Cinque ottobre, World Teachers’ Day

La leadership degli insegnanti nella trasformazione dell'istruzione

Ottobre è il mese in cui si celebra la “Giornata Internazionale degli Insegnanti”. È un appuntamento che si rinnova ormai da 28 anni, da quando questa ricorrenza è stata istituita, nel lontano 1994, dall’UNESCO, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di conoscenza e patrimonio culturale, congiuntamente con l’OIL (Organizzazione Internazionale del lavoro) e l’Education International, la federazione internazionale che raggruppa le sigle sindacali degli insegnanti.

Si tratta di un’occasione per celebrare, onorare e accrescere il riconoscimento degli insegnanti di tutto il mondo che da sempre si prodigano a favore della crescita culturale e umana dei nostri giovani.

Una “Raccomandazione” per sostenere i diritti degli insegnanti

La data designata per la celebrazione è come sempre il 5 ottobre, il giorno stesso in cui nel 1966 è stata sottoscritta la “Raccomandazione riguardante lo status degli insegnanti”, la prima dichiarazione internazionale relativa alla condizione degli insegnanti, deliberata a Parigi da una speciale Conferenza intergovernativa convocata dall’UNESCO in cooperazione con l’OIT (Organisation Internationelle du Travaille).

La “Raccomandazione” che, pur non essendo vincolante per legge, sosteneva i diritti degli insegnanti con forza e determinazione, si configurava come una sorta di codice di portata internazionale che, articolandosi in 145 articoli, copriva l’intero spettro della professione docente. Fissava, infatti, degli standard in fatto di formazione, reclutamento, aggiornamento dei docenti, e trattava anche delle retribuzioni, delle ferie, dei congedi speciali, dei permessi per lo studio, dell’orario e delle condizioni di lavoro, degli ausili didattici, del numero di alunni per classe, degli scambi tra docenti, delle cure mediche, delle assicurazioni, delle pensioni. Non avendo alcun risvolto normativo, scopo della Raccomandazione era quello di suscitare riflessioni sul ruolo dei professionisti della formazione, influenzarne la prassi e le leggi, e sotto questo rispetto ha avuto un considerevole peso politico e morale.

La strada è ancora lunga da percorrere

In verità, all’adozione della “Raccomandazione”si giunse vent’anni dopo la sua ideazione, perché la sua origine risale al 1946, quando, durante la prima sessione della Conferenza Generale dell’UNESCO, la delegazione cinese avanzò la richiesta di elaborare e diffondere una Carta degli Insegnanti di tutto il mondo che cercasse di salvaguardarne le condizioni materiali, incrementarne lo spessore morale, proteggerne la libertà d’insegnamento. Occorsero vent’anni di incontri esplorativi, di proposte e di consultazioni a livello mondiale per poter approdare al documento, e a tutt’oggi si prospetta ancora lungo il cammino affinché quelle raccomandazioni trovino piena applicazione anche nel nostro stesso Paese.

In ogni caso, il fatto che fin dalla metà degli Anni ’90 sia stata istituita una giornata mondiale degli Insegnanti è fondamentale per sottolineare la cruciale importanza che hanno i docenti di tutto il mondo.

La centralità della figura docente, ma…

La figura del docente è sempre stata centrale nella formazione dei giovani e questa giornata vuol mettere in evidenza la ricerca di un profilo condiviso con l’invito ai governi e all’opinione pubblica a investire nei lavoratori della conoscenza, a fidarsi di loro e a rispettarli. La qualità della professionalità docente continua, però, a fare i conti con condizionamenti e vincoli sempre più imprevedibili. Basti pensare agli edifici scolastici senescenti, alla mancanza di risorse materiali, agli assilli burocratici, per non parlare delle sfide a cui i docenti sono quotidianamente sottoposti. Mi riferisco, in particolare, al proliferare di norme amministrative ma anche, positivamente, alle innovazioni didattiche, quali da DAD che hanno accompagnato nel lungo periodo di pandemia da COVID-19 una crescita di consapevolezza della necessità di modificare gli approcci didattici ed educativi.

Una leadership a vantaggio degli studenti

Quest’anno la Giornata Mondiale degli Insegnanti ha voluto mettere in evidenza la libertà d’insegnamento [1] e il ruolo di ‘potere’ (nel significato di avvedutezza) proprio di ciascun docente per consentire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e l’opportunità di apprendimento per tutti. Il tema prescelto è, infatti, “la leadership degli insegnanti nella trasformazione dell’istruzione”, perché compito dei docenti è proprio quello di “trasformare”, nel senso di esplorare, agire in prospettiva generativa, innovare costantemente il percorso formativo dei soggetti in apprendimento secondo una dimensione dinamica, in modo da restare al passo con i tempi e consentire a chiunque di percorrerlo per giungere al traguardo desiderato senza rischiare di perdere l’orientamento.

