Formazione incentivata e carriere

Quale futuro riserva la legge 79/2022 ai docenti

La legge 79 del 29 giugno 2022 definisce, come è noto, una serie di misure urgenti per l’attuazione del PNRR. Gli articoli 44, 45, 46 e 47[1] riguardano la scuola. Nella parte dedicata alla “Formazione in servizio incentivata e valutazione degli insegnanti” (art. 44) si annuncia l’introduzione di un nuovo sistema di formazione e aggiornamento permanente delle “figure di sistema” e dei docenti di ruolo, da articolare in percorsi di durata almeno triennale. Tale affermazione viene, per fortuna, preceduta da una rassicurazione: niente cambia per l’obbligatorietà della formazione in servizio. Cioè non viene modificato il comma 124 della legge 107/2015 laddove dispone che la formazione per tutti i docenti di ruolo è “obbligatoria, permanente e strutturale”.

Le figure di sistema, queste (s)conosciute

Tuttavia, l’uso del termine “figure di sistema” da un lato rincuora, dall’altro preoccupa. Rincuora perché finalmente le “figure di sistema” ritornano nel vocabolario istituzionale dopo che per oltre un quarto di secolo le avevamo dimenticate. E sì perché se ne parlò per la prima volta (e pressoché l’ultima) nel Contratto 1994-1997 (comma 7 dell’art. 3)[2], poi qualche anno dopo, abbiamo optato per termini più sfumati con l’introduzione, per esempio, delle “funzioni strumentali” (articolo 28 del contratto 2002-2005), precedentemente chiamate “funzioni obiettivo” (articolo 28 del contratto 1998-2001).

Successivamente abbiamo anche introdotto diversi profili di tutor. Ricordiamo il tutor per i docenti neo assunti (DM 27 ottobre 2015, n. 850), il tutor per l’orientamento (Linee guida 19 febbraio 2014, punto 2/a) e il tutor per i percorsi PCTO (prima “Alternanza scuola lavoro” con il D.lgs. 77/2005, art.  5).

Abbiamo anche conservato termini più fluidi come coordinatori e referenti lasciando alle autonomie scolastiche il potere di assegnare compiti e responsabilità. Ma abbiamo anche avuto la necessità di una nuova figura fondamentale per una scuola sempre più innovativa, come quella dell’animatore digitale.

In altre parole: nelle nostre scuole le figure professionali non mancano e molte operano anche in maniera competente ed esperta, ma queste non sono riconducibili all’interno di un “sistema”. Sarà quindi la legge 79/2022 l’incipit per una svolta definitiva dopo anni di attesa? Allo stato attuale nutriamo seri dubbi: le indicazioni, come vedremo, sono troppo generiche e a volte anche contraddittorie. È questo il motivo delle nostre preoccupazioni. Il ritorno all’uso di tale terminologia (“figure di sistema”) avviene, di fatto, senza una mediazione con le parti sociali, senza una ridefinizione del profilo giuridico a monte, senza un nuovo quadro normativo specifico che le ricollochi all’interno di tutto il sistema d’istruzione.

Gli obiettivi della formazione incentivata: da interpretare

Tra le innumerevoli disposizioni della legge 79/2022 si legge che i docenti per diventare “figure di sistema” dovranno volontariamente fare un percorso della durata triennale per “rafforzare tanto le conoscenze quanto le competenze applicative”. I termini che si utilizzano come obiettivi della formazione incentivata non danno, però, un’idea chiara delle competenze reali che tali professionalità devono garantire proprio per supportare l’autonomia della scuola. È alquanto riduttivo parlare di rafforzamento delle conoscenze. In genere, qualsiasi professionista, anche all’inizio della carriera, deve garantire il possesso di approfondite conoscenze per poter esercitare il proprio lavoro; anche l’attuale introduzione dei 60 crediti formativi mira a questo obiettivo. Ogni docente, in quanto tale, deve avere in partenza informazioni corrette e contenuti culturali adeguati non solo sugli argomenti di insegnamento, ma anche a livello generale. È questo che si richiede nei programmi di accesso al ruolo. Tendenzialmente tali conoscenze si rafforzano poi leggendo buoni libri, seguendo programmi dedicati, tenendosi sempre informati. Appare, pertanto, piuttosto riduttivo finalizzare la formazione incentivata alle conoscenze, seppur rafforzate, perché queste dovrebbero essere già un requisito di base che il docente deve dimostrare di possedere e che, tra l’altro, gli permettono di superare anche l’anno di prova. 

