In queste giornate insonni

In queste giornate insonni seguite alla tua scomparsa, la mia mente è stata affollata di ricordi, pensieri, flash di tanti attimi di vita vissuta e di strade incrociate….

Il Ministro Bianchi ci ha detto che “tutta la scuola italiana ha conosciuto Giancarlo Cerini, la sua dedizione intelligente e instancabile all’educazione. Il modo migliore per ricordarlo sarà continuare insieme il suo lavoro”…. allora in queste ore grevi ho pensato e ripensato a cosa ci hai lasciato. E vorrei in questo momento condividere alcune “premesse” che possano diventare “promesse”, come hai scritto di recente, per le nostre scuole…non vorrei scrivere di politica, amministrazione, norme, pedagogia, ma vorrei ricordare te…l’amico caro, il “mentore” che sei stato a livello personale e per la scuola italiana e propongo un ricordo per “focus”:

Della gentilezza: eri un “galantuomo”, uomo di altri tempi, come stile e spessore. Una parola gentile, una battuta ironica, uno sguardo fuggevole a ciascuno, da chi ogni giorno ti accoglieva in Ufficio, al funzionario dimesso, all’impiegato di segreteria in fondo alla stanza… Nelle visite alle scuole, sia ispettive sia conoscitive, avevi una parola per tutti.. mai banale. Ed eri persona “gentile” ed elegante nel porgerti e nel consegnare ad altri il tuo pensiero; con un tono suadente nella voce, la tua bella e calda voce così devastata dalla malattia come abbiamo avuto modo di sentire negli ultimi interventi pubblici, uno sguardo attento a tratti pungente. Abbiamo bisogno che la tua “gentilezza” in questo momento di toni a volte gridati, di conflitto e di esasperazione ci guidi e ci ricordi che la scuola è luogo di gentilezza.

Della forza: nel 2007 quando ho cambiato incarico e ho iniziato ad avvicinarmi ai temi della formazione, ti ho conosciuto da vicino in uno dei momenti più complessi della tua vita personale.… poi quando la tua Beatrice ti ha lasciato, ci siamo avvicinati professionalmente con la semplice frase che in molti ti abbiamo detto in occasione di un dolore inenarrabile, accolto con una abnegazione e un raccoglimento inimmaginabili… ”Se hai bisogno facci sapere”…

Mai un cenno alla tristezza, molta dedizione e altrettanta dignità nell’affrontare il dolore della perdita di una figlia. Capofitto sul lavoro. Non un cedimento. E lo hai dimostrato ancora e ancora nell’affrontare la malattia che ti ha devastato negli ultimi anni. Il tuo ultimo messaggio in risposta a un consueto “Come va?” è stato profetico.. “Incerto”, come la nostra piccola e puntiforme condizione umana. Una parola, un mondo dietro a quel termine a rappresentarci la tua forza garbata di cui la scuola italiana ha bisogno. Ci lasci una visione chiara e netta che la scuola è qualcosa di grande, numericamente e idealmente, che la scuola si fa con un lavorio continuo e costante, condito da qualche pausa sapiente e poderosa in termini di arricchimento culturale. Forza non come supremazia sull’altro, ma forza nel condividere con l’altro.

Del movimento: da te ho imparato il pendolarismo… eh sì proprio il movimento costante su e giu’ per la penisola…… Per molti, me compresa, il muoversi ogni giorno con i treni è stato, i primi anni, devastante… la pioggia, il freddo, le attese, i binari brulicanti di vita e di vite…Anche grazie a te sono riuscita a guardare il movimento con occhi diversi, attraverso la condivisione di pezzi di cammino comuni. La vita on the road ha assunto una luce diversa: muoversi per l’Italia (quando si poteva) dal nord al sud… tu instancabile… con i tuoi aneddoti di passaggi in auto improbabili da stazioncine che ricordiamo per qualche lettura datata…, di incontri con la varia umanità che intravedevi sui binari, con le tue coloriture sul tempo trascorso in treno, nell’alta velocità, con i tanti, tantissimi testi scritti e limati in posizioni improbabili sui vagoni, zainetto a lato, fogli in grembo, telefono all’orecchio, la penna impugnata in un modo molto particolare, quella che penna che non hai lasciato fino all’ultimo giorno. Ebbene tu andavi.. venivi chiamato in ogni dove e accorrevi.. per incontrare le tue maestre, i tuoi educatori… per parlare con la gente… Ancora epico un tuo racconto di un viaggio dall’aeroporto di Palermo… raccontato come solo tu sapevi fare..

