Compiti a casa? Tra circolari e auguri…

Una circolare (solo) annunciata

Lo scorso 10 dicembre, in occasione di un incontro con il Garante per l’Infanzia, il Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha preannunciato l’emanazione di una circolare rivolta agli insegnanti: “Vorrei sensibilizzare il corpo docente e le scuole ad un momento di riposo degli studenti e delle famiglie, affinché vengano diminuiti i compiti durante le vacanze natalizie“. Un atto ministeriale “per la diminuzione dei compiti durante le vacanze, compiti che gravano sugli impegni delle famiglie, e quindi vorrei dare un segnale. Penso a questi giorni di festività e ai ragazzi e alle famiglie che vogliono trascorrerle insieme“[1].

Come causticamente riporta Massimo Gramellini, “vedendo genitori fare la ola sui pianerottoli si deduce che lo sfoltimento dei compiti delle vacanze, appena raccomandato dal ministro dell’istruzione, stia raccogliendo un consenso trasversale. Si alzeranno rispettabilissime voci contrarie, inneggianti al metodo e alla disciplina. Ma le festività di fine anno sono già l’occasione di incontri obbligati tra parenti che non sempre si amano alla follia. Non pare il caso di sovraccaricarle con il peso di una ricerca sui Sumeri aperta al contributo originale di suoceri e cognati”[2].

Non c’è che dire: in attesa di torroni e panettoni, le dichiarazioni di Bussetti hanno “riaperto il caso”, per l’ennesima volta, dei compiti casalinghi, e le varie posizioni immediatamente scatenatesi sciabolano tra di loro sullo sfondo della “cronaca di una… circolare annunciata”, trasformatasi poi negli “auguri di Natale del Ministro alle scuole”, pubblicati lo scorso giovedì 20 dicembre:

“[…] Spero di cuore che queste feste siano un’occasione di condivisione e gioia, e che portino con sé il piacere del tempo trascorso con le vostre famiglie e le persone alle quali volete bene. Pertanto, nel rispetto dei principi costituzionali della libertà di insegnamento e dell’autonomia scolastica, invito il corpo docente a riflettere, anche collegialmente, sul carico di compiti che saranno assegnati durante le vacanze. Ritengo importante che i nostri ragazzi abbiano il tempo per ritemprarsi e svagarsi, stare con i propri cari, curare le proprie passioni, divertirsi, leggere, ascoltare musica, andare a vedere una mostra, praticare uno sport”[3].

Un dibattito che viene da lontano

Apriti cielo! I fulmini e le saette, già scatenatisi all’annuncio della “circolare”, continuano a balenare sui cieli stellati posti sui presepi, per rivendicare la legittimità di un sano otium familiare (che spesso i bambini passano davanti a schermi di qualsiasi tipo, in attesa di genitori magari lavorativamente impegnati nei giorni festivi) oppure per difendere i principi di una disciplina e di una laboriosità operosa, necessarie per far fronte a quella che viene definita come un’epoca lassista, viziosa e avaloriale…

Che dire? Cercando di non cadere nelle buche di un già conosciuto e stucchevole vanverismo pedagogico[4], proviamo a seguire le tracce di un dibattito ultracinquantennale che ha iniziato il suo cammino negli anni ‘60 del secolo scorso. Spero che la piccola parentesi storica possa tornare utile, soprattutto a chi non ha vissuto quegli anni, per non dimenticare ciò che è stato prima dell’autonomia scolastica (DPR 275/1999), e che potrebbe considerarsi come un benefico patrimonio orientativo nel rispetto della libertà di insegnamento, da non intendersi come un’autarchia avulsa dai Piani dell’Offerta Formativa.