Anche il secondo obiettivo, l’acquisizione di “competenze applicative” desta qualche perplessità. Parliamo di expertise? di skill? di un tipo di dominio cognitivo sulla falsariga della tassonomia di Bloom? di capacità di utilizzare modelli teorici nelle pratiche educative? Ci piace immaginare che per competenza applicativa si voglia almeno far riferimento alla definizione della legge n. 13 del 16 gennaio 2013, cioè: “comprovata capacità di utilizzare, in situazioni di lavoro, di studio o nello sviluppo professionale e personale, un insieme strutturato di conoscenze e di abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale o informale”. Tuttavia, tale definizione non è a nostro parere sintetizzabile nell’aggettivo “applicativo” che invece fa pensare solo ad un sapere di tipo pratico, ad un sapere, quindi, minore rispetto a quello teorico.

Figure specifiche o figure generiche?

A parte il riferimento a “conoscenze e competenze applicative”, nel proseguo dell’articolo 44 della legge 79/2022 si entra nel merito dei “che cosa” e si dice che i percorsi triennali di formazione devono comprendere anche “attività di progettazione, tutoraggio, accompagnamento e guida allo sviluppo delle potenzialità degli studenti, volte a favorire il raggiungimento di obiettivi scolastici specifici e attività di sperimentazione di nuove modalità didattiche”.

Anche questa indicazione, chiara sul piano dei “contenuti” richiesti, appare generica se finalizzata ad identificare profili e funzioni di figure dedicate a settori specifici del sistema scolastico, figure di sistema, appunto. Qualche politico ha interpretato questa scelta come una modalità che aprirà la strada a percorsi di carriera. Sono molti infatti a intendere la formazione incentivata come l’avvio del “middle management”.

Al momento tuttavia tale ipotesi va in rotta di collisione con la mancanza di un nuovo quadro giuridico di riferimento e di un accordo di tipo contrattuale (che potrebbero, però, essere definiti a partire dai Decreti applicativi), ma soprattutto appare incompatibile con la formula una tantum. Si dice infatti nella legge: “Al fine di incrementare l’accesso ai predetti percorsi formativi è previsto per gli insegnanti di ruolo di ogni ordine e grado del sistema scolastico un elemento retributivo una tantum di carattere accessorio (…)”.

Se viene a mancare la continuità e se non si definiscono le prospettive di sviluppo, diventa difficile costruire un vero “sistema” a supporto delle scuole autonome. La misura appare come un tentativo di sollecitare i docenti più riottosi a formarsi utilizzando, come unica attrattiva, gli incentivi economici.  Non fa intravedere alcuna differenziazione di professionalità, né tanto meno di carriere.

Dalla formazione incentivata alle figure che ci sono già

Comunque, con qualche forzatura e un po’ di gratuita creatività, possiamo provare ad immaginare tre tipi di professionalità partendo proprio dalle indicazioni dell’articolo 44 prima citato:

  • figura che si occupa di organizzazione e progettazione didattica;
  • figura per il tutoraggio dei neo assunti e di accoglienza dei nuovi colleghi;
  • figura per la personalizzazione dei percorsi degli studenti.

Con la prima figura si verrebbe a valorizzare sia il lavoro di supporto all’organizzazione della scuola sia di sostegno all’organizzazione della didattica. Si tratta quindi di riconoscere e valorizzare il lavoro di alcuni collaboratori dello staff del Dirigente scolastico.

La seconda figura rinvia al “tutor per i neo assunti”, già delineata nelle sue funzioni dall’articolo 12 del DM 850/2015, sempre che per “tutoraggio” non si voglia intendere solo ed esclusivamente quello nei confronti degli studenti. In tal caso, però, verrebbe a giustapporsi con la terza figura che potrebbe identificarsi con il “tutor per l’orientamento”, così come definito dalle Linee guida per del 19 febbraio 2014, al punto 2/a. Ricordiamo, tra l’altro, che nelle Linee guida del 2014 era anche ritornata la locuzione “figure di sistema”, apparsa, come abbiamo già detto, solo nel contratto 1994-1997.

