Dopo gli esami di maturità

E ora, che ne sarà di noi?

È già solo un ricordo la crescita di ansia e di adrenalina delle notti del 21 e 22 giugno e delle albe del 22 e del 23… Oggi c’è l’esame, la prova orale, cosa sarà di me? ce la farò anche questa volta?

L’esame di Stato della fine del 2° ciclo di Istruzione segna una tappa importante nella vita di tanti studenti e studentesse. È stato così anche per tanti di noi nati negli anni quaranta, cinquanta, sessanta, settanta, ottanta… È ancora uguale la sensazione? Le emozioni quasi storiche di un momento pieno di liturgia continuano a ripetersi quasi come se vivessimo in un solco “cult”? E poi…

L’esame per me, l’esame per loro…

Gli anni trascorsi nell’edificio, quelle scale, quei corridoi, le aule apparentemente uguali o forse sì, davvero uguali, molto diverse dalla scuola colorata e frequentata all’infanzia, alla primaria e perfino alla secondaria di primo grado…

Le scale d’inverno e in primavera. Le scale all’entrata: un esodo lento e mesto. Le scale all’uscita: grida e sorrisi verso la felicità, qualcuno grida alla libertà. Così ogni giorno, anche il sabato per i cinque ultimi anni.

Stamattina ero nervoso. Papà mi ha guardato orgoglioso e sicuro… “Vai che è solo un esame… Vedrai, vedrai…”

Mamma, invece: “Stai sereno figlio mio, stai calmo, hai studiato e le cose le conosci bene, devi solo partire con calma piano piano, non accelerare…” E poi un ultimo tentativo: “Vuoi che ti accompagno?”

Mi giro e la guardo tra il severo e il preoccupato, mi abbraccia con gli occhi lucidi… Ed io temo, davvero, che all’ultimo momento, me la troverò alle spalle mentre rispondo a qualche domanda.

Ma era così per loro anche 25 anni fa? Chissà.

So solo che vado a fare il colloquio per questo famoso e pluricommentato Esame di Stato. Non so se lo farò per lo Stato Italiano… So che faccio l’esame per me ed anche per loro, sì anche per loro, papà tranquillo, mamma emozionata, anche troppo.

Io, forse già maturo, perché so che entrambi, a modo loro, mi vogliono bene con uguale intensità… e credo di non sbagliarmi nel pensare che forse da domani la mia vita non sarà più facile perché ho superato l’esame di maturità….

Quelle scale per l’ultima volta…

Arrivo apparentemente scanzonato, camicia stirata da mamma che io tento di sgualcire un po’, motorino di Claudio che me lo ha prestato per l’occasione. Lo lascio nel cortile e vado a ripercorre le scale in salita, probabilmente, no… sicuramente, per l’ultima volta…

Vittoria è lì. Mi guarda incrociando volutamente le mie emozioni, mi reggo forte, lei sa che mi fa emozionare, gli amici più cari, quelli di qualche grande filone.

Mi abbracciano come se avessimo già vinto la Champions League, ma il bello deve ancora venire…

Salgo le scale disinvolto e mi sento un nodo alla gola, non ho la cravatta, non è il Covid, ma il nodo stringe e credo che dovrò bere un sorso d’acqua….

Sento voci, mi giro ed i miei amici del Tecnico e dell’Alberghiero, dello Scientifico di fronte sono laggiù a guardarmi, vicino a Vittorio c’è anche Mariella che a 15 anni mi ha fatto impazzire.

Il nodo un po’ si scioglie, non è l’esame, forse non è la paura delle domande toste su filosofia, letteratura, inglese o chissà cosa… forse è la parte di Federico più grande di me che già mi aspetta ed io non l’ho capito ancora.

Concentrazione e basta

Sono seduto e raccolto, come una riserva in panchina. Mi sembra che aspettino me per tirare il rigore decisivo: “e se lo sbaglierò?”

