Gli orientamenti nazionali 0-3

Come far crescere la cultura dell’infanzia

“Con l’educazione precoce prima dei sei anni (e ancora di più, sotto i tre anni) si gettano le basi per sviluppare pienamente le potenzialità di ciascuno, per contrastare i condizionamenti sociali e culturali negativi, ma soprattutto le vecchie e le nuove forme di povertà. È un programma che richiede, quindi, attenzione e investimenti, come indicato dalle Raccomandazione della Commissione Europea del 22 maggio 2019. Gli investimenti nella primissima infanzia influenzano gli esiti nel corso della vita, le performance scolastiche, i guadagni sul mercato del lavoro e possono contribuire a prevenire e a ridurre le diseguaglianze, come ha scritto James Heckman, premio Nobel per l’Economia, già nel 2000”.

È questo l’incipit del capitolo dedicato ai “Servizi educativi dell’infanzia” contenuto nel Rapporto “Idee e proposte per una scuola che guarda al futuro” del 13 luglio 2020, realizzato da un comitato di esperti, coordinato dall’attuale Ministro[1].

Da questo primo impulso sono scaturiti documenti istituzionali, azioni significate e considerevoli impegni di spesa.

Un Decreto legislativo per il sistema integrato

È pur vero, abbiamo perso molto tempo prima di prendere coscienza della situazione e di quanto sia importante destinare risorse all’infanzia. Oggi però possiamo dire che ci sono le condizioni per un’inversione di tendenza. Dal Decreto legislativo 65/2017, che istituisce il sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni, è passato appena un lustro: troppo se pensiamo all’urgenza dei problemi, poco se pensiamo invece alle lentezze del sistema. Dal 2017 in realtà sono successe molte cose.

Intanto va rilevato il “peso” del Decreto: esprime una nuova cultura e una nuova prospettiva pedagogica che riorientano l’attenzione verso l’infanzia; pone le radici per comporre un quadro normativo ancora inedito e per nulla facile da realizzare; mette a disposizione le prime importanti risorse per alimentare fin da subito la costruzione virtuosa del sistema integrato 0-6.

Il Decreto si fonda sul presupposto che una rete estesa di strutture educative per l’infanzia “sia la migliore garanzia per la coesione sociale, per il supporto alle giovani coppie, per invertire le tendenze della natalità” e che costituisca allo stesso modo anche “un investimento indispensabile per una società che voglia guardare al futuro e non si ripieghi solo nella difesa dei diritti acquisiti dagli adulti”[2].

Non si limita, inoltre, a disegnare solo a grandi linee l’evoluzione di un percorso, anzi, tratteggia con decisione i passaggi istituzionali che chiamano in causa i diversi soggetti competenti (Stato, Regioni e Enti locali). È noto che la competenza legislativa del segmento 0-3 è costituzionalmente attribuita al sistema Regioni-Enti locali, ma che lo Stato può determinare norme generali, livelli essenziali e principi fondamentali.

Riconducendo l’insieme dei servizi ad una supervisione generale dello Stato (in capo al Ministero dell’istruzione) il Decreto 65/2017 individua le priorità di sviluppo (quali servizi, dove localizzare gli interventi, come attribuire le risorse) e fissa contestualmente le regole per armonizzarne le caratteristiche.

Una commissione all’altezza dei tempi

Importante è altresì l’articolo 10 che istituisce una commissione di esperti con il compito prioritario di costruire le linee pedagogiche per il sistema integrato. I lavori si sono avviati, a dire il vero, con qualche lentezza, anche per via dell’avvicendarsi in un tempo relativamente breve[3] di più presidenti. Poi, Giancarlo Cerini ha dato la svolta di cui si aveva bisogno dal giorno stesso della sua nomina a presidente (il 6 febbraio 2020). Grazie alle sue competenze, alla sua passione, alla sua capacità di coordinare e fare squadra, nell’arco di poco tempo sono stati realizzati due documenti assai rilevanti[4] e dato avvio al terzo di cui si dà conto nel fascicolo di Notizie della scuola “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia”.

In piena pandemia non si poteva rimanere indifferenti di fronte alle difficoltà nel gestire una scuola ferita nei suoi aspetti vitali: i rapporti, le relazioni, la cura, il contesto educativo. Nel primo documento la commissione propone “Orientamenti pedagogici sui legami educativi a distanza” suggerendo un modo diverso di “fare nido” e un modo diverso di “fare scuola dell’infanzia”, a partire dalle molteplici esperienze positive di tanti bravi educatori e insegnanti di cui la nostra scuola va fiera.

Il secondo documento “Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei” è oggi legge a tutti gli effetti[5]. Presentato sotto forma di bozza il 31 marzo scorso, riformulato dopo una ampia consultazione, disegna una cornice pedagogica, organizzativa ed istituzionale di questo importante segmento di vita e fornisce indicazioni perché si consolidino quei processi che devono andare ad incidere attivamente sugli attuali assetti istituzionali.

