Una rete nazionale per le scuole professionali

Pubblicato un nuovo Schema di Regolamento

L’istruzione professionale (IP) è il vero nodo critico del sistema di istruzione secondario di secondo grado italiano. Non si comprende come e perché, nella seconda realtà manifatturiera europea ed in un mondo globalizzato dove il Made in Italy è un marchio di fabbrica che aggiunge valore al prodotto su cui è impresso, ci siano tanti indugi e tante discussioni improduttive sul ruolo dell’istruzione professionale, sulla sua identità e sulle sue prospettive di sviluppo.

Schema di Decreto per una rete nazionale

La riforma del 2017, con il decreto legislativo n. 61 del 13 aprile 2017, è stata completata, prima dal DM 92/2018 con il regolamento sui profili di uscita[1] e, successivamente, dalle Linee guida che hanno ridefinito in maniera profonda e definitiva i tratti dell’Istruzione professionale, che si connota come l’ordine di scuola più innovativo del sistema di istruzione del ciclo secondario.

Recentemente è stato emanato, dal Ministro dell’Istruzione (Patrizio Bianchi) di concerto con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali (Andrea Orlando) anche un nuovo “Schema di Decreto per la definizione dei criteri e delle modalità per l’organizzazione e il funzionamento della rete nazionale delle scuole professionali”[2]. Il Decreto è stato ora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio 2022 (serie generale n. 47).

Finalità di sicuro interesse

La rete nazionale degli istituti professionali si pone come strumento operativo con molteplici finalità da perseguire in cooperazione e raccordo con soggetti pubblici e privati:

  1. promuovere l’innovazione e il permanente raccordo con il mondo del lavoro;
  2. favorire l’aggiornamento periodico degli indirizzi di studio e dei profili in uscita di cui all’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 61/2017, al fine di rafforzare gli interventi di supporto alla transizione tra la scuola e il lavoro, diffondendo e sostenendo i modelli di apprendimento in ambiente di lavoro (c.d. work based learning – WBL), realizzati attraverso l’alternanza rafforzata, l’impresa formativa simulata, i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO) e l’apprendistato, nel sistema dell’istruzione professionale (IP) e nel sistema dell’istruzione e formazione professionale (IeFP);
  3. promuovere i sistemi di IP e di IeFP, anche attraverso la valorizzazione del sistema duale, al fine di qualificare un’offerta formativa rispondente ai fabbisogni espressi dal mondo del lavoro e delle professioni;
  4. supportare e favorire, a livello nazionale e territoriale, il raccordo tra il sistema di IP e il sistema di IeFP;
  5. operare in coerenza e raccordo con altre reti di servizi, in particolare con la Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro di cui al comma 2 del presente articolo;
  6. individuare buone pratiche ed elementi di eccellenza all’interno dell’intera filiera formativa verticale professionalizzante, fino agli Istituti Tecnici Superiori (ITS), nonché le aree di criticità e i margini di miglioramento, formulando proposte mirate;
  7. promuovere l’offerta formativa nell’ambito dei sistemi di IP e di IeFP, funzionale allo sviluppo di “eco-sistemi territoriali” di innovazione economica e sociale aperti alla collaborazione con altre realtà formative territoriali.

Oltre le intenzioni, un organismo di raccordo tra l’istruzione e la formazione professionale

Sono queste intenzioni di alto profilo ormai irrinunciabili, dato il crescente mismatch tra le potenzialità dell’IP e il risultato in termini di iscrizioni al primo anno e diplomati nell’istruzione professionale. La rete sarà composta sia dalle le istituzioni scolastiche statali e paritarie che offrono i percorsi di istruzione professionale sia dalle istituzioni formative, accreditate dalle Regioni sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni di cui al Capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 definite con una denominazione unificata “Scuole professionali”, da cui il nome della rete.

Il Ministero dell’Istruzione e quello del Lavoro rappresentano insieme alle Regioni, alle Province autonome ed all’ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro) i soggetti che concorrono al funzionamento della rete nazionale.

Tante attività per una rete dinamica e, speriamo, generativa

L’approccio plurale dato dalla molteplicità delle parti in gioco, prevede relazioni e rapporti tali da far sì che la rete nazionale: si attivi per promuovere importanti e decisivi cambiamenti nell’impresa formativa simulata e nell’innovazione nei PCTO; realizzi e promuova percorsi di eccellenza nella filiera professionalizzante compresi gli apporti dell’istruzione tecnica superiore (ITS); formuli proposte per la modifica e l’aggiornamento dei profili di uscita compresa la revisione degli indirizzi di studio e il relativo aggiornamento delle figure di riferimento; supporti l’innovazione didattica e metodologica anche mediante formazione congiunta tra i docenti di IP e IEFP; si occupi del delicatissimo nodo dell’orientamento in uscita dal primo ciclo di istruzione finora fortemente schiacciato sulle destinazioni liceali senza alcuna attenzione alle vocazioni individuali e alle esigenze dei settori produttivi e occupazionali; curi l’attività di monitoraggio quali-quantitativo delle esperienze e delle attività promosse dalla Rete; sostenga interventi e soluzioni che favoriscano l’implementazione dell’offerta formativa regionale di IeFP.

