La sfida del digitale

Dal Rapporto del 13 luglio del Comitato degli esperti: capitolo III

Con questa riflessione sul digitale completiamo l’analisi del Rapporto del comitato degli esperti presieduto dall’attuale ministro Patrizio Bianchi. Ne abbiamo parlato in alcuni numeri di Scuola7 (223225228). La questione del “digitale” viene affrontata nel Rapporto nella sua duplice funzione di strumentazione tecnologica (tablet, PC, cellulari…) e di paradigma formativo[1]. Un apposito capitolo (“Digitale senza se e senza ma”, pp. 50-55) affronta con molta attenzione le diverse articolazioni del tema che attengono specificatamente alla vita della scuola: didattica digitale, piattaforme per la DDI, formazione digitale di docenti e studenti, valutazione, accesso alle risorse digitali, cybersecurity. Per ognuno di esse descrive le condizioni attuali di contesto e formula correlate proposte operative.

Una strada ancora lunga da percorrere

Nella Relazione di monitoraggio UE su istruzione e formazione 2020 (ET 2020, par. 3) si delinea un quadro non esaltante della situazione italiana. Anche se i dati del monitoraggio non sono ancora pubblici, sappiamo che le 35 azioni del PNSD-2015 (oltre 1 miliardo di fondi, quasi 150 iniziative) hanno dato esiti parziali[2].

L’Italia si colloca al di sotto della media europea rispetto ad una serie di questioni: connessione ad alta velocità, accesso ad Internet, preparazione dei docenti nell’uso delle TIC, loro utilizzo per l’insegnamento, disponibilità di device e di spazi idonei nelle famiglie[3].

Le criticità di DAD e DDI

Il digital divide ancora incombe nelle periferie urbane e nel centro sud. Né sono del tutto confortanti le notizie che provengono dalle esperienze di DAD e DDI avviate durante l’emergenza Covid-19[4], seppur all’interno di scenari in positiva evoluzione[5]:

  • tendenza a riprodurre il modello trasmissivo della lezione frontale(video-lezione);
  • declinazione fiscale dell’e-learning (intasamento di prove, webinar raffinati per meglio controllare gli studenti, misurazione vs valutazione…);
  • uso parziale delle risorse di rete e di metodiche innovative (nonostante, ad es., i materiali disponibili su www.invalsiopen.it );
  • combinazioni non adeguate di attività in modalità sincrona e asincrona;
  • organizzazione didattica non sostenibile, causa di disagi psicologici (quadri orari faticosi, livelli attentivi prolungati, interazioni residuali, controllo immanente…);
  • una generale insoddisfazione di studenti e famiglie, emersa in indagini, report, studi[6].

Le soluzioni lungimiranti delineate nel Rapporto

Eppure ci muoviamo verso questo futuro di “connubio” tra didattica e TIC, come il Rapporto mette in evidenza in più passaggi (pp. 50-55). Si parte dal presupposto che il digitale sia ormai un “linguaggio” di grande versatilità che supporta sia la didattica tradizionale sia quella innovativa. Utilizzarlo, gestendone i rischi correlati[7], non è una “moda”, ma un “investimento” intelligente per affrontare una società sempre più complessa.

  • I mille animatori digitali assegnati nel 1° ciclo con i relativi team dell’innovazione e la nuova strumentazione acquistata con i fondi stanziati nel 2020 e 2021 (in tot. 485 mln), costituiscono preziosi catalizzatori di soluzioni innovative, da preservare rispetto al rischio che ancora una volta si consumino logiche formative “stagionali” (adesso sospinte dall’emergenza sanitaria), senza prospettive di continuità.
  • La didattica integrata, con la contaminazione tra digitale ed analogico, rappresenta una sfida e una risorsa, così pure l’uso abituale del digitale (digital trasparency), integrato in tutte le discipline e con la didattica attiva, costituisce il volano per una scuola student centered e competence oriented, che voglia fondare i saperi su ricerca e sperimentazione[8] e adottare metodiche coerenti (problem solving; learning by doing; cooperative learning…).
  • La valutazione deve tener conto di tale nuovo contesto didattico e privilegiare i fattori processuali (feed-back continui, rimodulazione del percorso didattico, approccio autovalutativo…), utilizzando appropriati mediatori (diari di bordo, rubriche di valutazione, checklist…).
  • Per alfabetizzare in modo adeguato i docenti occorre una formazione di prossimità e di accompagnamento, laboratoriale ed esperienziale, magari anche di job shadowing all’estero (come attività di osservazione in situazioni pratiche di lavoro, ad esempio durante un Erasmus+).
  • Per gli studenti risulta fondamentale lo sviluppo di competenze digitali attraverso strumenti come il coding, le realtà immersive (virtuali e aumentate), la robotica…, sostenute da un approccio critico all’uso delle tecnologie e dei social network (cybersicurezza, privacy, cyberbullismo, fake news…).
  • L’accesso alle risorse digitali e alle reti sociali deve essere facilitato e potenziato, in un sistema di alleanze con i nuovi player (programmi che hanno la funzione di eseguire dei file musicali, video, presentazioni), permettendo inoltre il coinvolgimento, nei percorsi didattici, di programmatori, storyteller, divulgatori.

