PNRR per la scuola

I primi 500 milioni di euro per combattere la dispersione

Preceduto da una breve dichiarazione del Ministro Bianchi[1], un assolato pomeriggio d’estate ha portato in dono alle scuole italiane – con il Decreto 170 del 24 giugno 2022 – una prima tranche di 500 milioni di euro dei 1,5 miliardi destinati a scuole secondarie di I e II grado. L’obiettivo è quello di attuare azioni di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica in attuazione della linea di investimento 1.4[2].

Come dichiarato dal Ministro, “I primi 500 milioni serviranno a finanziare progetti in 3.198 scuole con studentesse e studenti nella fascia 12-18 anni. Sono risorse che assegniamo direttamente alle istituzioni scolastiche, sulla base di precisi indicatori relativi alla dispersione e al contesto socio-economico”.

Le scuole che ne beneficiano

Allegato al Decreto il lunghissimo elenco di 102 pagine delle scuole beneficiarie e i rispettivi finanziamenti; mentre sul sito del Ministero dell’istruzione è pubblicata anche la tabella di riparto delle somme per regione[3].

L’ingente assegnazione di fondi nel complesso e per le singole scuole, ha scatenato una serie di commenti, richieste di chiarimenti, rumors e fraintendimenti che non accennano a sopirsi, e che stanno coinvolgendo anche alcune sigle sindacali. Le prime domande: perché la maggior parte delle scuole assegnatarie sono, per esempio, in regioni come la Sicilia? Perché sono prevalentemente del secondo ciclo d’istruzione? perché non sono stati assegnati fondi a scuole che operano in territori notoriamente in sofferenza per gli alti indici di dispersione scolastica? Inoltre, dalle dichiarazioni rilasciate e da varie fonti raccolte, appare chiaro che i Dirigenti scolastici delle scuole assegnatarie non abbiano fatto richieste e che siano totalmente estranei ai criteri di riparto.

L’oggettività del dato e la “pesatura” degli stessi che hanno fatto individuare le scuole beneficiarie rimandano ad una sorta di black list di istituzioni scolastiche in grave sofferenza selezionate rispetto a indicatori e percentuali statistiche espressamente richiamate in premessa del dispositivo e nell’articolo 1 del Decreto.

Dai dati ISTAT i primi criteri di ripartizione dei fondi

I criteri di ripartizione dei fondi, come espressamente dichiarato all’art. 1 del decreto, non lasciano dubbi ad interpretazioni di alcun genere, considerate le fonti attendibili di riferimento dichiarate e facilmente rintracciabili.

La ripartizione regionale tiene conto dei criteri e dei pesi ponderali relativi, calcolati sugli ultimi dati ISTAT disponibili:

  1. tasso di uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione nella fascia di età 18-24 anni (indice ELET – Early Leavers from Education and Training), che incide al 65%;
  2. numero di studentesse e studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado della regione di riferimento: che incide al 20%;
  3. tasso di presenza della popolazione straniera: che incide al 5%;
  4. tasso di popolazione priva di diploma di scuola secondaria nella fascia d’età tra i 25 e i 64 anni: che incide al 5%;
  5. tasso di famiglie con cinque o più componenti: che incide al 5%.

Si ricorda che in Italia secondo quanto riporta il cosiddetto indice ELET (Early leavers from education and training) la percentuale di giovani nella fascia di età 18-24 anni che abbandona precocemente l’istruzione e la formazione (cioè che, come titolo di studio, si ferma più o meno alla terza media) nel 2019 è stata del 13,5%, e pur avendo registrato un calo di un altro punto percentuale rispetto al 2018 (quando era al 14,5%) e di quasi sei punti rispetto a un decennio fa (nel 2009 era al 19,1%), resta ben lontana dal parametro di riferimento previsto dall’Unione Europea per il 2020 (10%). Inoltre i divari territoriali che puntualmente si registrano tra le regioni d’Italia, sul capitolo istruzione non solo si confermano ma si amplificano ulteriormente. Se, infatti, nel Nord-Est l’obiettivo europeo si può dire raggiunto (l’indice ELET si ferma al 9,6%) al Sud la media schizza al 16,7%. Nel complesso, i maschi hanno più probabilità delle ragazze di abbandonare la scuola prima del tempo (il 15,4% contro l’11,3%).