Compiti a casa e in classe

I primi vagiti sul tema dei compiti a casa possiamo ritrovarli nella circolare ministeriale n. 62 del 20 febbraio 1964 del Ministro Luigi Gui (1962-1968): “Compiti scolastici da svolgere a casa e in classeDa più parti è stato segnalato al Ministero che in talune scuole secondarie gli alunni sarebbero sottoposti ad un carico eccessivo di lavoro per compiti scolastici da svolgere a casa. Premesso che tali segnalazioni in molti casi non corrispondono a situazioni di effettivo disagio, si ritiene tuttavia opportuno richiamare l’attenzione dei capi d’istituto e degli insegnanti affinché l’inconveniente lamentato non abbia in alcun caso a verificarsi e soprattutto non abbia ad assumere aspetti di sistematicità. Non occorre qui ricordare come alla formazione culturale dell’alunno debbano concorrere sia l’azione didattica, attuata nella più viva collaborazione tra docente e discenti, sia il ripensamento individuale realizzato con lavoro personale dell’alunno a casa. Ma di questi due momenti della preparazione culturale il primo è quello che più profondamente e durevolmente incide nello spirito dell’alunno; se esso difetta, difficilmente l’altro momento potrà consentirne un integrale recupero. Né, d’altra parte, è necessario insistere sulle ovvie considerazioni che il costringere i giovani ad aggiungere alle quattro o cinque ore di scuola altrettante, o anche più, ore di studio individuale a casa, oltre agli eventuali riflessi dannosi sotto il profilo igienico, contribuisce a determinare una preparazione lacunosa – per le scelte inevitabili che i giovani sono indotti di volta in volta a fare, quando non possono fronteggiare l’intero sovraccarico – e precaria, per l’impossibilità di una serena e approfondita maturazione delle conoscenze. Sarà, quindi, cura dei capi d’istituto richiamare l’attenzione degli insegnanti su queste considerazioni e sulla opportunità che i docenti procedano preventivamente, anche con riunioni del Consiglio di classe, ad opportune intese e stabiliscano adeguate misure volte ad evitare che gli impegni di studio a casa siano inegualmente distribuiti e concentrati pesantemente in alcuni giorni della settimana. Quanto qui è stato detto si riferisce in modo speciale alle scuole secondarie superiori, poiché particolarmente nella nuova scuola media dell’obbligo, per la impostazione sua stessa, già illustrata nei documenti ufficiali, ogni sovraccarico di compiti per casa è naturalmente escluso. L’esigenza di dosare opportunamente il lavoro scolastico non concerne soltanto i compiti da eseguire a casa, ma anche quelli da eseguire in classe, allo svolgimento dei quali un malinteso rispetto degli orari prestabiliti induce talvolta il docente a non attribuire il tempo necessario. Tali compiti sono in effetti particolari forme di lavoro individuale indispensabili per la formulazione di quei giudizi, che la scuola deve pur esprimere. Se le norme e la logica stessa di una prova scritta indicano un certo tempo come necessario perché la meditazione individuale possa dare risultati capaci di orientare efficacemente un giudizio, il costringere quella prova in un tempo inferiore vale a renderla inidonea. Anche per la situazione qui prospettata molte difficoltà possono essere superate mediante opportune intese tra i docenti, solleciti non solo delle proprie discipline, ma più ancora della totalità dell’opera educativa, la quale non può non essere facilitata anche da un giusto coordinamento”.

Compiti e interrogazioni (parlamentari)

Evidenziando il passaggio sulla scuola media, già da questo documento risultavano ben chiari gli orientamenti del ministero, in particolare per le scuole superiori, ribaditi poi dallo stesso Ministro con la circolare n. 431 del 30 ottobre 1965 tenendo conto dei vari ordini o gradi di scuola: “Interrogazioni parlamentari concernenti i compiti scolastici da svolgere a casa. L’attività di studio in ore extrascolastiche è, in una certa misura, ineliminabile, in proporzione naturalmente ben diversa a seconda dei vari ordini o gradi di scuola. Un ripensamento personale da parte del discente di ciò che a scuola è stato insegnato costituisce, infatti, una condizione insopprimibile per una vera assimilazione ed educazione al sapere. È necessario, tuttavia, che l’attività didattica dei singoli docenti sia opportunamente coordinata ai fini di una proficua organizzazione dello studio extrascolastico. Un sovraccarico degli impegni di studio o la concentrazione di essi in alcuni giorni nuocerebbe, infatti, sia alla salute dei giovani, sia al processo di maturazione culturale, che non può essere costretto in schemi innaturali”.

