Una ballata per Giancarlo

Una ballata per Giancarlo.

Quando tutto sembrava concluso, alla fine di luglio, e molti agognavano la mitica pausa agostana (sempre più tardiva, sempre più breve) mi arrivava la telefonata di Giancarlo: “sono qui nella mia pinetina, sto raccogliendo, con Mariella (Spinosi), una quarantina di pezzi brevi su… (curricolo? autonomia? territorio e scuola? valutazione?…), ti va di farne un paio?”. E io, con la voce un po’ tremante: “per quando?”. “Non preoccuparti: a fine agosto dovremmo cucirli tutti insieme, ma anche ai primi di settembre va bene”. E io mi preoccupavo, invece.

Ma io quelle telefonate le amavo lo stesso. Mi piaceva sentire la sua voce romagnola, dolce e elegante, anche se faceva considerazioni politiche quasi sempre piccantine. Immancabilmente se ne usciva con una delle sue metafore luminose, benevole, talvolta un po’ fanciullesche. Non solo la “ballata popolare”, che la prima volta era riferita a come dovrebbero essere le riforme della scuola, ma anche molte altre. La “mossa di Berlinguer”, le “virtù della scuola dell’infanzia”, “l’àncora per la valutazione”, “la buona scuola in controluce”, “lo spirito dei comprensivi”, ecc. Giancarlo era anche un titolista nato.

Non si poteva dire no a Giancarlo, anche perché lui diceva sempre sì. Andava dappertutto, in tutta Italia. Dalle microscopiche associazioni locali ai grandi eventi istituzionali.

Quando gli chiedevamo se poteva “passare a Roma”, lui mi elencava i posti dove aveva in programma di andare. Era capace di andare in decine di posti nella stessa settimana. Di giorno e di sera, il sabato mattina e, qualche volta, pure il sabato pomeriggio, e la domenica.

La sensazione che dava era di voler raggiungere tutte le scuole, tutti i dirigenti, tutti gli insegnanti. Poter parlare di persona anche con i gruppi più remoti. Viene da dire che, oltre a dare un importante contributo alla scuola italiana, Giancarlo sia riuscito a dare un contributo individuale, personale, alle persone che vi lavorano, prese per mano una per una.

Ricordo i suoi appunti fitti fitti. Scritti ai margini del testo, dritti, obliqui, con lunghissime code sul retro del foglio; facevano l’effetto del “diario sul lenzuolo” esposto nel museo diaristico di Pieve Santo Stefano.

E poi c’è un’altra grande dote di Giancarlo che, in questo momento di dolore e di struggente nostalgia, emerge su tutte. La capacità di indicare soluzioni e strategie per portare avanti progetti e politiche per la scuola, anche quando i soggetti interessati erano tutt’altro che concordi. La sua naturale attitudine a trovare il bandolo della matassa. O almeno: a proporre un “modo di vedere la situazione” che aiutasse il maggior numero di persone a convergere, a costruire quello che andava costruito.

Solo due esempi: le Indicazioni nazionali del 2012 e il RAV per la scuola dell’Infanzia.

Nel testo delle Indicazioni del 2012 non c’è solo la mano di Giancarlo che scrive, lima e rivede molte parti del testo. C’è anche il “fuoco di copertura” di Giancarlo per reclutare il maggior numero di alleanze, per proteggere il documento da attacchi ostili e agguati politici. In definitiva: per contribuire a far percepire le nuove Indicazioni come qualcosa che fosse allo stesso tempo vicino alla quotidianità delle scuole e capace di indurre innovazione nelle direzioni più ambiziose e promettenti. Ricordo ancora che, nell’estate del 2012, Giancarlo fece leggere la sezione della scuola dell’infanzia della bozza del documento a decine di gruppi di insegnanti e dirigenti di varie regioni d’Italia. E raccoglieva personalmente, con certosina precisione, le osservazioni che ne scaturivano.

Qualcosa del genere avvenne con il Rapporto di valutazione per la scuola dell’Infanzia.

Per la scuola dell’infanzia Giancarlo avrebbe lavorato di notte, indefessamente, senza risparmiarsi. In quel caso Giancarlo si propose come mediatore nei confronti degli ambienti associativi e sindacali più avanzati ed esigenti, che tendevano a vedere come pericoloso, se non blasfemo, qualsiasi tentativo di misurazione della qualità del servizio. Giancarlo ci “costrinse” a parlare con tutti, anche con i soggetti più diffidenti. Ma i risultati furono evidenti. Alla consultazione volontaria che fu lanciata nel settembre del 2016 risposero 3.800 scuole, e alla successiva sperimentazione parteciparono quasi 1.800 scuole. Numeri esaltanti.

E poi, e poi… Non finirei mai di dire di Giancarlo e del suo “amore costruttivo” per la scuola. Ma non sarebbe comunque possibile. Ora tocca a noi organizzare una grande ballata popolare per dire grazie a Giancarlo.