Tasso di fragilità e numero di studenti

Successivamente, la ripartizione delle risorse fra le istituzioni scolastiche statali selezionate in base ai dati ISTAT è avvenuta:

  1. per una quota del 70%, considerando il tasso di fragilità degli apprendimenti, la cosiddetta “dispersione implicita” (percentuale di studenti che in entrambe le materie, italiano e matematica, ha conseguito un risultato molto basso), calcolato dall’Invalsi;
  2. per una quota del 30%, considerando il numero di studentesse e studenti iscritti nell’istituzione scolastica.

Questo quadro delinea chiaramente i criteri che hanno generato l’elenco di scuole allegate al decreto e dovrebbe fugare un po’ i tanti dubbi espressi sulla materia.

Da non trascurare, infine, che alle istituzioni scolastiche statali secondarie di primo e secondo grado delle regioni del Mezzogiorno è assegnata una quota complessiva di risorse pari al 51,16%, scelta dettata dai divari territoriali già ampiamente riscontrati tra le regioni d’Italia.

Un’attenta riflessione sui criteri di riparto, aiuterà certamente le scuole destinatarie del finanziamento ad avere maggiore consapevolezza delle criticità emerse ed effettuare una diagnosi corretta e indicativa della situazione di partenza, indispensabile non solo per ipotizzare percorsi di miglioramento e scelte strategiche, ma anche per individuare risultati attesi in termini di traguardi da raggiungere nel medio e lungo termine.

Azioni in rete e raccordi con il territorio

Dal Decreto appare in tutta evidenza che i fondi sono stati assegnati alle Istituzioni scolastiche per interventi da realizzarsi attraverso reti di scuole. Non a caso è esplicitamente richiamato l’art. 7 del 275/1999[4].

Sono auspicate anche azioni “di raccordo con le risorse del territorio”, con attori successivamente identificati nell’art. 3: Le istituzioni scolastiche beneficiarie, nel rispetto dell’autonomia scolastica e dei milestone e target del PNRR e della relativa normativa, promuovono attività di co-progettazione e cooperazione fra la scuola e la comunità locale, valorizzando la sinergia con le risorse territoriali sia istituzionali (servizi sociali e sanitari, del lavoro, della giustizia minorile, di orientamento e formazione professionale, etc.) che del volontariato e del terzo settore, per migliorare l’inclusione e l’accesso al diritto allo studio a tutti, attraverso la progettazione e la realizzazione di opportunità di potenziamento delle competenze anche all’esterno della scuola, che dovranno essere valorizzate con una piena integrazione del percorso curricolare con le attività extracurricolari e con la valutazione degli apprendimenti”.

Un compito gravoso affidato alle scuole che implica un’assunzione di responsabilità nell’ottica dell’attuazione del sistema formativo integrato di non semplice realizzazione.

Le responsabilità e i rischi dell’autonomia

Il Decreto n. 170/2022 interpella direttamente e con forza l’autonomia scolastica, considerato che, da un perimetro di intervento tracciato dagli artt. 2, 3, 4 e 5 (a partire da azioni consolidate, come lo scambio di buone pratiche o di “gemellaggi”) si lascia ampia libertà progettuale alle reti si scuole per conseguire i risultati di cui all’art. 2, con tutti i rischi di possibili scelte sbagliate.

Se l’autonomia è sperimentazione, innovazione e ricerca è anche responsabilità, rendicontazione e accountability. Fa pensare, quindi, che investimenti di così vasta portata non prevedano un’attenta analisi del dato di partenza e una rendicontazione puntuale sugli incrementi dei dati verso il superamento delle criticità.