Poi venne il ‘68

A seguito dei due atti del precedente dicastero, il Ministro Mario Ferrari Aggradi (1969-1970) con la circolare n. 177 del 14 maggio 1969 rimarca la posizione di viale Trastevere, portando l’attenzione del personale scolastico alle festività: “Riposo festivo degli alunni. Compiti scolastici da svolgere a casa. Con la Circolare del 20 febbraio 1964, […] venne richiamata l’attenzione dei capi d’istituto e degli insegnanti sulla necessità di non sottoporre gli alunni ad un carico eccessivo di lavoro per compiti scolastici da svolgere a casa. In quella occasione, fu posto in evidenza che alla formazione culturale dell’alunno concorre non soltanto l’azione didattica, attuata nella più viva collaborazione tra docenti e discenti, ma anche il ripensamento individuale realizzato con il lavoro personale dell’alunno a casa. La ricerca da parte dei giovani di nuove conquiste, di nuovi ideali, in uno sforzo continuo di superamento di sistemi e di schemi di vita non più aderenti alle esigenze sempre nuove e mutevoli della odierna società, una sempre più approfondita valutazione dell’importanza dei problemi del tempo libero, l’incidenza sempre più viva ed efficace sui giovani delle manifestazioni collaterali non proprie della scuola ma pur sempre riconducibili alle sue finalità e alla sua azione educativa, quali le attività sportive, ricreative e artistiche, inducono a considerare da un angolo visuale più ampio tutti i fattori e le componenti che concorrono, insieme e ad integrazione della tradizionale preparazione culturale dei giovani ai fini meramente scolastici, alla crescita e al completamento della personalità in vista dei successivi traguardi che la vita porrà dinanzi a ciascuno di essi. Anche la consapevolezza e la comprensione al di fuori dell’ambito dell’attività prettamente scolastica di alcuni aspetti della dinamica della vita del nostro paese, quali la sua affermazione nel contesto del mondo civile, il suo progresso economico, lo sviluppo delle istituzioni democratiche, la partecipazione attiva a tutte le manifestazioni volte ad esaltare nelle coscienze gli ideali della democrazia, della libertà, della patria, della famiglia, postulando in maniera non meno sentita l’esigenza di nuove aperture in tema di processo formativo dei giovani. In questa prospettiva acquista particolare rilievo l’interessamento e la partecipazione dei giovani alla pratica degli sport (nuoto, sci, tennis, calcio, ecc.), specie se promananti dalla scuola medesima o da istituzioni aventi fini educativi, alle manifestazioni artistiche (concerti, teatro, mostre dibattiti, ecc.), alla visita dei monumenti, dei musei, delle gallerie, attività tutte che quasi sempre si svolgono nelle giornate domenicali e in altri giorni festivi. Si risolverebbero, tuttavia, in una vuota affermazione di principio la individuazione e la valorizzazione di un tale interessamento dei giovani alle anzidette manifestazioni, se la scuola non si preoccupasse di porre gli alunni nella condizione di poterne effettivamente fruire. Nell’impegno di garantire agli alunni ogni possibilità e ogni componente di sviluppo della loro personalità, la scuola non può non preoccuparsi di rendere praticamente possibile questa più ampia e varia forma extrascolastica di arricchimento culturale e formativo. Inoltre, va considerato che nelle giornate festive e, in genere, anche nel pomeriggio del sabato, moltissime famiglie italiane, in cui entrambi i genitori svolgono un’attività lavorativa, trovano l’unica occasione di un incontro dei propri membri – innanzi tutto genitori e figli – più disteso nel tempo e, quando possibile, in ambiente diverso da quello dell’abituale dimora cittadina, più sereno nel riposo dal lavoro, di un incontro nel quale trovano alimento il rafforzarsi dei rapporti affettivi, lo scambio delle esperienze, il confronto dei comportamenti tra giovani e adulti; in una parola, si ricompone l’unità della famiglia, e questa attua la pienezza della sua essenza di primo e fondamentale nucleo sociale e della sua primaria funzione educativa. In considerazione del duplice ordine di esigenze finora prospettate, questo Ministero è venuto nella determinazione di disporre che agli alunni delle scuole elementari e secondarie di ogni grado e tipo non vengano assegnati compiti scolastici da svolgere o preparare a casa per il giorno successivo a quello festivo, di guisa che nel predetto giorno non abbiano luogo, in linea di massima, interrogazioni degli alunni, almeno che non si tratti, ovviamente, di materia, il cui orario cada soltanto in detto giorno. Si potrà del pari far luogo ad interrogazioni quando ciò sia richiesto dallo stesso interesse degli alunni, in vista di scrutini o di esami imminenti, ad esempio per poter riparare in caso di precedenti valutazioni sfavorevoli. […] Si confida che il personale docente coglierà appieno il senso delle disposizioni impartite, le quali, lungi da tendere ad una attenuazione dell’attività scolastica, si propongono di dare possibilità di maggiore impegno agli alunni nei giorni feriali e di rendere più completa e integrata l’azione educativa della scuola con gli apporti dell’azione formativa della comunità familiare e dei contatti che questa può favorire in sede extrascolastica con il mondo della natura, dell’arte, dello sport e con le libere attività di gruppi giovanili organizzati”.