Le questioni ancora aperte

Dopo aver ripercorso il disegno formativo del Comitato, introduciamo ora qualche elemento che attiene alle questioni tuttora aperte.

  1. A quali condizioni le esperienze di DAD e DDI realizzate in emergenza, potranno diventare “soluzioni strutturali e non congiunturali”, rilasciando benefici effetti permanenti nei processi didattici? Come contrastare il potere di una “scuola digestiva” (F. Dolto, 1989) che tutto ingoia e assimila (così, nel tempo, l’uso “a singhiozzo” della TV, della LIM, del videoproiettore…), per ripristinare l’inossidabile “mediazione vocale”?
  2. Il consolidamento del digitale può forse prescindere da una rivisitazione degli ambienti di apprendimento, intesi come spazi polifunzionali e come leve di innovazione metodologica?[9].
  3. Il fatto che la DAD abbia parzialmente favorito strategie didattiche diverse da quelle tradizionali[10] non deve sollecitare i decisori politici ad un consistente investimento in formazione dedicata?
  4. Se non pensiamo ad un nuovo profilo, anche giuridico, dell’insegnante, come facciamo a rimettere in discussione Il totem del docente che dispensa a coorti di giovani “in apprendimento” i suoi saperi, spesso senza cornici ideali e culturali di riferimento? Non si tratta di qualche “ritocco”, ma di una rifondazione di questa professione da porre al vertice del planning per un sistema-scuola rinnovato[11].
  5. Il coinvolgimento in azioni di sensibilizzazione-acculturazione delle famiglie, non deve costituire una priorità per il nostro Ministero dell’Istruzione e per tutte le Istituzioni, nell’ottica di quell’educazione permanente ritenuta da parte dell’UE ancora di modesto livello?[12] .

[1] Per approfondimenti cfr. INVALSIopen, L’educazione digitale e scuola, 22 maggio 2020.

[2] Cfr. www.agendadigitale.eu , con analisi e proposte e G. Benassi su Scuola7, n.172/2020: PNSD: tempo di bilanci.

[3] Per i dati cfr. le pp. 6-8 della Relazione, https://ec.europa.eu/education/policy/strategic-framework/et-monitor_it.

[4] Cfr. ad es. l’Indagine su famiglie e DAD, UniBicocca, MI,2021, le indagini CENSIS, La scuola e i suoi esclusi, (campione: 2.812 D.S.), 2020 e INDIRE, Pratiche didattiche durante il lockdown, (campione: 3774 docenti), su Invalsiopen.it, 2020, l’indagine nazionale (target: docenti universitari e di scuola), di cui riferisce R. Trinchero, su RIS, n.6, 2020, pagg.78-81.

[5] Cfr. Nota MI 388/2020 e D.L. 22/2020 sulla DAD, il D.M. 39/2020, Piano scolastico per la DDI, le Linee Guida MI sulla DDI del 7 agosto 2020; L. Sidoti, Io+,Giunti 2020; Bicocca con le scuole, La DAD, 2020; www.fieradidattica.indire.it.

[6] Indagine di Ipsos per “Save the children”, I giovani ai tempi del Coronavirus, target 2.5000.000 studenti 14-18enni, 2021.

[7] Cfr. Baldascino R. (2018), Insegnare e dirigere nella scuola digitale, Tecnodid, NA.; Gui M. (2019), Il digitale a scuola. Rivoluzione o abbaglio? Il Mulino.

[8] Pratiche purtroppo rare, almeno quelle formalizzate, nelle nostre scuole e ancora ritenute “appannaggio” del mondo universitario, con una implicita ammissione di “minorità” professionale da parte del corpo docente. Vds. Benvenuto G. 2018, Giornale Italiano della ricerca educativa, L. Mortari, 2009, R. Trinchero, 2017, rist., www.edurete.org.

[9] Sul tema, cfr. il monografico della RIS, Rivisita dell’istruzione, n. 6/2020, Maggioli e il cap. 4° dello stesso Rapporto Bianchi.

[10] Cfr. esiti dell’indagine nazionale SIRD e Associazioni Professionali docenti, 2020, in RIS, n. 6-2020, pag. 78).

[11] Cfr. Urbani C. (2018), Lo sviluppo professionale docente dalle competenze alla capacitazione, F.Angeli, MI. Cenerini A. La docenza nella legge 107/2015, ADI 2016 + I nodi irrisolti della profes-sione docente, ADI, 2007; opere di N. Bottani, 1994, 2013; Bertagna G., Xodo C. (2011), Le competenze dell’insegnare, Rubbettino; Bertagna G., art. in www.ricostruireitalia.it; rivista Fare l’insegnante, EuroEdizioni TO.

[12] Relazione di monitoraggio UE (Quadro ET 2020): obiettivo del 15% non raggiunto.