Considerata l’incidenza pari al 70% dei risultati Invalsi e dell’8% della percentuale di dispersione implicita rilevata non sarebbe peregrino chiedersi quante scuole in questi anni abbiano avviato una riflessione seria, al loro interno, sulla qualità e quantità di studenti posizionati al livello 1 e 2 delle rilevazioni nazionali standardizzate. Inoltre, in quanti contesti scolastici si ha contezza della varianza interna fra classi, dell’effetto scuola, del posizionamento della propria scuola rispetto alle istituzioni scolastiche con il medesimo indicatore socio-economico e culturale (ESCS)? Quante scuole sono in grado di quantificare la percentuale di dispersione implicita?

I detrattori dell’INVALSI dovranno prendere atto che il governo italiano ha deciso di affidare alle scuole del paese un capitale di così vaste proporzioni, fidandosi dei numeri e degli esiti della ricerca del nostro Istituto Nazionale di Valutazione a partire dal concetto/fenomeno della dispersione implicita[5].

L’importanza di una regia nazionale

Gli interventi finanziati dal PNRR, interpellano direttamente le comunità professionali a partire dai docenti e dai dirigenti di scuole dove determinati fenomeni (dispersione e alta concentrazione di studenti nei livelli più bassi delle prove INVALSI) possono essere letti nella loro rilevanza diacronica di medio-lungo periodo. Ciò implica che la rendicontazione vada oltre gli aspetti di natura puramente amministrativo-contabile, potendo costituire la base di partenza per una diversa attenzione nella progettazione con riferimento al modello dello schema Priorità-Traguardi-Obiettivi del RAV e del conseguente Piano di Miglioramento.

Occorre che le scuole costituiscano piste di lavoro condivise con protocolli attuativi comuni, sulla base, però, di indicazioni e monitoraggi da parte di task force nazionali e regionali alle quali deve essere affidata la regia dell’operazione complessiva. Le scuole vanno supportate e sostenute in tutte le fasi del percorso di miglioramento.

La regia dell’Unità di missione del PNRR

Il Decreto n. 170/2022 prevede già al comma 8 dell’art. 2 che le attività di coordinamento e di monitoraggio sull’attuazione delle misure vengano demandate all’Unità di missione del Piano nazionale di ripresa e resilienza presso il Ministero dell’istruzione. Il medesimo comma rinvia all’emanazione di “tutte le indicazioni per l’attuazione, per il raggiungimento di milestone e target entro le scadenze fissate dal PNRR, per il monitoraggio, la rendicontazione e il controllo dei singoli interventi”.

Non crediamo che risulti sufficiente una formale check list di indicazioni, da impartire una tantum, nella fase iniziale, e da un semplice monitoraggio, nella fase finale. Non si possono evitare in questa maniera i rischi di inadempimenti, ritardi, difformità, già previsti, tra l’altro, dalla stessa legge 29 luglio 2021, n. 108 (Governance del PNRR)[6].

Non è pensabile che un intervento economico di tale portata non venga accompagnato da modifiche strutturali del nostro sistema scolastico di un certo livello. Sarebbe facile oltreché semplicistico, per non dire intellettualmente poco corretto, scaricare sulle Istituzioni scolastiche le responsabilità degli esiti puntando sui poteri “taumaturgici” dell’autonomia.

Dalle singole istituzioni scolastiche non possiamo pretendere che siano superate tutte le criticità, anche quelle fortemente radicate. Il sistema scuola è stato per troppo tempo abbandonato a logiche formali, una fascia ampia di popolazione è stata lasciata troppo a lungo ai margini a causa di politiche scolastiche e sociali poco incisive e poco attente ai risultati.

Una visione integrata

Le azioni delle scuole, per poter incidere realmente sugli esiti di apprendimento e sulla riduzione dei divari territoriali necessitano anche di interventi legislativi orientati, ad esempio, alla rimodulazione delle norme sulla formazione delle classi[7], di interventi risolutivi sull’edilizia scolastica per la creazione di ambienti di apprendimento confortevoli. Le nuove politiche sull’edilizia devono abbandonare la retorica dell’innovazione e del benessere scolastico, per affrontare subito la questione degli edifici obsoleti non in grado di garantire la sicurezza negli ambienti di lavoro.