Esternazioni ministeriali

Penso che, nonostante gli anni passati, l’attualità di tali documenti ministeriali e il loro sotteso sfondo pedagogico non necessitino di ulteriori commenti. Forse sarà per questo motivo che i vari ministri succedutisi all’istruzione nel corso dell’ultimo ventennio si sono limitati a semplici esternazioni orali che confermavano, a grandi linee, quanto già espresso dai predecessori.

Con la riforma dell’istruzione firmata dal Ministro Letizia Moratti (2001-2006) “si prometteva un recupero del fattore creativo del compito a casa. Ci si proponeva di trasformare le ore pomeridiane dedicate anche allo studio (poche e non obbligate) da coda di lezione a occasione di ulteriore apprendimento, trasferito in famiglia per una condivisione delle esperienze. Chi andasse a rileggersi i documenti sui lavori preparatori della legge di sistema troverebbe questa idea del compito come problema in libero svolgimento, pagine di esperienza rielaborata e raccontata, progetti disegnati e discussi in famiglia”[5].

In un’intervista rilasciata in una trasmissione televisiva a La7, il Ministro Giuseppe Fioroni (2006-2008) invitava i docenti ad assegnare “meno compiti a casa. I ragazzi devono avere più tempo libero, i compiti dovrebbero essere svolti prevalentemente in classe in modo che a casa i ragazzi, il pomeriggio, possano interessarsi agli elementi che inducono loro curiosità”[6].

A seguito della campagna di protesta contro i compiti a casa avviata in Francia nel 2012 da due storiche e rappresentative associazioni di genitori, il Ministro Francesco Profumo (2011-2013) in un’intervista su SkyTG24 dichiarava che “oggi nella scuola i nostri ragazzi imparano solo una parte delle loro competenze: molti sono gli input che hanno da altre sorgenti. Per rafforzare questi canali si possono dare stimoli agli studenti senza che siano formalmente compiti. […] Io facevo una scuola ancora molto tradizionale: c’era un rapporto molto più diretto tra studente e scuola ma oggi sono cambiati i contorni, perché non possiamo cambiare anche le relazioni?”[7].

“Ragazzi, chiedete ai professori di darvi meno compiti”, diceva il Ministro Maria Chiara Carrozza (2013-2014) davanti a duemila studenti. “Chiedete di farvi dare più letture perché leggere un libro significa avere consapevolezza nei confronti della cultura e può essere un gesto d’evasione importante per la crescita degli individui senza ricorrere a scorciatoie come lo sballo per sentirsi più grandi o stare meglio insieme agli altri. Credo che le vacanze di Natale siano il momento ideale per visitare le città d’arte, le mostre e i musei preparandosi bene, leggendo e approfondendo il contesto storico e culturale nel quale sono inserite. Raccomando anche di andare a seguire concerti, di ascoltare la musica classica e contemporanea. In generale le vacanze sono un momento ideale per leggere romanzi e anche per riflettere sulle scelte da compiere, soprattutto per i ragazzi che si trovano negli ultimi anni dei corsi di studi e devono scegliere i loro percorsi futuri”.

