Educare ai valori della solidarietà

L’antidoto alla disgregazione sociale

“Senza solidarietà non esiste vera comunità”, così si è espresso il Presidente della Repubblica Mattarella alla cerimonia di consegna delle onorificenze OMRI (Ordine al Merito della Repubblica Italiana) da lui stesso conferite a cittadini distintisi per atti di eroismo, esempi di forza d’animo e impegno civile, ed è così che “Il Tempo” titola un articolo pubblicato il 29 novembre u.s.

Insegnare la solidarietà è possibile: gli esempi

Si tratta dipersone che si sono aperte alle sofferenze degli altri (malati di Alzheimer ed oncoematologici, disabili cognitivo-sensoriali, persone affette da distrofie e disturbi alimentari) non per calcolo utilitaristico o per imposizione di un’autorità,ma ispiratidalla libera e spontanea espressione di un profondo sentimento di solidarietà. Perché la solidarietà autentica parte dal cuore, è un moto interiore che contagia in primo luogo noi stessi e poi le persone che ci stanno intorno. Altri elogi sono stati spesi a favore di chi si è prodigato per la valorizzazione del patrimonio territoriale, per la lotta al bullismo e alle discriminazioni, per la promozione della cultura del dialogo e del dono. Perché coloro che dedicano il loro agire alla comunità, apportando ciascuno il proprio contributo in termini di competenze, consegnano alla comunità un dono personale e attualizzano il concetto stesso del fare comunità, che significa mettere in comune, letteralmente ‘cum-munus’, cioè condividere un dono.Eil dono attorno al quale si costruisce una comunità è il principio stesso di solidarietà.

Si tratta allora di dare concretezza a traguardi di competenza quali il “perseguire con ogni mezzo e in ogni contesto il principio di legalità e di solidarietà dell’azione individuale e sociale”[1] o “l’agire in base ad un sistema di valori coerenti con i principi della Costituzione, a partire dai quali saper valutare fatti e ispirare i propri comportamenti personali e sociali”[2], che hanno un peso decisivo nel profilo di cittadinanza attiva dei nostri studenti.

La comunità dà significato ai diritti delle persone

Comunità è una nozione che evoca accoglienza, cooperazione, solidarietà. La comunità è il modello più elevato del vivere insieme, che conferisce forma e sostanza alle potenzialità dell’essere umano naturalmente proiettato verso gli altri. Comunità, quindi, come modello di aggregazione, di vita societaria che restituisce dignità, protagonismo e diritti alla persona, ricollocandola al centro dell’interesse pubblico indipendentemente dal censo, dalla provenienza etnica, religiosa e culturale, dall’orientamento sessuale e dall’appartenenza di genere. Perché un’autentica comunità sociale deve riuscire a coniugare identità e alterità, uguaglianza e differenza, favorire il dialogo tra persona e persona in modo da configurarsi come una vitale rete di interconnessionifondata su una nuova antropologia delle relazioni umane, quella della solidarietà.

La comunità dà senso e valore sociale all’agire individuale

La comunità, dunque, offre alla persona la possibilità di esplicarsi nella propria irripetibile concretezza epeculiarità, ed è proprio l’esclusività di ciascuno che alimenta la comunità. Singolarità e comunitarietà sono dimensioni che generano una circolarità virtuosa.  Nella comunità la persona, sintesi di unicità e socialità, realizza la propria naturale condizione, che è insieme singolare e plurale[3]. In questo senso, l’esistenza di ciascuno diventa coesistenza e co-esistere significa esistere insieme, vivere in relazione con gli altri, per cui la convivenza diventa il segno distintivo di ogni comunità. E la solidarietà indica il percepirsi come parte attiva della comunità stessa, dove ognuno è diverso da qualsiasi altra persona culturalmente definita, ma affine ad ogni altra persona per dignità umana.

La solidarietà tra obbligo e libertà: un dibattito attuale con radici antiche

Nella Carta costituzionale la solidarietà si esprime come un dovere inderogabile solennemente riconosciuto a fondamento dell’ordinamento giuridico e della convivenza sociale. Evoluzione della idea rivoluzionaria di fraternità, il termine solidarietà si è inserito stabilmente tra gli obiettivi dell’azione politica a metà Ottocento, per poi occupare un posto centrale nel costituzionalismo democratico e sociale, rinato in Europa dopo il secondo conflitto mondiale. Si tratta, pertanto, di una conquista recente che si pone in stretta connessione con il concetto giuridico di eguaglianza e con quello politico di democrazia, tant’è che acquisisce un’importanza nodale nella trama istituzionale della nostra Costituzione del 1948. La Carta costituzionale non è un regolamento a tutela dei confini tra le libertà individuali, bensì un patto di vita associata che antepone la solidarietà alle singole autonomie. Non esiste, infatti, nella Costituzione una libertà tanto assoluta da non dover fare i conti con quell’inderogabile dovere di solidarietà, sancito a livello politico, economico e sociale che sollecita i cittadini ad azioni di sostegno reciproco. Il Patto costituzionale regola la vita comunitaria tra cittadini che appartengono alla medesima collettività: ognuno deve prendersi carico dell’esistenza dell’altro.