Per concentrarmi penso alla griglia di valutazione della prova orale, ce l’hanno spiegata ma mi sono applicato poco, non riesco a vedere nessuno dei miei compagni in quella ragnatela che sembra più una prigione o una trappola che un modo di capire cosa è un ragazzo della mia età, fosse anche bravo o meno bravo…

Quasi quasi non li invidio i miei cari prof. a usare un modo così millimetrico di misurare tanti ragazzi per tanti anni quando poi… bah!

Vedo Michele trincerato nel suo ripetere quasi “pretesco” le cose che sa meglio, lavora sul movimento velocissimo a labbra chiuse e serrate che si dischiudono quando è costretto a ricordare parole con la c e con la t… un ritmo nervoso e consapevole.

Guardo Laura che sorride disinvolta con le mani che fa scivolare continuamente tra i suoi capelli da destra e da sinistra.

Antonio per la prima volta con un libro in mano che tenta di imparare o ripetere quello che avrà fatto forse dieci volte in cinque anni… Mi scappa una risata che moltiplica la mia emozione nella grande “sala degli esami”.

La professoressa Ranieri, 60 anni, sobria e colta, mi sorride; il presidente (non so chi sia), con la camicia mezza fuori e mezza dentro la cintura dei pantaloni neri sopra vistose scarpe gialle, mi guarda severo per un istante per rientrare con un sorriso isterico a guardare e digitare sul suo cellulare come sembra abbia fatto per giorni… forse lavora gratis… mi alzo e mi appoggio alla parete, tra un po’ tocca a me….

Colloquio, tabella e competenze

“Marcellini, Federico Marcellini”. Tocca a me, ora che hanno declamato il mio cognome meritevole di un adesivo su una scatola di formaggio fuso ed il mio nome che continua a seminare rispetto per la sua origine tedesca… «forza e potenza nell’assicurare il controllo e la pace…».

Questa volta mi alzo quasi freddo ed incredulo, mi avvicino e senza accorgermi firmo e mi siedo, uno sguardo all’innamorato del dispositivo digitale per incrociare lo sguardo della professoressa Ranieri, poi è coma profondo… mi alzo e mi metto sul lato, quasi mi seggo a terra.

Vado via e sento una voce che mi assomiglia: lui, Federico, è rimasto lì, con i gomiti leggermente attaccati alla scrivania e lo sguardo in alto verso i capelli dei tre prof centrali.

Io, Marcellini, mi sono disgiunto e di lato vedo questo ragazzo che quasi come un adulto consapevole argomenta, tenta quasi di coinvolgere, emoziona a tratti, così come, a tratti, dà un leggero sguardo all’informatico ignoto per riprendere declamando, sottolineando, evidenziando. A volte si rilassa appoggiandosi ai braccioli, poi ondeggia e – facendo finta di prestare attenzione ad una richiesta di precisazione – si regala un attimo di pausa con la schiena che accarezza la spalliera della sedia in faggio.

Sorride Federico, accarezza un anello che non c’è sul suo anulare sinistro, sistema il collo della camicia ben stirata (tre volte) dalla mamma. Per un attimo gioca a interpretare papà Roberto e poi rientra in un eloquio mai sentito. Sicuramente non è un formaggino, né una crema da spalmare.

Forse, forse, forse, Federico ha solo fatto finta, quella tabella del Ministero se l’è studiata per recitare un ruolo che io stesso non conoscevo… 45 minuti intensi, quasi un’ora e la prof.ssa Ranieri sveglia il laconico prof. Artigli e dice: “Presidente, Marcellini ha finito? ha qualche domanda, possiamo lasciarlo andare?”

La stanza si riempie di me, del mio cognome che avevo quasi dimenticato vista la grande narrazione del Federico e, nel silenzio, sibila un piccolo colpo di tosse dell’interrotto navigatore delle chat che annuisce “Siii, va bbbene, può andare”.

I pensieri di Federico

Come Diego Armando, Federico si è inventato una performance insospettabile. Si alzano tutti a salutarlo ed abbracciarlo mentre il prof. Corini sorride e dà una breve dignità allo storico momento: “Ragazzi andate fuori, qui dobbiamo continuare a interrogare”.

Federico lo guarda e scambia un sorriso quasi complice, io ancora disgiunto capisco che gli sta anche dicendo: “Guardi prof. che non è la Questura, questa è una scuola, era un colloquio non un’interrogazione”.

