di altre discipline.

Il lavoro di ricerca in quegli anni è avvenuto proprio ad opera di docenti, sensibili e competenti, generalmente appartenenti ad associazioni disciplinari. Si ricordi, per tutti, il lavoro di Adriano Colombo[6], che ha definito un quadro tipologico, ricco e vario, delle attività di scrittura possibili e/o auspicabili a scuola, utile anche come orientamento alla preparazione all’esame, “nella convinzione che lo studente che abbia imparato a padroneggiare una varietà di forme testuali potrà essere preparato abbastanza rapidamente ad affrontare quelle richieste all’esame”.

E, sempre Colombo, ha richiamato l’attenzione su un problema relativo all’analisi e commento di un testo in quanto prova d’esame: la qualità delle consegne, decisiva per la validità di una prova. Scriveva infatti che “si possono dare valutazioni attendibili quando le consegne sono chiare e definite”[7].

Per un dominio maturo della competenza di scrittura

Che cosa ne è stato del fermento di quegli anni? Tutto il processo di ripensamento sulle tecniche didattiche di scrittura più efficaci avrebbe dovuto correlarsi con una preparazione specifica degli insegnanti, chiamati a gestire in prima persona i percorsi sui quali instradare gli allievi per farli arrivare al dominio maturo della competenza di scrittura. Competenza che, se analizzata non soltanto a partire dal prodotto finale e cioè dal testo scritto, ma dal processo necessario ad una scrittura controllata, comporta una serie di fasi: raccogliere e scegliere le informazioni, ordinarle in una scaletta scegliendo il modo di metterle in progressione, passare dalla scaletta ai veri e propri paragrafi scritti con la distribuzione delle informazioni in porzioni di testo e la scelta delle forme linguistiche da usare, molteplici riletture, revisioni e riscritture con attenzione anche ai segni interpuntivi.

Ma gli allievi scrivono poco

Qual è stata la gestione, da parte degli insegnanti di scuola secondaria, dei processi di scrittura dei propri allievi negli ultimi venti anni? Ci sono stati percorsi specifici di insegnamento-apprendimento funzionali all’acquisizione di una vera e propria competenza di scrittura?

Purtroppo non ci sono rilevazioni scientifiche che ci diano informazioni su quanto è avvenuto e avviene nelle diverse classi di tutta la scuola italiana. Se gli insegnanti hanno lavorato bene oppure non hanno lavorato bene non lo sappiamo. Possiamo basarci soltanto sul sentito dire e sull’esperienza che ognuno di noi ha. E l’esperienza empirica ci rimanda l’immagine di allievi, soprattutto quelli della secondaria di secondo grado, che scrivono poco e, quando lo fanno, lo fanno male. E ciò avviene nonostante le Indicazioni nazionali e Linee guida parlino di una molteplicità di forme di scrittura e diano suggerimenti su come praticare una pluralità di percorsi.

La valutazione del prodotto finale

Non abbiamo dunque dati sui processi che si attivano nell’insegnamento della scrittura; ci può comunque essere utile fare riferimento a un Rapporto dell’INVALSI del 2010[8] che presenta i risultati e i materiali del lavoro di analisi compiuto su un campione di 499 elaborati della prima prova nell’esame di Stato raccolti nella sessione 2010 (Il Saggio breve e l’Articolo di giornale era stato scelto dal 70% del totale degli studenti).

Per la correzione di ogni elaborato è stata usata una scheda di rilevazione degli errori ricorrenti nella produzione scritta, scheda in linea di continuità con la scheda di valutazione realizzata dall’Accademia della Crusca in collaborazione con l’INVALSI, utilizzata nelle precedenti rilevazioni (Esami di Stato 2006-2007 e 2008-2009). Nella scheda sono presenti descrittori riferiti alle seguenti competenze:

  1. Testuale (Impostazione e articolazione complessiva del testo)
  2. Grammaticale (Uso delle strutture grammaticali e del sistema ortografico e interpuntivo)
  3. Lessicale- semantica (Disponibilità di risorse lessicali e dominio della semantica)
  4. Ideativa (Capacità di elaborazione e ordinamento delle idee)

Il professor Luca Serianni, già ordinario di Storia della lingua italiana, nel commentare i dati dell’indagine riflette sui “punti dolenti” dell’italiano a scuola e individua due aree di maggiore sofferenza, aree di tipo diverso: l’interpunzione e la competenza ideativa.