La radice cristiana della solidarietà

La semantica del concetto rivela il suo risvolto cristiano nella relazione di aiuto che deve connotare intrinsecamente ogni assetto societario, dove ogni singolo membro fisiologicamente necessita della convivenza con i propri simili. Le prime elaborazioni della Dottrina Sociale della Chiesa, che si fondava sugli ideali cristiani di giustizia e carità (l’espressione DSC venne adottata nel 1941 da Pio XII), hanno senza dubbio influito sull’affermazione della nozione di solidarietà così come oggi è comunemente intesa, una solidarietà che si nutre dei sentimenti di fratellanza e gratuità. Nel testo costituzionale l’ispirazione cristiana è affrancata da qualsiasi dogma, ma sulla spinta del precetto cristiano di carità prende vita un’idea di solidarietà che attiene all’etica e che, attraverso la mediazione del diritto positivo, si frange in solidarietà politica, economica e sociale.

Si tratta di un principio valoriale senza pari e per nulla scontato, frutto di un complesso sviluppo assiologico che si è tradotto nel dettato costituzionale, recependo e formalizzando dimensioni valoriali oramai condivise e fondanti le ragioni stesse dello stare insieme.

Solidarietà e obiettivi di giustizia sociale

Alla luce delle premesse risulta, pertanto, necessario accettare l’idea che la solidarietà ‘cristiana’ e quella ‘giuridica’ operano su piani differenti non automaticamente sovrapponibili. Tuttavia gli obiettivi di giustizia sociale non confliggono con la visione ontologica connessa agli imperativi di carità tipici del solidarismo cattolico: gli uni confluiscono negli altri, non solo in seno ad una medesima esperienza di solidarietà, ma anche nella formula costituzionale “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”(art. 2, Cost.), nei confronti dei quali ciò che riveste importanza è la destinazione finale, frutto della convergenza dei due distinti itinerari della solidarietà, laico e religioso.

Dimensione costituzionale e socio-politica della solidarietà

Ai giorni nostri la solidarietà non ha modificato il suo significato originale. Pur mantenendo alto il suo spessore semantico, solitamente però viene tratta in causa solo in certe circostanze, a seguito di episodi molto gravi o di catastrofi. Guerre, genocidi, terrorismo, sciagure sismiche, meteorologiche o climatiche, crisi sistemiche come quella sanitaria attuale, sollecitano quell’impulso solidarista che la nostra Costituzione enuncia come dovere inderogabile e che induce ad associarsi, allearsi, prendersi cura dei più deboli. La Costituzione richiede a tutti noi l’adempimento di un insieme di doveri in riferimento alla politica, all’economia e alla società: la mutua difesa collettiva, il dovere di soccorso, l’assistenza medica gratuita, la redistribuzione fiscale, la mutualizzazione del debito.

Il PNRR come atto politico solidale

Lo stesso PNRR è stato reso possibile grazie alla solidarietà europea. Ma davanti al peso delle calamità sembra diffondersi una solidarietà che non ha bisogno dell’imposizione di veri e propri obblighi giuridici: oltrepassando ogni mero meccanismo assistenzialistico, la solidarietà si esprime come dovere morale, come una virtù sociale della persona che apre il suo orizzonte alle sofferenze dell’altro, non come un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento, ma ispirata da un puro spirito di liberalità e rappresentata dalla determinazione dell’impegno personale in nome di un bene comune partecipabile,fondato sul contributo di ciascuno.

La dimensione autentica del sentimento di solidarietà consiste, infatti, non tanto nel fare qualcosa, quanto piuttosto nell’essere in un certo modo, ovvero nel sentire che la vita dell’altro è importante quanto quella che ci appartiene, nel comprendere che la vita individuale diventa preziosa solo nel caso della condivisione con altri, in seno ad una relazione spontanea tra l’io e l’altro. Perché la solidarietà è un legame che ci obbliga in maniera solida.

Un contesto difficile per la concretezza dell’agire solidale

Il concetto di ‘solidarietà’ discende dall’aggettivo solidale’ di matrice latina (in solidum), a significare la condizione di chi è legato in maniera solida con qualcuno.

Oggi, purtroppo, siamo così proiettati in noi stessi da non soffermarci abbastanza su chi ci sta accanto. Le nostre giornate sono affollate di persone che però trascuriamo: i vicini di casa, i pendolari che prendono il nostro stesso autobus o treno… ci appaiono come estranei, mentre noi esseri metropolitani – le teste chine sugli smartphone – collezioniamo rapporti come tante cartoline allineate, senza più riuscire a cogliere la ricchezza che può scaturire da un incontro. Dal face to face siamo scivolati al mail to mail: avvenimenti lontani migliaia di chilometri ci raggiungono in tempo reale, mentre ignoriamo ciò che accade a pochi metri da casa nostra, perché l’internauta consuma una comunicazione senza volto e riduce il tempo destinato al contatto umano.