Muoversi perché e muoversi per chi? In questi tempi assurdi di distanziamento fisico .. dove anche solo un abbraccio ci è impedito, raccontarti attraverso i tuoi viaggi per l’Italia mi pare assuma un carattere quasi mitologico.. nel senso pieno del termine. Di te che accogli e partecipi perché sai che è nella vicinanza, nell’incontro con l’altro che scattano i meccanismi di comprensione delle norme, dell’accoglimento delle innovazioni, della semplificazione, quella buona, che ci fa capire le cose difficili, non solo attraverso gli atti e le carte che come amministrazione produciamo. Hai reso l’idea del “movimento” più lieve, e ci immagino che e ancora scendiamo dai treni rispettivi della mattina, per andare in ufficio, per occuparti di amministrazione … eccoci a mandarci un messaggio (sì sì ai tempi proprio un messaggio di testo! Poi diventato un whatsapp di recente) e ci vediamo dal lato ovest della stazione di Bologna, dal punto di raccolta taxi…. camminiamo insieme verso il lavoro… con lo sguardo arguto già proteso alla frase.. “caffè? Certo ma meglio un cappuccino e un cornetto alla nocciola, anche se non dovrei per il colesterolo”.. che la vita ogni tanto ci deve viziare. Ma proprio ogni tanto. Per qualche pausa gentile, dal nostro movimento costante che è di certo ancor piu’ in tempi di pandemia un movimento di idee, di teste, di costruzioni mentali sulla scuola e sull’educazione, che hai curato spendendoti on line su webinar e incontri anche in questo strano tempo di COVID.

Dello scrivere: mano a mano che cresceva il nostro rapporto professionale hai iniziato a condividere i tuoi appunti da interpretare, decodificare .. tu che li scrivevi a margine di stampa, che facevi chiose nella tua grafia morbida e fluida. Ed ho immagini di te che scrivi a capo fitto, scendendo da qualche treno e ci consegnavi pacchetti di carta, i tuoi “brogliacci” scritti, su carte a volte improvvisate, da rimettere in fila e analizzare come il più strano dei geroglifici. Scrivere perché? Scrivere a chi? Quanti libri, articoli, saggi hai scritto Giancarlo? Quanti documenti e pensieri sono stati letti dal popolo della scuola italiana? Abbiamo perso il conto… ma certo abbiamo in mente i tuoi titoli evocativi, quasi epici, il “gioco delle tre carte”, le tue “passa…parole”, “i sentieri della riforma”…raramente didascalici.

Quella maledetta o benedetta potenza che è il digitale mi ha consentito un, dolorosissimo, rievocarti attraverso le email… dai titoli piu’ vari, lievi e ironici perlopiu’ con un retro pensiero concreto e immediato… il tuo messaggio era scrivere perché ci si possa capire, veicolare messaggi che si comprendano, diffondere, spiegare, aiutare a capire quel meccanismo imperfetto, ma funzionante e indispensabile che è la nostra scuola…

E ci lasci una domanda: perché scrivere e dedicare un tempo alla scrittura, che mai come ora non abbiamo, come Amministrazione? E la risposta provo a darmela da persona di scuola… è nel pensiero narrativo, ci insegna la didattica e la pedagogia quella bella con la “P” maiuscola, a te tanto cara, che si fondono i pensieri, che cresce l’intelletto, che sorgono le buone pratiche, che si “fa scuola” agita. In una metacognizione continua, che è ricerca sul campo, quella ricerca che la norma assegna alle scuole con il tanto noto DPR sull’autonomia della scuola che prevede anche l’autonomia di ricerca… Tu sapevi che le scuole son nel “qui ed ora” e non riescono sempre a fermarsi su di sé e allora provavi ad aiutarle, attraverso una lettura con lente ingrandita che gli consentisse di capirsi, quasi un terapeuta per la scuola che l’aiutasse a sciogliere i suoi nodi.