L’interpunzione e la capacità di costruire un testo

Nell’“Uso consapevole della punteggiatura in relazione al tipo di testo” la percentuale di errori sfiora l’80%: solo uno studente su cinque è in grado di scrivere un testo in cui non ci sia nemmeno un errore. Serianni dice che si tratta di un elemento importante e cita le parole dell’esperta Bice Mortara Garavelli: «un uso insufficiente o improprio dei segni di punteggiatura è un sintomo di quel male oscuro che è l’incapacità di costruire un testo».

Per l’apostrofo e l’accento la percentuale di errore si aggira intorno al 20%: Serianni nel suo commento indica delle possibili interpretazioni quando dice che gli insegnanti forse non si sono dedicati troppo all’apostrofo e all’accento perché occupati su aspetti più importanti della scrittura, oppure perché pensano che nella punteggiatura ognuno si regola come crede. Sollecita quindi l’attenzione degli insegnanti affinché non trascurino questi aspetti e non lascino gli allievi all’improvvisazione.

La capacità ideativa di elaborare idee

Sull’importanza della competenza ideativa Serianni rileva che gli allievi fanno errori soprattutto in relazione a due descrittori: “Presenza di affermazioni a vario titolo imprecise, che tradiscono una preparazione lacunosa o affrettata ovvero indulgente supinamente ai luoghi comuni” e “Presenza di affermazioni estemporanee o non meditate, che rivelano scarso approfondimento di un argomento e talvolta scarsa disciplina mentale”. In entrambi i casi la quota di errori supera l’80%. Questa cifra è troppo grande per essere lasciata correre da qualsivoglia insegnante, quale che sia il suo approccio alla scrittura.

Questi dati, sebbene riferiti a un campione parziale di studenti e focalizzati sul prodotto finale anziché sul processo di scrittura, ci possono essere utili per affermare, ancora una volta, la necessità della gestione dei processi di scrittura da parte degli insegnanti, a partire dall’insegnamento della capacità di elaborare le idee e ordinarle, per proseguire poi con l’impostazione e l’articolazione complessiva del testo, con la disponibilità di risorse lessicali e il dominio della semantica, con l’uso delle strutture grammaticali e del sistema ortografico e interpuntivo.

Per scrivere bene “imparate a nuotare”

Nulla dies sine linea: la nota frase in latino viene attribuita da Plinio il vecchio al pittore greco Apelle del IV sec. a. C., che pare non lasciasse passare un giorno senza dare una pennellata. Questa frase viene riportata dallo scrittore Giuseppe Pontiggia[9] in un volume dal titolo significativo: Per scrivere bene imparate a nuotare. Chi non ha imparato l’arte del nuoto, dice lo scrittore, rischia di annegare perché fa una serie di movimenti disordinati. “Allo stesso modo il linguaggio disordinato si ritorce su chi non sa rielaborarlo […] Per mantenersi a galla bastano movimenti minimi, ma, se uno li ignora e segue la naturalezza, farà movimenti catastrofici. Il nuoto asseconda la natura, solo lo fa in un modo che non è immediato. È mediato dalla acquisizione di una tecnica. Alla fine chi l’ha appresa nuoterà in modo spontaneo”.

Anche per la scrittura succede la stessa cosa del nuoto. Ecco perché un buon motto potrebbe essere: Nulla dies sine linea, nel senso di non lasciar passare nessun giorno senza scrivere almeno una riga.

Gli studenti dovrebbero scrivere sempre: non solo testi continui, ma anche testi non continui e misti, quali ad esempio le scritture per lo studio da praticare ogni giorno: appunti, schemi, scalette, tabelle, annotazioni, sintesi di vario tipo ecc.

La petizione di 45.000 studenti

Eppure, nonostante la necessità di imparare a scrivere sia fondamentale per non annegare, non solo a scuola ma nella vita e nel lavoro, possiamo affermare che mala tempora currunt: si invoca da più parti l’eliminazione della prova scritta di italiano all’esame di stato. In particolare tutti abbiamo letto una richiesta firmata da circa 45.000 studenti sotto forma di petizione su Change. Org. Le impressioni che si ricavano leggendo il testo della petizione sono varie: da una parte gli studenti non hanno capito l’importanza dello scrivere, non ne colgono l’aspetto costruttivo, non attribuiscono alla scrittura il ruolo che riveste; dall’altra parte, il richiamo alla DAD dimostra indirettamente il fatto che gli studenti si sentono incompetenti, non capaci di sostenere questa prova:  forse la DAD non ha consentito di sviluppare percorsi adeguati per il controllo della scrittura, non ha consentito di consolidare gli apprendimenti.