La solidarietà come vita autentica

La solidarietà, invece, passa attraverso relazioni effettive, per cui solo se riusciremo ad evadere dal nostro egocentrismo e a prenderci cura di chi ci sta accanto, saremo veramente uniti “in solidum” con l’altro e saremo capaci di attualizzare la solidarietà. Da qui, la necessità di cominciare a pensare a sé non in termini individualistici, ma come parte viva e attiva di una relazione sociale.

Imparare a conoscersi senza pregiudizi ed egoismi, guardare all’altro come elemento essenziale di una comunità e immedesimarsi nella sua anima, tutto ciò consente ad ognuno di abitare più profondamente sé stesso riconoscendo l’altro come strumento di amplificazione della comprensione del sé.

Una vita vissuta essenzialmente nel proprio spazio privato è destinata a scivolare verso un malinconico vuoto esistenziale, perché vivere la vita disgiuntamente dai legami comunitari significa privarsi degli elementi essenziali che la elevano a vita autenticamente umana e solidale (la tesi di Hannah Arendt[4]).

Chi educa ai valori?

Al centro dell’azione educativa di ogni soggetto in crescita, famiglia e scuola rappresentano le due più significative agenzie formative. Anche se tutti concordano nel ritenere imprescindibile l’integrazione degli interventi, in realtà tale relazione costituisce tuttora un nodo critico nell’ambito del processo educativo delle nuove generazioni.

Da tempo la famiglia, definita per la prima volta nel nostro ordinamento come ‘società naturale’ (art. 29, Cost.), sembra aver smarrito la dimensione aggregante della solidarietà per diventare un semplice profilo della privacy di ciascun individuo. Da qui, la necessità della scuola di favorire l’acquisizione di un nuovo paradigma educativo con un approccio valoriale congruente con il più ampio e contemporaneo sistema sociale. Di fronte all’incertezza e problematicità del tempo presente è importante non solo coniugare la razionalità con l’aderenza alla quotidianità della vita, ma anche armonizzare la vita razionale con quella emozionale, il pensiero con il cuore. La capacità di orientarsi nella complessità è meta ardua, ma è l’unica via perseguibile che orienta direttamente l’azione allo scopo e volge il pensiero al bene.

L’educazione dei sentimenti

L’odierno scenario educativo deve, pertanto, invitare a spingersi oltre la lettura dell’esistente e suggerire orizzonti e strategie di crescita tesi allo sviluppo di sentimenti comunitari, nonché alla promozione e consolidamento della persona, disposta non solo ad ascoltare e dialogare ma anche e soprattutto al sentire. Disporsi al sentire, cioè a tendere alla riscoperta del valore di solidarietà verso gli altri, rappresenta un’imprescindibile competenza nell’esercizio del diritto all’educazione, intesa come processo di umanizzazione comunitaria: un’educazione che, oltrepassando le fuggevoli dimensioni della quotidianità esperienziale (l’implicito, il caso, l’imprevedibile) sia tesa ad indagare e cogliere l’essenza stessa dell’uomo nella molteplicità delle sue espressioni. La scuola dovrebbe, quindi, promuovere l’educazione del cuore mediante l’esercizio di una grammatica del linguaggio affettivo, di una spiritualità aperta ai valori e alle risposte etiche, a significare la necessità di educare alla cura della dimensione profonda del sé e alla cura degli altri.

La persona al centro

Vicinanza, relazione e continuità costituiscono, pertanto, i vincoli di fondo di un corretto linguaggio solidale che pone la personaal centro del progetto educativo. È un compito che scuola e famiglie sono chiamate a perseguire attraverso una riprogrammazione continua e costante per l’intera vita, perché nessuno nasce persona, ma lo diventa nel corso del proprio arco vitale, nel suo proiettarsi oltre il presente, perché non si giunge mai ad una forma definitiva e conclusa dell’esistenza. Persona, dunque, come punto di partenza e punto di arrivo, come statuto originario e destinale, come condizione ontologica e teleologica dell’essere umano, frutto di una conquista che si rinnova continuamente nell’orizzonte della propria temporalità: la vita si traduce in un incessante processo di revisione e correzione, in un’apertura al continuo trascendimento del proprio sé che si estende fino a coincidere con l’intero corso della vita.


[1] Cfr. DM 35/2020 all. C Linee Guida per l’insegnamento trasversale dell’Educazione Civica.

[2] Cfr. DPR n. 88/2010 all. A.

[3] J.L. Nancy, Essere singolare plurale, Einaudi, Torino, 2001.

[4] H. Arendt, Vita activa, Bompiani, Milano, 1989.