Ma questa professionalità si avvicina pure a quella prevista dal comma 31 della legge 107/2015 che suggerisce alle Istituzioni scolastiche di individuare, utilizzando l’organico dell’autonomia, docenti cui affidare tali compiti di coordinamento per la personalizzazione dei percorsi degli allievi.

Questa ipotesi potrebbe far intravedere la formalizzazione di tre “figure di sistema” se i futuri Decreti applicativi saranno orientati a definire bene i profili. Tuttavia, anche se ci fossero sviluppi in tale direzione, resterebbe il dubbio su come “chiamare” o dove “collocare” per esempio, tutte le altre professionalità che hanno già da tempo responsabilità aggiuntive e che non sono comprese nella formazione incentivata.

Docenti destinati ai percorsi incentivati e relativi compensi

Nella legge si parla di attività formative da espletarsi nell’arco di un triennio al di fuori dell’orario di insegnamento. Tali attività sono retribuite tendenzialmente con i fondi per il miglioramento dell’offerta formativa, con compensi in misura forfettaria secondo criteri definiti dalla contrattazione collettiva.

Ogni scuola, in quanto autonoma, dovrà comunque individuare le tipologie delle figure che servono, ma l’accesso ai percorsi dipenderà dalle risorse effettivamente disponibili. La legge, come è già stato posto in evidenza, parla di compenso “una tantum”, di carattere accessorio, che sarà definito in fase contrattazione, e che sarà condizionato dal superamento di alcune fasi valutative, ma che comunque non deve essere inferiore al 10% e non superiore al 20% del trattamento stipendiale in godimento.

Considerando alcune informazioni contenute nella legge stessa e ulteriori indicazioni contenute della relazione tecnica, facendo anche un calcolo su una quota media di incentivazione (cioè il 15% del trattamento stipendiale) si può ricavare il numero dei docenti da coinvolgere nell’arco di un quadriennio.  

Numero docenti destinati alla formazione incentivata

2026202720282029
Dotazione Fondo (in milioni)4085160236
Numero dei docenti destinatari6.55713.93426.23038.689

Sembrerebbe, dunque, che le risorse siano progressivamente in aumento che il docente che accetta volontariamente la formazione incentivata possa contare su un compenso forfettario pari a seimila euro lordi all’anno, quindi circa 500 euro al mese.

Fondi per il finanziamento dei percorsi

Con quali fondi verrà, però, istituita la formazione incentivata? La legge su questo punto è molto chiara. L’istituzione del Fondo è possibile attraverso “l’adeguamento dell’organico dell’autonomia del personale docente conseguente all’andamento demografico, tenuto conto dei flussi migratori, effettuato a partire dall’anno scolastico 2026/2027 e fino all’anno scolastico 2031/2032, con corrispondente riduzione degli stanziamenti di bilancio dei pertinenti capitoli relativi al personale cessato”. Poi ci sono gli oneri per le attività di formazione che sono stati definiti in una cifra pari a 43,8 milioni di euro. Per far fronte a tali oneri, se nell’immediato si può anche ricorrere alle risorse del PNRR, a partire però dal 2028 si dovrà procedere alla riduzione del “fondo destinato alla Card per la formazione dei docenti”. La legge precisa che dallo stesso fondo (Card docenti) si attingeranno ulteriori 2 milioni di euro per finanziare la Scuola di Alta formazione a partire dal 2027, mentre per i primi anni si utilizzeranno le risorse del PNRR.

Una cosa appare certa: ancora una volta è la scuola che continua a finanziare sé stessa. Mentre le risorse aggiuntive del PNRR sono solo annunciate e non definite, quelle relative alla riduzione degli organici e dei fondi per la Card sono invece già contabilizzate.