Un cambiamento di tale portata deve avere alla base la “riqualificazione professionale” di tutto il personale della scuola (dirigenti, docenti, amministrativi e tecnici). Si possono rendere, per esempio, obbligatorie attività di aggiornamento mirate ai temi dell’insuccesso e del contrasto alla dispersione scolastica nella logica di “un approccio globale e integrato che valorizzi la motivazione e i talenti di ogni discente all’interno e all’esterno della scuola, in raccordo con le risorse del territorio, il miglioramento dell’approccio inclusivo della didattica curricolare ed extracurricolare delle istituzioni scolastiche in un’ottica di personalizzazione dell’apprendimento” come recita lo stesso articolo 2 del Decreto 170/2022.

Non si possono fornire solo interventi episodici su un corpo affetto da patologie croniche: non può guarire senza che siano aggredite le cause scatenanti. Il piano terapeutico deve muoversi nella direzione di una visione olistica e di sistema.

Una lettera aperta al Ministro Bianchi

Mentre scriviamo è stata appena pubblicata una lettera aperta rivolta al Ministro Bianchi dal Gruppo di Lavoro nominato dal M.I. con DM del 7 marzo 2022 n. 57 e istituito per elaborare le indicazioni di contrasto alla dispersione scolastica. Il documento, che muove molti e precisi rilievi all’impianto del Decreto 170/2022, se da un lato è destinato a rinfocolare le polemiche sull’intera azione del Ministro, dall’altro è auspicabile che possa essere utilizzato come contributo fondamentale per redigere le indicazioni operative rivolte alle scuole, necessarie per una gestione omogenea ed efficace dei fondi del PNRR. 


[1] https://www.miur.gov.it/web/guest/-/pnrr-1-5-miliardi-per-il-piano-contro-la-dispersione-scolastica-il-ministro-bianchi-ha-firmato-il-decreto-con-i-primi-500-milioni-per-interventi-sulla “In questi giorni ho firmato la prima tranche di risorse del Piano contro la dispersione scolastica e per il superamento dei divari territoriali che andrà avanti fino al 2026. Abbiamo 1,5 miliardi a disposizione”.

[2] “Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nel I e II ciclo della scuola secondaria e alla lotta alla dispersione scolastica” nell’ambito della Missione 4 – Componente 1 – del Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU.

[3] Rinvenibile al medesimo link.

[4] D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59 all’art. 7 comma 5, così recita: “Gli accordi sono aperti all’adesione di tutte le istituzioni scolastiche che intendano parteciparvi e prevedono iniziative per favorire la partecipazione alla rete delle istituzioni scolastiche che presentano situazioni di difficoltà.”

[5] Il concetto di dispersione implicita venne introdotto da uno studio di Roberto Ricci, attuale presidente dell’INVALSI, per indicare una quota non trascurabile di studenti che terminano il loro percorso scolastico senza raggiungere i traguardi minimi previsti dopo 13 anni di scuola.

Vedi: https://www.invalsiopen.it/wp-content/uploads/2019/10/Editoriale1_ladispersionescolasticaimplicita.pdf.

[6] Art. 12 comma 3 D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito in legge 29 luglio 2021, n. 108 “Nel caso in cui l’inadempimento, il ritardo, l’inerzia o la difformità di cui al comma 1 sia ascrivibile a un soggetto attuatore diverso dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle città metropolitane, dalle province o dai comuni, all’assegnazione del termine non superiore a trenta giorni e al successivo esercizio del potere sostitutivo con le stesse modalità previste dal secondo periodo del comma 1 provvede direttamente il Ministro competente. Lo stesso Ministro provvede analogamente nel caso in cui la richiesta di esercizio dei poteri sostitutivi provenga, per qualunque ragione, direttamente da un soggetto attuatore, ivi compresi le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le città metropolitane, le province e i comuni”.

[7] non ha alcun senso parlare di apprendimenti e interventi personalizzati e individualizzati con i gruppi-classe formati sulla base dei criteri del DPR 81/2009!