Verso una riforma che produca risultati

Ora, da queste indicazioni devono scaturire riforme efficaci. Non è facile perché, come molto spesso ripeteva Giancarlo Cerini, le buone riforme per essere tali devono produrre cambiamenti positivi nella cultura di un Paese, nell’atteggiamento dell’opinione pubblica, nei comportamenti di ragazzi e famiglie, nelle condotte dei docenti. Tante buone idee se non diventano patrimonio collettivo difficilmente possono veicolare interventi istituzionali che reggano alla prova del tempo.

Non possiamo, dunque, permetterci di vanificare un lavoro così importante che interpreta le esigenze del nostro Paese e le tante domande delle famiglie. Occorrono, però, molte energie, soprattutto quelle che provengono dal basso, abbiamo bisogno, come ripeteva Giancarlo, di un lessico familiare e condiviso, di un dialogo sociale aperto e corretto, di esempi incoraggianti.

È partendo da questi presupposti che sono nate le prime pubblicazioni su questo tema della casa editrice Tecnodid, prima ancora che le proposte sul Sistema integrato diventassero documenti istituzionali o norme effettive[6]. Diffondere dei progress, costruire un dialogo con interlocutori interessati, prevedere incontri mirati su questioni di particolare rilievo sociale… sono tutte forme utili a far crescere in consapevolezza e responsabilità. È la metafora della ballata popolare[7]. “Si inizia con poco, con uno spunto, poi la narrazione si allarga e trova nuovi cantautori”. Questi non sono solo i bravi pedagogisti o gli analisti dell’istruzione, sono tutti coloro che hanno a cuore le sorti del Paese, a partire da quelli che hanno responsabilità dirette e che dovrebbero costantemente dare conto con trasparenza e coerenza delle loro scelte.

Chi fa cosa e come

Tutti i decisori politici, che si sono succeduti nel tempo alla guida del Paese, hanno sempre assegnato alla scuola la responsabilità di disegnare il futuro delle giovani generazioni. Tutti hanno dichiarato di voler mettere gli studenti al centro delle politiche di governo. Una scuola migliore fa diventare un Paese migliore.

Declamare, però, le buone intenzioni è un esercizio assai facile, molto più complesso è impegnarsi a raggiungere gli obiettivi e a realizzare, passo dopo passo, un cambiamento vero. Ci vogliono sicuramente le buone idee. Ma da sole non bastano. Perché le idee abbiano le gambe per camminare è necessario che tutti se ne facciano carico. È questo un punto di partenza per immaginare un sistema integrato che getti le fondamenta per un pieno sviluppo delle potenzialità dei bambini, che interpreti, contestualmente, le esigenze, seppure assai diverse, delle tante famiglie, e che faccia quindi crescere il nostro Paese. L’impegno di tutti deve andare nell’ottica di conseguire l’obiettivo più rilevante, quello di eliminare progressivamente, ma sistematicamente, le disuguaglianze e supportare le tante fragilità delle persone e dei territori. Per dare risposte adeguate alle domande di aiuto dobbiamo sintonizzare le risorse con le strategie operative mettendo in campo tutte le nostre competenze.

Oggi possiamo, inoltre, contare su una nuova risorsa, assai rilevante sul piano quantitativo, quella del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che destina 4,6 miliardi di euro per i nidi e per le scuole dell’infanzia. Le risorse economiche rappresentano sicuramente il punto da cui partire per arrivare a un cambiamento significativo. Da sole però non bastano, anzi possono essere fuorvianti se non sono orientate da progetti culturali e sociali condivisi. Potrebbe essere, per esempio, una operazione insufficiente, persino velleitaria, quella di costruire più edifici per i nidi nelle regioni dove la percentuale di utenti è bassissima, se non cresce la consapevolezza nel territorio di quanto sia fondamentale il nido per lo sviluppo delle straordinarie potenzialità che ogni bambino ha in dote alla sua nascita. I nidi rappresentano sicuramente un servizio alle famiglie, ma ancor più la più preziosa delle opportunità per vivere un futuro migliore.

Ripartiamo dalla prima infanzia per migliorare il futuro di tutti

Il Decreto 65/2017 ha avviato cambiamenti importanti per l’espansione quantitativa (ma anche qualitativa) di nidi sul territorio: ha messo a disposizione di Regioni e Comuni un fondo annuale di circa 250 milioni di euro. In questi cinque anni ci siamo imbattuti inevitabilmente con i nostri storici problemi. Abbiamo dovuto prendere coscienza della presenza difforme dei nidi sul nostro territorio, delle diverse capacità organizzative degli Enti locali e anche di un diverso livello professionale delle persone chiamate a realizzare i servizi.