Faccio fatica a ricongiungermi con me stesso

Scende lentamente barcollando, Mariella non esita e lo abbraccia prima di ritornare accanto al suo bellissimo Virgilio. Vittoria esita ed ha gli occhi lucidi. Federico scende le scale della scuola stile liberty ed è quasi preso in braccio dai suoi tanti amici che intonano un coro da curva sud, subito ripresi dai fedeli bidelli, amici di complicità e autentici maestri della nostra vita di adolescenti poco consapevoli solo cinque anni fa di ciò che ci aspettava, integratori della funzione materna e paterna nella scuola italiana.

Sono di nuovo con lui e capisco adesso che Marcellini Federico ha giocato la sua carta, io non so quello che so, so che tante cose le ho studiate bene e capite, so che tante cose le ho studiate male, poco o non le ho capite, ma oggi mi gioco me stesso perché devo pure valere qualcosa.

Il voto totale: gratta e vinci… ora o mai più!

Qualcuno comincia a fare i conti: 11/15 al compito di italiano, 7/10 alla seconda prova, poi il curricolo e l’ammissione, allora se all’orale ti danno… Marcellini trema e pensa alla mamma, Federico sorride.

Si guarda indietro vede di nuovo la scala, si inumidisce le dita e tocca il primo scalino, si gira ed esce dalla scuola, forse, forse, forse, lui, il voto, quello SUO, lo conosce da sempre ed è…

Come aveva previsto ed intuito: la mamma ed il papà sono fuori, uguali a come li aveva lasciati…

La mamma piange e lo abbraccia, lo guarda lo riabbraccia e piange quasi in un ritmo che ha qualcosa di simmetrico. Il papà resta di lato e lo aspetta, Federico fa un passo verso di lui, il papà lo stringe a sé, lo prende sotto l’arco del suo braccio e gli sussurra: “Lo vuoi un caffè freddo? Poi ti lascio ai tuoi amici e vado al lavoro”. Federico annuisce e segue il papà nel Bar degli Studenti mentre la mamma è già pronta a dare e vendere interviste alle televisioni di tutto il mondo sul formidabile successo di Marcellini Federico in una prova mai avvenuta così come la racconta lei.

Forse ho il papà più bravo del Mondo…

Federico gira il caffè con lentezza: è vero, ne aveva bisogno. Appena terminata la prova orale aveva lasciato la tensione e quasi era pronto a dormire per tre giorni.

Federico alza lo sguardo e vede – negli occhi del papà – il suo esame di ventotto anni fa, vede la sua vita, l’Università lasciata, l’amore per la mamma, la ricerca di un primo lavoro, poi il secondo, poi quelle passeggiate il sabato mattina sul lungomare con un bambino di diciotto mesi con il carrello e tanti giochi. E ancora lo rivede fuori dal cancello della scuola dell’infanzia e primaria, poi quella volta in ospedale, poi l’allenamento a calcetto… lui c’è stato ogni volta che ha potuto… ed ancora è lì, sobrio, leggero, attento e pronto a fare, in silenzio, la sua parte.

Ora è il papà ad alzare lo sguardo, a guardare i capelli del figlio, apre le dita ed a mo’ di rastrello le passa tra i folti capelli ricci di Federico. È orgoglioso ed innamorato del figlio che lascia il bancone e lo abbraccia forte, poi è richiamato dai compagni…

“Ciao papà!” “

“A stasera Federico”.

“Sta attento alla mamma, dille di tornare a casa che fa caldo…”

La fresca fontana che ci parla del nostro futuro

“Ragazzi mi raccomando le bottiglie, facciamo le persone perbene…”. Laura, aspirante magistrato, ci saluta e sale sulla moto col fratellone che è venuto a prenderla. Sono le due di notte e Marcellini è ancora per strada, la camicia inzuppata d’acqua, per i vari tuffi più o meno leciti nella fresca fontana di Piazza della Repubblica.

“Cosa farai adesso Federico? Hai sempre in mente di fare i test a Medicina o ti iscrivi ad Ingegneria? Tu sei un grande e lo sai…”

“Antonio, io un grande? Ma se non ho mai preso otto ad un compito di nessuna materia!”