Percorsi specifici per lo sviluppo della professionalità

Innanzitutto va ricordato che i percorsi di formazione e i relativi programmi sono definiti, nei contenuti e nella struttura, dalla Scuola di alta formazione con il supporto dell’Invalsi e dell’Indire. E va anche rammentato che, per legge, viene preventivamente indicato un numero di ore di formazione incentivata (nell’ambito del monte ore annuale complessivo) da dedicare a percorsi specifici per lo sviluppo della professionalità del docente. Qui, però, c’è una differenza temporale tra i docenti della scuola dell’infanzia e primaria per i quali sono previste 15 ore e i docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado a cui sono destinate 30 ore (il doppio). Sembra, con tale scelta, che la legge non solo abbia voluto ratificare l’inadeguatezza dell’attuale formazione iniziale di coloro che insegnano o andranno ad insegnare nelle scuole secondarie, ma che abbia anche voluto esprimere seri dubbi sul nuovo percorso universitario e accademico abilitante che corrisponde a non meno di 60 crediti formativi (art. 44, comma 3).

Ricaduta sulla scuola della formazione incentivata

Durante e alla fine dei percorsi formativi sono previste verifiche intermedie annuali e verifiche finali riguardanti:

  • l’incremento del rendimento degli alunni;
  • la condotta professionale;
  • la promozione dell’inclusione;
  • la promozione delle attività extra scolastiche.

Sono indicatori che fanno ben sperare. Forse per la prima volta si ha consapevolezza che, per migliorare la scuola, non basta stanziare risorse e rendere obbligatoria la formazione: occorre che ci sia un controllo della ricaduta reale sulla qualità dell’offerta formativa e sugli esiti di apprendimento degli studenti.

Strumenti di controllo e di verifica

Si dice inoltre che nella valutazione finale il docente dovrà dimostrare di aver raggiunto un adeguato livello di formazione rispetto agli obiettivi. Ma quali modalità sono previste per le verifiche e quali organismi sono coinvolti? L’articolo 44 prevede:

  • per i percorsi intermedi, una relazione dettagliata del docente interessato (si valorizza quindi l’autovalutazione);
  • per la verifica finale, il giudizio del Comitato di valutazione composto ai sensi della normativa vigente e integrato da un dirigente tecnico o da un dirigente scolastico di un altro Istituto (valutazione esterna).

Niente di nuovo rispetto alle modalità che già, da diversi anni, si utilizzano per l’anno di formazione e prova. Si tratta, allora, di capire meglio quali saranno le tipologie di strumenti che si intendono utilizzare, quelli destinati al docente e quelli destinati al Comitato di valutazione.  Sarà questo forse un compito per i futuri Decreti applicativi. Per ora dobbiamo tener presente solo alcune indicazioni generiche:

  • in merito ai processi di controllo dei risultati, sarà la Scuola di alta formazione ad avviare “un programma di monitoraggio e valutazione degli obiettivi formativi specifici per ciascun percorso di formazione, ivi compresi gli indicatori di performance, che sono declinati dalle singole istituzioni scolastiche secondo il proprio Piano triennale dell’offerta formativa”;
  • in merito agli incentivi, sarà il comitato di valutazione a determinare l’eventuale conseguimento salariale attraverso la verifica finale che dovrà tener “conto dei risultati ottenuti in termini di raggiungimento degli obiettivi e di miglioramento degli indicatori”.

Sappiamo, inoltre, che non ci sarà alcun cambiamento alla progressione salariale per anzianità.


[1] Gli articoli costituiscono integrazioni e modificazioni del Decreto legislativo n. 59 del 13 aprile 2017.

[2] Comma 7 dell’art. 38, del Contratto 1994-1997: “Per adeguare il profilo professionale della funzione docente ai processi di affermazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e di differenziazione dell’offerta formativa, le parti convengono sulla necessità di procedere ad una articolazione delle competenze e delle responsabilità all’interno di tale professione. Pertanto, la configurazione professionale del docente, ferma restando l’unicità della funzione, può essere articolata attraverso la definizione, al suo interno, di “figure di sistema” ovvero di particolari profili di specializzazione, relativi agli aspetti scientifici, didattici, pedagogici, organizzativi, gestionali e di ricerca”.