Ho conosciuto Giancarlo

Ho conosciuto Giancarlo nei coordinamenti nazionali del Cidi. Responsabili dei Cidi territoriali, accorrevamo a Roma e confrontavamo le nostre idealità, le nostre realtà, le nostre visioni, e costruivamo le politiche associative nazionali. Giancarlo era un giovane direttore didattico che veniva da Forlì. Quei coordinamenti si svolgevano, sulla base di una relazione introduttiva del Presidente nazionale (allora era Presidente Luciana Pecchioli), come successione di interventi dei diversi responsabili territoriali. Durante gli interventi, a seconda dell’interesse che suscitavano, ci si muoveva, si andava a prendere il caffè nella stanza accanto, si commentavano le diverse posizioni. Quando interveniva Giancarlo si tornava tutti in aula e si ascoltava attenti. Eravamo tutti di sinistra, nel Cidi, tutti volevamo una scuola di qualità per il Paese, e tutti vedevamo i nodi critici che, a livello nazionale e territoriale, bloccavano la crescita democratica della scuola: ma non tutti eravamo capaci di andare oltre la critica dell’esistente. Gli interventi di Giancarlo servivano a tutti, per l’equilibrio, la pacatezza, l’ampiezza degli orizzonti che delineava, la razionale lungimiranza. Per la propositività a prescindere nei diversi, e non sempre belli, momenti che la scuola attraversava.

Talvolta la sua pacatezza, la sua visione delle cose, critica ma con ironia e sorriso, il suo vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, mi infastidiva perché non corrispondeva alla mia focosità, alla durezza delle mie analisi critiche, al mio desiderio di urla e coltelli.

Poi abbiamo condiviso con lui la gioia per il superamento del concorso a Ispettore Tecnico. Lo abbiamo seguito nell’affermazione progressiva del suo ruolo nazionale, negli incarichi e nelle Commissioni che lo hanno visto protagonista di riforme e di battaglie culturali, lo abbiamo chiamato a casa nostra a sentire le sue riflessioni, a trarre spunti, a intravedere azioni.

Anche quando l’esperienza del Cidi, per le vicende delle vite, si è esaurita o comunque affievolita, con Giancarlo abbiamo continuato a sentirci, a vederci, a collaborare, a condividere, pur nel diverso carattere, visioni e posizioni e battaglie.

La sua formazione pedagogica e la sua esperienza professionale gli hanno fatto prediligere le problematiche della scuola del primo ciclo, ma credo sia difficile trovare aspetti della vita scolastica generale o della politica dell’istruzione che non lo abbiano coinvolto attivamente: dalla cittadinanza alla valutazione, dal curricolo alle discipline, dalla carriera dei docenti al reclutamento, dalle riforme ordinamentali alla didattica a distanza…

I suoi contributi allo sviluppo democratico della scuola hanno coperto uno spazio culturale e politico amplissimo: mi sono spesso domandata come facesse ad adempiere in maniera produttiva ed efficace ai suoi numerosi incarichi, a partecipare a commissioni e gruppi di lavoro, ad esser presente in tempi anche ravvicinati e in territori anche distanti, su temi anche molto differenti. Come abbia fatto a scrivere tante cose sensate e importanti su tante riviste diverse e a riscuotere apprezzamenti da ministri pur diversi tra loro per visioni e proposte. Instancabile Giancarlo.

Stava già tanto male, ma nei giorni scorsi l’ho visto partecipare, come presidente della Commissione accanto al Ministro Bianchi, alla presentazione delle linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei: la sua ultima fatica e il suo ultimo incarico, volto a realizzare il passaggio dal progetto socio-assistenziale degli asili a un progetto pedagogico, educativo, che promuova lo sviluppo del bambino in un ambiente appositamente costruito. C’è tutta la ricerca pedagogica del 900 nel progetto zerosei, diceva Giancarlo nel presentarlo: da Winnicott a Gardner, da Dewey a Montessori a Malaguzzi…. È la densità pedagogica che oggi sembra dissolversi nelle emergenze pandemiche e culturali, ma che ha sempre ispirato il pensiero di Giancarlo Cerini nelle sue diverse espressioni. C’è densità pedagogica, radicamento nel presente e analisi dei contesti contemporanei, attenzione al profilo culturale e professionale degli insegnanti, promozione della progettualità educativa, analisi critica delle responsabilità della politica. E affermazione dell’enorme valore sociale dell’educazione fin dai primi anni di vita: l’ultimo capitolo del documento ha come titolo “Uno sguardo positivo al futuro” e afferma che investire nell’educazione fin dai primi anni di vita rappresenta un “bene comune”, in quanto mostra la vitalità di un Paese.

Non è il documento, è il pensiero ispiratore di tutto l’impegno culturale di Giancarlo.

Ho provato una grande gioia ogni volta che chiacchierando con lui ho capito che aveva letto i miei articoli, prima su Insegnare, rivista nazionale del Cidi, e poi su Scuola e Amministrazione, con cui ho collaborato e collaboro da anni; ho provato una grande gioia ogni volta che mi ha chiesto di scrivere qualcosa da pubblicare nelle collane da lui dirette, e una grandissima gioia quando mi ha spiegato cosa ha imparato, lui, da me e dai miei scritti.

Sono orgogliosa di essergli stata amica, di aver conosciuto parte dei suoi pensieri, di avergli regalato qualche riflessione utile.

Qualche giorno fa mi ha telefonato una collega, dirigente di un Istituto Comprensivo della Provincia, che da qualche anno promuove nella sua scuola una impegnativa e rigorosa sperimentazione sulla scuola dell’Infanzia in direzione della logica zerosei: “Rita, mi ha detto, ho letto il documento “di Cerini”! Ma la sperimentazione della mia scuola sembra interpretare fedelmente proprio le logiche del documento! Cosa faccio? Scrivo tutto? Lo mando al Ministero? Lo pubblico? E su quale rivista? Cosa mi consigli?”

Le ho detto che avrei chiesto a Giancarlo e poi le avrei dato la risposta. E gli ho scritto un whatsapp: “Giancarlo non so come stai e mi scuso se questo messaggio è inopportuno, ma avrei bisogno di parlarti brevemente di una scuola che sta lavorando egregiamente sullo zerosei. Posso chiamarti? E se posso, quando?”.

Non ho avuto risposta.