Delle pause: poi fatalità ha voluto che dal 2008 abbiamo iniziato a condividere lo stesso luogo di villeggiatura. Ci siamo incontrati tante volte, come amavi dire, “a bordo piscina” per lavorare e scrivere, costruire pezzetti per la scuola, soprattutto sulla formazione degli insegnanti neoassunti, ma anche sulle scuole paritarie, sulle discussioni su qualche azione deflattiva, sui piani di lingua inglese per i docenti di scuola primaria e con soddisfazione mi dicevi …ad un certo punto… ora andiamo al Bagno Perla (con la tua “e” stretta romagnola…) che c’è il wifi ovvero mangiamo due costine fronte mare… ora.. un tuffo in piscina per schiarirci le idee e una colazione alla “Vela”, con l’immancabile croissant. Poi ti vedevo passare in bicicletta a prendere il giornale come il piu’ semplice dei villeggianti.

Da lì passavamo alla macchinata comune all’alba per andare in Ufficio… viaggio comodo e ricco di pensieri fin dalle prime luci del giorno… e durante il viaggio mi narravi, instancabile, tutte le possibili strade dal mare a Bologna, “puoi prendere quella deviazione”, “fare quella strada bassa”, “attenta a quell’incrocio”… spiegandomi quasi in modo paterno i percorsi per non farmi sbagliare. A te, Giancarlo, devo il sapermi recare al lavoro a Bologna in macchina senza incappare in multa alcuna!

Perché le pause? Perché ricaricarsi? Perché ci insegna ogni psicologia e pedagogia che l’iperattività costante, cui sono naturalmente propensa, che il fare indefesso a volte fallisce. Occorre uno stop, un possibile momento di ristoro, con i cari, con gli amici, con il mare e la natura, per ritemprarsi e lasciare che il pensiero sedimenti prima di diventare azione. Prendiamoci questo tempo per riflettere, ancor piu’ ora che la rete e i social – che tu hai annusato e iniziato ad usare in modo sapiente e intelligente – ci consentono un’immediatezza di risposta a volte utile, talora dannosa perché priva di una costruzione intellettiva.

Il mare, la riviera romagnola a te cara, la vita quotidiana e famigliare, una normalità inattesa che ti ricaricava fra un tour de force e l’altro. Con la tua Loretta, collega anche a me comune negli anni 2000, donna forte e combattiva, cui va il mio abbraccio grande, forte, completo, sempre al tuo fianco, salda e determinata. Come si dice? Dietro a un grande uomo… ed anche in questo caso il detto non si smentisce!

Della tua Bologna: solo un cenno alla “tua” Bologna, di adozione…. Che in qualche pausa pranzo mi illustravi, che giravamo di scuola in scuola, scoprendone angoli inaspettati, qualcuno più bello, qualcuno meno… della Bologna accogliente, la “dotta” e la “grassa”… davanti a un piatto di tagliatelle o semplicemente di fronte ad un caffè… e un ricordo.. un giorno mi hai portato davanti alla panchina con Lucio Dalla. Ci siamo seduti e abbiamo scherzato, io più a mio agio con i selfie, tu piu’ impacciato e ci siamo fatti qualche foto. Foto che poi hai messo nel tuo profilo facebook… due grandi che si guardano, due grandi che si interrogano insieme sul senso della vita.

Ecco con questa immagine che condivido, insieme a quella su un tram romano in una giornata estiva caldissima proiettati verso il Ministero, ti saluto così Giancarlo, immaginandoti seduto su una panchina, forse proprio quella di Lucio Dalla!!! con tua figlia a fianco, a scrivere “pezzulli”, un cornetto alla nocciola e un “caffettino”.. poi ci vedi e ti alzi, ti giri dall’alto della tua imponente figura, dinoccolata, con la giacca stropicciata per il tanto globetrotter, alzi un sopracciglio, ci guardi di lato e ci sorridi sornione!