Le prove concorsuali a quiz

Ma gli studenti non sono gli unici a non aver capito che la scrittura è importante per dimostrare la maturità acquisita alla fine di un percorso scolastico: le nuove norme, varate anche per effetto dell’articolo 58 del Decreto sostegno bis (legge 106 del 22 luglio 2021) e dell’articolo 10 del decreto Brunetta (D.L. del 1° aprile 2021, n. 44 convertito in legge del 28 maggio 2021, n. 76), prevedono infatti che molti concorsi, tra i quali quelli per l’accesso al ruolo dei docenti, si svolgano non più con prove scritte ma con domande e risposte a scelta multipla. Se la scelta è comprensibile per altri comparti, appare poco perspicua per l’accesso al ruolo dei docenti: la rinuncia alla prova scritta in qualche modo fa perdere di valore anche la scrittura in generale e questo per gli insegnanti non va bene.

Documento Giscel del 19 novembre 2021

In attesa che il Ministro dell’istruzione prenda la decisione sulle modalità di svolgimento dell’esame di Stato, l’associazione GISCEL (Gruppo d’Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica), che nel corso degli anni ha lavorato moltissimo sul piano della scrittura, sul piano teorico e operativo, ha diffuso un documento, approvato nell’assemblea del 19 novembre 2021[10] su “La prova scritta all’esame di stato del secondo ciclo”.

“Nel corso dei lavori del suo XXI convegno nazionale ‘La scrittura nel terzo millennio’, che si svolge in modalità a distanza ma ha il suo centro a Locarno, il Gruppo di Intervento e studio nel campo dell’educazione linguistica (GISCEL) sottolinea con forza la necessità che la scrittura si diffonda come strategia di elaborazione del pensiero in ogni campo di esperienza di vita e di studio, dalla scuola primaria all’università.

Il convegno registra molte buone pratiche di scrittura diffuse in ogni ordine di scuola, non relegate peraltro nelle sole ore di italiano e relative a un’ampia varietà di testi. Al contempo, risulta confermato un quadro in cui l’esercizio della scrittura diminuisce progressivamente nella scuola secondaria di secondo grado, dove invece queste pratiche dovrebbero e potrebbero intensificarsi in modo più maturo.

L’assemblea del GISCEL, all’unanimità, esprime pertanto grande preoccupazione e tutta la sua contrarietà verso la ventilata abolizione della prova scritta all’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo d’istruzione, che rappresenta il momento di sintesi della pratica di una varietà di forme in cui possono incanalarsi produttivamente anche le diverse esperienze di scrittura che i giovani praticano dentro e fuori dalle mura scolastiche”.

Auspichiamo che la voce dell’associazione non resti inascoltata.


[1] G. Parisi, In un volo di storni, Rizzoli, Milano, 2021.

[2] D. Bertocchi, G. Ravizza, L. Rovida, Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento dell’italiano, Edises, Napoli, 2013.

[3] D. Bertocchi, G. Ravizza, L. Rovida cit.

[4] D. Corno, Scrivere e comunicare. La scrittura in lingua italiana in teoria e in pratica. Ediz. Pearson Mylab, Milano 2019.

[5] M. E. Piemontese, La scrittura: un caso di problem solving, in Anna Rosa Guerriero (a cura di), “Laboratorio di scrittura. Non solo temi all’esame di Stato. Idee per un curricolo”, Quaderni del GISCEL, La Nuova Italia, Firenze, 2002.

[6] Tra il 1998 e il 2001 il GISCEL (Gruppo d’Intervento e Studio nel Campo dell’educazione linguistica) che fa capo alla Società di Linguistica Italiana) condusse in convenzione col Ministero dell’istruzione un vasto progetto formativo intitolato “Laboratorio di scrittura”. Alcuni risultati furono raccolti nel volume Laboratorio di scrittura, a cura di A.R. Guerriero, Firenze, La Nuova Italia, 2002, In Tipi e forme testuali nel curricolo di scrittura Colombo fa una rassegna delle forme testuali praticabili nella scuola secondaria di secondo grado, utilizzando l’esperienza di molti colleghi raccolta nei gruppi di lavoro del Laboratorio. Il contributo può essere scaricato all’indirizzo: https://giscel.it/adriano-colombo/

[7] A. Colombo, L’analisi di testi: la formulazione delle consegne, in Guerriero cit; reperibile all’indirizzo https://giscel.it/adriano-colombo/

[8] https://www.invalsi.it/Estato2-0910/pagine/italiano.php

[9] Giuseppe Pontiggia, Per scrivere bene imparate a nuotare, a cura di e con Postfazione di Cristiana De Santis, Introduzione di Paolo di Paolo, Milano, Mondadori, 2020.

[10] https://giscel.it/la-prova-scritta-allesame-di-stato-del-secondo-ciclo/