Inoltre, in questo quinquennio si è toccato con mano che per raggiungere risultati soddisfacenti non è sufficiente la presa d’atto degli obiettivi (ineludibili), non bastano le buone progettazioni e la sistematicità dei controlli (operazioni sicuramente indispensabili), a volte non servono neanche le evidenze scientifiche (da anni sono note) e neppure le continue sollecitazioni dell’Europa (le abbiamo recepite, qualche volta anche con fastidio). Occorre innanzitutto crederci ed essere determinati a portare la scelta a buon fine. Ma “il crederci” non è una pulsione dell’animo né un atto solo fideistico, è l’esito di un processo storico, sociale, culturale e normativo, quello che permette a tutti i soggetti coinvolti (istituzioni pubbliche, organizzazioni no profit, stakeholder) di costruire una governance efficace.

Ripartiamo allora dagli “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia”. È la pietra miliare per dare una svolta al nostro sistema educativo: se non ora quando?

Per una nuova “ballata popolare”

Vogliamo anche noi, perché ci crediamo, contribuire a tracciare quei solchi che servono a predisporre il terreno per una buona semina. Le risorse del PNRR devono andare a buon fine. È prevista la creazione di 228.000 nuovi posti che consentirebbe, entro il 2026, di raggiungere l’obiettivo indicato dal Consiglio europeo di Barcellona 20 anni fa (2002): la copertura del 33% dei servizi 0-3 che, per il nostro Paese, significa, in primo luogo, riequilibrio territoriale.

Riteniamo che il primo passo sia quello di coinvolgere l’opinione pubblica sul fatto che il successo formativo di ogni persona è maggiormente garantito se si rimuovono gli ostacoli fin dalla più tenera età e che la frequenza al nido rappresenta una delle migliori strategie per ridurre le disuguaglianze.

Nel fascicolo di Notizie della scuola dedicato agli “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia”, su questo tema entra nel merito la riflessione di Rosa Seccia: mettere a disposizione nidi per tutti significa combattere la povertà educativa. Ma è anche il presupposto di fondo di tutti i contributi del fascicolo. All’interno di una cornice “emozionale” molto suggestiva, Susanna Mantovani ripercorre storicamente la storia dei nidi mettendo in evidenza i punti essenziali e i nodi strategici del documento.

I due contributi successivi affrontano le questioni sul piano squisitamente pedagogico: le potenzialità dei bambini nei primi mille giorni di vita (Paola Cagliare) e l’importanza di un dialogo di continuità dalla nascita alla seconda adolescenza (Ermanno Morello).

Sappiamo bene però che gli ostacoli maggiori sono quelli legati alla governance per la complessità del sistema integrato zero-sei: modelli organizzativi difformi, tipologie diverse di gestione, professionalità differenti. Non si tratta solo di realizzare i servizi, ma di riuscire a governarli in maniera adeguata. È quanto viene affrontato nel saggio di Loretta Lega, mentre Roberto Calienno dà conto di tutte le informazioni tecniche e operative che dovrebbero condurre alla “messa a terra” del PNRR.

Siamo sicuri che il nuovo sistema integrato 0-6 sarà maggiormente garantito se costruito attraverso un processo corale in cui sono chiamati in causa tanti soggetti che hanno responsabilità dirette e indirette sulla vita dei nostri studenti. Ce lo spiega bene Stefania Bigi nell’illustrare gli strumenti, le modalità e i tempi della consultazione del documento.

Il fascicolo di Notizie della scuola n. 11/12 “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia” vuole dare un contributo ad alimentare questo “processo corale” provando a lanciare il seme per una nuova “ballata popolare”.


[1] Il Comitato di esperti è stato istituito con D.M. 21 aprile 2020, n. 203.

[2] Cfr. G. Cerini, La cornice emozionale dello zero-sei, in G. Cerini, M. Spinosi (a cura di), “Una bussola per le deleghe”, Tecnodid, Napoli, 2017.

[3] Dal 26 gennaio 2018 al 6 febbraio 2020 si sono succeduti due presidenti.

[4] Il primo: Orientamenti pedagogici sui LEAD: legami educativi a distanza – un modo diverso per fare nido e scuola dell’infanzia; il secondo: Linee pedagogiche del Sistema integrato 0-6.

[5] Decreto ministeriale 22 novembre 2021, n. 334.

[6] G. Cerini (a cura di), Linee pedagogiche zero-sei, Notizie della scuola, Tecnodid, 1° febbraio 2021; G. Cerini, M. Spinosi (a cura di), Le linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6”, Tecnodid, Napoli, aprile 2021.

[7] “Ballata popolare” una delle metafore più care a Giancarlo Cerini.