Se continuiamo a seguire le tracce dei compiti a casa, troviamo di nuovo gli studenti che esultano di fronte alle promesse del Ministro Stefania Giannini (2014-2016)“Proprio grazie alla Buona Scuola [ndr. Legge 107/2015] sta partendo un cambiamento culturale nella scuola con modalità innovative e interattive di lavoro in classe e fuori dalla classe. Il carico di compiti va ovviamente dosato a seconda dell’età degli alunni ma proprio con le nuove modalità previste dalla 107 sia i ragazzi che i docenti saranno maggiormente responsabilizzatiQuando il carico supera certi limiti (come dichiarava Giannini in un’intervista al settimanale Gente) la preoccupazione dei genitori diventa comprensibile”[8].

Il Ministro Valeria Fedeli (2016-2018), interpellato dall’Agenzia Dire sul tema dei compiti a casa, rispondeva che “ci sono tesi a favore e tesi contro e questo è ovviamente espressione del dibattito che ci sarebbe in tutta Italia qualora questo diventasse un tema della politica. In modo non rigido, credo che ci debba essere un atteggiamento sicuramente migliorativo rispetto a quello tradizionale […] Credo che questo non sia più il tempo né della sola lezione frontale né dei singoli compiti a casa”[9]

Scuola a… compiti zero?

Arriviamo ai nostri giorni. A seguito degli auguri natalizi del Ministro Bussetti, vien quasi immediato chiedersi come mai, nonostante le varie e ripetute raccomandazioni ministeriali, il tema dei compiti a casa risulti ancora così complesso, dibattuto e problematico. Al riguardo, il dirigente scolastico Maurizio Parodi con amarezza anticipa che gli insegnanti ignoreranno, se non osteggeranno, la circolare annunciata dal Ministro Bussetti. Parodi è tra i fondatori di una Rete nazionale Docenti e Dirigenti a Compiti Zero, che ha tra i suoi obiettivi la condivisione di esperienze e buone pratiche. Auspica il superamento di “una pratica arcaica e pedagogicamente insostenibile”, che perdura nonostante le “numerose istanze sottoposte negli anni al Parlamento, al Miur e ai Garanti (a nome degli oltre 30 mila firmatari della petizione: “Basta compiti!”) per denunciare l’assurdità dei compiti per le vacanze: un ossimoro logico ancor prima che pedagogico, per giunta lesivo di diritti essenziali. I compiti per le vacanze contraddicono i più elementari principi pedagogici e precludono il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età… riconosciuto al bambino e al ragazzo dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dallo Stato italiano il 27 maggio 1991, con legge n.176; in altre parole, violano una legge che impone il rispetto di bisogni fondamentali cui la superiore pianificazione del calendario scolastico intende garantire tutela formale e sostanziale[10]”.

Un decalogo sui compiti

Al riguardo risulta molto interessante un decalogo proposto dalla Rete dei Docenti e Dirigenti. Si tratta di un documento che potrebbe tornare utile per riflettere collegialmente sul tema dei compiti, così come auspicato dal Ministro Bussetti. Ciò ovviamente al rientro delle vacanze natalizie, vista l’impossibilità di convocare Collegi dei Docenti (anche in misura urgente e straordinaria) nel ristretto periodo che va da venerdì 22 a sabato 23 dicembre.