“Ragazzi – interrompe Giacomo – vi ricordate quel film “Notte prima degli esami” e quella specie di continuo, come si chiamava…?”

“… Asp… Cosa ne sarà di noi” gridano in coro Valentina, Vittoria e Giulio.

“Che ne sarà di noi? Che ne sarà di te?” replica Antonio guardando Federico.

Federico sorride, si toglie la maglia la inzuppa e versa l’acqua in testa ad Antonio esclamando:

“la vita è un’immersione”.

Sì ma la Vita, quella vera, è un’altra cosa…

Fine maggio 2024, isola di Linosa, tra le case colorate un ragazzo abbronzato gira veloce in bicicletta, salutato da tutti e sorride alla bellissima Iselin venuta apposta per lui da Bergen in Norvegia. Federico vira e si ferma sul breve pontile e dall’aliscafo scendono Antonio, Giacomo, Giulio, Michele, Laura, Valentina e Vittoria. Giro dell’isola e nel tardo pomeriggio tutti sul barcone del pescatore greco Mathias si va al largo a sistemare reti e nasse di media grandezza.

«Come ti trovi qui Federico?» gli chiede Antonio.

«Vivo tra i paesani ed i pescatori, la gente, i bambini, gli anziani… Ogni tanto mi fermo e scrivo: tra un mese uscirà in Norvegia il mio primo libro di racconti ‘Tra Cielo e Mare’».

Vittoria è curiosa: «E la scuola? Tutto lo studio che hai fatto? Il voto abbastanza alto che hai avuto dopo quell’orale… le idee sul tuo futuro universitario?»

Federico dà una pacca sulla spalla di Mathias e si ferma: «La scuola è solo un pezzo più o meno grande, più o meno piccolo del nostro viaggio… la Vita, quella vera, è un’altra cosa e purtroppo a scuola la Vita l’abbiamo incrociata poche volte».

Un rumore nell’acqua, come un salto, un tuffo. Poi altri salti: un delfino, due, tre… delfini che giocano nel blu con la striatura rossastra del cielo al tramonto. Gli occhi dei giovani si perdono nell’aria frizzante di Natura e di Vita. In tanti alzano la testa e già, in alto c’è la Luna, forse la loro Luna. Il giro è largo e lentamente si ritorna verso quel gruppo di luci delle case dell’isola. Federico bacia Iselin e guarda il crescere della bella storia d’amore tra Valentina e Vittoria, le prime a venire a Linosa l’anno prima.

Ora il vento è sul loro viso e la Luna è affiancata da Venere. «Ma allora gli anni di scuola sono inutili, sono brutti?» chiede Laura. Federico sorride mentre accende un sigaro per Mathias: «La scuola è bella e sarebbe completamente bella se tutti capissero che è solo un passaggio della vita».

Che ne sarà di noi…

Laura si tocca il naso e poi la fronte. Vola a Giurisprudenza: un esame dietro l’altro e forse farà davvero il magistrato. «Senti, Laura, io la penso così: ognuno diventa quello che è, solo un po’ più grande, meno giovane, più forte per un po’ di anni, con qualche problema o tic in più e qualche cosa che saprà fare meglio, però l’importante è che sia vivo e che continui ad essere quella persona speciale che ciascuno di noi già è a due anni e forse anche prima».

Quasi piange Laura, ma si trattiene e Federico l’abbraccia. «La scuola dovrebbe accompagnarci, perché quando si comincia nessuno sa quello che diventeremo. Ti ricordi la prof.ssa Ranieri? Lei sì che è stata formidabile: ha accompagnato tanti di noi e tanti altri, perciò era sempre serena e positiva».

Ora solo il rumore del vecchio motore, e lo sciabordio a prua… la grossa barca scivola sull’acqua e va verso un paese di persone semplici ed ancora vere. Federico, mano sulla spalla di Iselin, guarda le onde sotto la prua e poi gira lo sguardo verso gli occhi umidi di Antonio che, intanto, forse, ci sta facendo un pensiero, a…