La figura del docente nella tradizione

Chiunque abbia avuto sott’occhio qualche pagina che facesse riferimento alla funzione e alla professionalità degli insegnanti nel passato, si sarà imbattuto in immagini, talvolta suggestive ma solitamente grondanti di retorica, che dipingevano il docente come un sacerdote che, quasi sacralmente, metteva in contatto l’anima dell’alunno con l’idea di conoscenza. È vero che ormai è tramontato il gran sole dell’idealismo pedagogico ma, in fondo, qualcosa di fortemente stratificato sembra essere rimasto nella cultura della professionalità docente.

Ancora oggi, infatti, abbondano nella scuola espressioni e figure, per così dire, ‘curiali’:

  • si va in ‘missione’ e non in trasferta;
  • si sostituisce il dirigente scolastico e si diventa ‘vicari’;
  • ci si riunisce in Collegio e, per fortuna, non in Conclave…

Ma non basta. Nel corso del loro sviluppo professionale, ai docenti sono stati fatti indossare non solo severi abiti curiali. Infatti:

  • negli anni ’60, deposta la veste sacrale, si è dotato i maestri della tuta da giardiniere per poter coltivare la pianticella-alunno e attenderne fiduciosamente la fioritura;
  • negli anni ’70, i caldi anni della contestazione, l’attività dell’insegnante, in qualità di agente di cambiamento si rivolge a fini socialmente più elevati;
  • negli anni ’80 l’insegnante viene invitato ad indossare il camice bianco del programmatore;
  • negli anni ’90 il docente si riappropria della sua funzione, che è quella di insegnare, di insegnare ad apprendere in una scuola che assume la fisionomia di luogo di vita, dove ci si incontra, ci si conosce, si dialoga e si costruisce insieme il sapere.

Dal professionista riflessivo al professionista ricercatore

Tipica di questi anni è la figura del docente, sia come professionista riflessivo [2], in grado di mediare elementi teorici e pratici della propria formazione per tradurli in un’azione connotata da riflessione, in un’applicazione delle conoscenze acquisite alla luce di un riesame critico dell’agire educativo stesso, sia come camaleonte professionale [3] per il suo dinamismo professionale, multitasking e multialfabetizzato. Ma anche come professionista ricercatore [4] che, consapevole delle personali premesse interpretative ed epistemologiche, abita l’esperienza formativa con mentalità sperimentale e di ricerca: in questa prospettiva, risultano cruciali le competenze trasversali che egli mette in campo per affrontare e gestire controversie e dilemmi educativi che chiamano in gioco docenti e contesto scolastico.

L’insegnante nella scuola dell’autonomia e della flessibilità

Con la fine degli anni ’90, lo scenario sociale cambia: è contrassegnato da frammentazione e precarietà dove l’individuo sempre più debole, incerto e disorientato, è intento a riprogettarsi come persona e a ricostruirsi un’identità sociale e culturale per imparare a governare la complessità del proprio orizzonte. La scuola risponde in termini di autonomia delineandosi come scuola della flessibilità. E gli insegnanti si reinventano ruolo e funzioni con profili di competenze adattabili e in continua transazione con il contesto. I docenti, oltre ad avere una conoscenza approfondita dei contenuti disciplinari, devono essere in grado di gestire ed utilizzare efficacemente le diverse modalità con cui il sapere può essere trasmesso, devono saper cogliere gli elementi che caratterizzano le molteplici situazioni e adattarvi la propria azione, in modo da rendere la pratica didattica una professione pluriprospettica e multidimensionale.

Le competenze strategiche

Muovendo da queste considerazioni si giunge oggi all’individuazione di un quadro di competenze strategiche, quali strumenti di lettura di una nuova professionalità docente che deve confrontarsi con impreviste e specifiche situazioni fattuali, entrare in relazione empatica con interlocutori diversi, ed essere soprattutto creativa. L’attuale società della conoscenza, è fondata sullacrescita e competitività del sapere: sono le base per l’esercizio dell’inclusione e della cittadinanza attiva. Il processo di insegnamento/apprendimento deve rispondere alla necessità di coniugare il sapere consolidato con la tensione verso la creazione di conoscenze nuove. Da qui, è inevitabile che la leadership educativa debba essere efficace se vuole uscire dagli schemi del passato e tracciare nuove traiettorie per abbracciare il futuro.


[1] La libertà di insegnamento è sancita dall’art. 33 della Costituzione che, al 1° comma, recita: “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». I principi costituzionali sono stati confermati dalla disciplina legislativa vigente”. Anche il T.U. delle leggi sull’istruzione, emanato con D.lgs. 297/1994, stabilisce all’art. 1 che “ai docenti è garantita la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente”, come pure il DPR 275/1999, istitutivo dell’autonomia scolastica, che all’art.1, c.2 precisa che “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è una garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale”.

[2] D.A. Schön, Il professionista riflessivo. Per una nuova epistemologia della pratica professionale, 1993.

[3] M.Tardif & C.Lessard, Le travail enseignant au quotidien – Expériences, interactions humaines et dilemmes professionnels, 1999.

[4] U. Margiotta, L’insegnante di qualità. Valutazione e performance, 1999.