Il decalogo[11] di Parodi prevede che:

1) gli insegnanti che assegnano compiti a casa devono correggerli tutti, altrimenti non ha senso farli;

2) i docenti che scelgono di assegnare compiti devono preparare in modo adeguato gli studenti affinché possano svolgerli autonomamente;

3) i compiti a casa non devono avere voti, perché l’insegnante non saprà mai come sono stati svolti e da chi;

4) eventuali compiti non terminati non devono essere “recuperati” sacrificando le pause di ricreazione, né devono esserci sanzioni disciplinari che ne riducano il tempo o la eliminino;

5) i compiti che non vengono svolti per assenza non vanno recuperati;

6) le giustificazioni dei genitori devono essere ritenute valide senza ripercussioni sugli studenti (come rimproveri o punizioni), che sarebbero offensive per i genitori e degradanti per i ragazzi;

7) le classi a tempo pieno non devono avere compiti, perché le attività didattiche devono terminare nelle otto ore previste;

8) coloro che sceglieranno di assegnare compiti a casa dovranno verificare prima che gli impegni richiesti non superino un tempo (in minuti) di 10 per la prima elementare, 20 per la seconda e la terza elementare, 30 per la quarta e quinta elementare, 40 per la prime media, 50 per la seconda media, 60 per la terza media;

9) nel fine settimana e durante le vacanze non devono essere assegnati compiti per garantire agli studenti il diritto al riposo e la possibilità di dedicarsi ad attività ricreative;

10) non si devono assegnare i compiti per le vacanze, per i motivi del punto 9 e per la natura stessa dell’ossimoro che si crea tra la parola compiti e vacanze.

Il piacere di fare i compiti

In passato già il dirigente scolastico Gianfranco Zavalloni (1957-2012) aveva inserito nel suo libro “Pedagogia della Lumaca” (2008) un intero capitolo sul tema dei compiti a casa. In anni precedenti al testo citato, in occasione dell’approssimarsi delle vacanze di Pasqua, incurante del furore dello scandalo scatenatosi al motto della libertà di insegnamento, scrisse una circolare in cui fece “divieto (è un imperativo esortativo) a tutti gli insegnanti di consegnare compiti da portare al rientro dalle vacanze. […] Se qualche insegnante intende dare compiti (o li ha già dati) è pregato di contattarmi quanto prima. Ci sono, infatti, alcuni lavori che possiamo fare benissimo insieme nel periodo delle vacanze pasquali”[12].

Molto, poco o niente compiti? Per Zavalloni il problema era, più che quantitativo, qualitativo: “oggi i ragazzi sono molto più stimolati di un tempo, hanno molte più occasioni d’apprendimento e forse minori opportunità di stare insieme agli amici in maniera libera. Quanto attiene a compiti predefiniti, come ad esempio esercizi e problemi da risolvere, temi da svolgere e altro, dovrebbe essere svolto completamente nelle ore di lezione a scuola, soprattutto per le scuole a tempo pieno o che hanno vari rientri. Per le altre situazioni si dovrebbe seguire comunque il buon senso, dando ai ragazzi indicazioni circa attività culturali che verranno poi riprese in classe. Credo siano interessanti alcuni suggerimenti, dedotti direttamente dalla pratica scolastica e che vanno nel senso del piacere di fare e dell’attenzione a ciò che ci è intorno. Ad esempio attività del tipo: disegni di tramonti, nuvole, alberi, fiori; inchieste, anche in gruppo, con l’uso di mangianastri; fotografie da riportare poi in classe; giochi di abilità; ricerca di materiali; raccolta di dati; costruzione di modellini, strumenti musicali semplici; visione di filmati, telegiornali; ascolto di brani musicali; lettura di romanzi senza scadenze precise né compiti ulteriori. Si tratta, in sostanza, di dare veramente spazio alla creatività, non insistendo sulla quantità di esercizi da svolgere, ma sul piacere di scoprire il mondo che ci è attorno. Ci accorgeremo presto che se i ragazzi vivono con piacere queste esperienze, non faranno affatto questioni di quantità, ma di piacere di fare. A proposito di questo, sarebbe interessante far apprezzare ai ragazzi il gusto che ha ogni buon naturalista di appuntarsi idee, sensazioni, fatti accaduti, animali visti, nel proprio quaderno di campagna. Potrebbe diventare anche una sorta di diario come suggeriva alcuni anni fa il maestro Mario Lodi a proposito dei compiti per l’estate”[13].

A scuola di vita

Quindi? Concludendo vien da chiedersi: compiti a casa sì oppure compiti a casa no?