L’indirizzo e la gestione: organi con “troppo poca scuola” dentro

La gestione delle attività della rete prevede organi articolati e complessi a fronte però di una limitata presenza della scuola che opera sui territori, di una scuola, cioè, che conosce i problemi, le caratteristiche e le istanze degli utenti:

C’è un Comitato nazionale di indirizzo e coordinamento composto da 12 rappresentanti e un consiglio di gestione. I due organi sono nominati con decreto del Direttore generale per gli ordinamenti scolastici. Possono essere, inoltre, costituiti altri organi come:

  1. Gruppi operativi tematici, promossi dal Comitato nazionale di indirizzo e coordinamento, che ne definisce le attività;
  2. Comitati territoriali, promossi dal Consiglio di gestione, composti, per ciascun territorio, da rappresentanti delle istituzioni scolastiche e formative, dell’Ufficio Scolastico Regionale, della Regione e delle associazioni rappresentative del mondo del lavoro.

Nuove speranze oppure nuove illusioni?

L’auspicio è che l’organizzazione della rete non costituisca solo un aggravio per la spesa per lo Stato, ma abbia una effettiva ricaduta sulle alterne fortune dell’istruzione professionale, ingiustamente relegata al ruolo di Cenerentola del sistema di istruzione secondaria di secondo grado, proprio in un momento storico nel quale i settori strategici della produzione, il passaggio all’Industria 4.0, gli epocali cambiamenti sulle trasformazioni delle “supply chain” (filiere di produzione di distribuzione), impongono alla scuola di preparare cittadini particolarmente abili e competenti nella gestione e nella soluzione dei problemi di carattere operativo.

Paradigmi vecchi e nuovi a confronto

Nella tradizionale visione dell’Istruzione professionale il paradigma di riferimento era legato a strutture e modelli produttivi prevalentemente statici, nei quali la scuola si inseriva formando figure dal profilo piuttosto definito e poco dinamico. Oggi non esiste lavoro specializzato che non debba essere legato a filo doppio con l’innovazione tecnologica imperante e con le innegabili esigenze di essere all’altezza dei mercati e delle tecnologie, pronti a mutare, cambiare, trasformarsi con altrettanto dinamismo.

I minimi storici delle iscrizioni all’Istruzione Professionale, raggiunti e consolidati in questi anni, sono l’indicatore di una società poco attenta ai suoi stessi bisogni di crescita e di sviluppo. In questa fase di ripresa post pandemia la maggior parte delle imprese, ad esempio, ha difficoltà nel portare a termine le commesse per mancanza di manodopera specializzata.

Un esempio nella moda che promette molto bene ma gli iscritti non abbondano

Si prevede che il solo settore del “fashion”, unito alle produzioni tessili per la casa, occuperà un numero di nuovi addetti, nei prossimi anni, pari a circa 50.000 unità. Come sarà possibile coprire queste offerte occupazionali se l’intero monte delle iscrizioni, al prossimo anno scolastico all’istruzione professionale, di cui il settore tessile è solo uno degli indirizzi, ammonta più o meno a questo numero?

Corsi e ricorsi delle discipline che non si mettono in asse!

Intanto nelle prossime mosse del Ministero c’è anche una necessaria integrazione al Regolamento dell’istruzione professionale di cui al Decreto 92/2018. Il provvedimento, recentemente esaminato dal CSPI, è prevalentemente di carattere tecnico e deve essere emanato, a conferma dell’ordinamento vigente, dopo alcune sentenze del TAR che hanno assunto decisioni a seguito delle azioni di contenzioso promosse da docenti di Chimica nell’ambito delle cosiddette Scienze integrate. Lo specchio dell’organizzazione didattica dell’Istruzione Professionale, non più basata sulle discipline ma sugli assi culturali, come si vede finisce anche nelle aule dei Tribunali amministrativi dove i docenti disciplinaristi, spesso riuniti in associazioni piuttosto bellicose, sulla base di visioni obsolete, rivendicano le loro appartenenze e le loro influenze sui curricoli delle scuole.

Pregiudizi contro modelli concepiti come innovativi

Gli istituti professionali stentano a decollare, soffocati dai pregiudizi e dalle visioni di basso profilo che li assimilano più volentieri alla vecchia scuola di avviamento professionale piuttosto che al nuovo paradigma di “Scuole territoriali dell’innovazione, aperte e concepite come laboratori di ricerca, sperimentazione ed innovazione didattica”. Il nuovo paradigma andrebbe condiviso e sviluppato in ogni autentico aspetto. Questo potrebbe avvenire coniugando ogni possibile osmosi tra istruzione e formazione professionale e sostenendo le politiche territoriali mediante gruppi di lavoro decentrati e attenti alle esigenze dei contesti produttivi. È una direzione di marcia nella quale il Ministero del Lavoro e l’ANPAL potrebbero essere strategici per avvicinare scuola e lavoro in maniera funzionale, compresa la necessità di riprendere e modificare le scelte relative ai percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO). Tali percorsi, in verità, dovrebbero, almeno nell’istruzione Professionale, riprendere le sembianze dell’Alternanza scuola lavoro, senza polemiche, strumentalizzazioni e false convinzioni. Chi vuole il bene dell’istruzione professionale, infatti, propende da sempre per una vera collaborazione delle aziende con le scuole e delle scuole con le aziende.


[1] Decreto 24 maggio 2018, n. 92. Regolamento recante la disciplina dei profili di uscita degli indirizzi di studio dei percorsi di istruzione professionale, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61, recante la revisione dei percorsi dell’istruzione professionale nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera d), della legge 13 luglio 2015, n. 107.

[2] https://www.miur.gov.it/documents/20182/6735034/Decreto+interministeriale+n.+358+del+23+dicembre+2021.pdf/35b0bda6-8b68-9239-d4c4-dbf717e069fe?version=1.0&t=1646389736180