Penso che, da un ministro all’altro, come in una telenovela sudamericana, la querelle sia ben lungi dal concludersi, viste da una parte le diverse visioni di un mondo globalizzato, e dall’altra la liquefazione di una società emotivamente e umoralmente instabile, fusa dal calor ardente di un neocapitalismo che richiede di educare, sin dalla tenera età, al profitto e al successo scolastico, asservendo ad un’obbedienza continua rispetto a lavori imposti e spersonalizzati.

Ragion per cui, senza dimenticare le responsabilità di una madre e di un padre, che non dovrebbero ridursi a protestare per rifuggire dalle fatiche degli impegni educativi di formazione alla vita dei propri figli, potremo forse trovare una mediazione di buon senso affidandoci alla voce di un saggio pedagogista centenario, cresciuto e formatosi nelle scuole delle aste e delle cornici del secolo scorso, Francesco De Bartolomeis:

“Cari professori, basta compiti a casa. La scuola non dev’essere un luogo in cui si fanno solo lezioni e interrogazioni, che in realtà distruggono l’apprendimento. E fuori i ragazzi devono avere un’altra vita”[14].

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[1] ANSA “Bussetti, meno compiti per vacanze Natale”. http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/12/10/bussettimeno-compiti-per-vacanze-natale_6b7505bd-acfc-4d70-8c0c-0e7b51b57137.html

[2] “Il Caffè” di Massimo Gramellini, “Il mago di Ozio”, Corriere della Sera online, martedì 11 dicembre 2018

[3] Gli auguri di Natale del Ministro alle scuole http://www.miur.gov.it/web/guest/-/gli-auguri-di-natale-del-ministro-alle-scuole

[4] “Il vanverismo pedagogico è la tendenza a parlare di educazione facendo appello a luoghi comuni, stereotipi e aneddotica personale per argomentare le proprie posizioni. Tali posizioni, il più delle volte, sono esse stesse luoghi comuni.” https://www.facebook.com/vanverismo/?epa=SEARCH_BOX

[5] Gaspare Barbiellini Amidei, Troppi compiti a casa (e pomeriggi di impegni). Come mezzo secolo fa”, corriere.it, 29 ottobre 2005, https://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/10_Ottobre/29/barbiellini.html

[6] L. Sal. “Il ministro: «Meno compiti a casa»”, corriere.it, 22 ottobre 2006, https://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/10_Ottobre/22/compiti.shtml

[7] Jaime Enrique Amaducci, “Ce soir, pas de devoirs! Questa sera niente compiti!”, Rivista della Istruzione, n. 3, Maggioli Editore, Rimini, 2012. http://www.viafrankcesena.it/attachments/category/100/01-03-2012%20Jaime%20E.%20Amaducci%20-%20Compiti%20a%20casa.pdf

[8] Marcello G. “I compiti a casa diminuiranno: parola di ministro”, SKUOLA.NET, 10 ottobre 2016. https://www.skuola.net/scuola/ministro-giannini-contro-compiti-casa.html

[9] “Fedeli: Basta solo compiti a casa, meglio più lavoro in classe”, DIRE, 18 novembre 2017.

[10] “Compiti Natale, il Preside Parodi: gli insegnanti ignoreranno la circolare”, 13 dicembre 2018, https://www.orizzontescuola.it/compiti-natale-il-preside-parodi-gli-insegnanti-ignoreranno-la-circolare/

[11] Compiti per casa: il tempo massimo che ogni studente dovrebbe dedicarvi

[12] Gianfranco Zavalloni, “Pedagogia della Lumaca. Per una scuola lenta e non violenta” Bologna, Ed. EMI, 2008, p. 85.

[13] Ibidem, p. 84.

[14] Chiara Sandrucci, “Cari professori, basta compiti a casa”, Corriere della Sera online, Torino, 27 novembre 2018, https://torino.corriere.it/cronaca/18_novembre_27/pedagogista-centenario-cari-professori-basta-compiti-casa-e2436c4a-f1bf-11e8-8ec9-d371ed363eb6.shtml?refresh_ce-cp