Riforme

Dopo molti tentativi di riforma degli ordinamenti che si sono succeduti negli ultimi vent’anni (come non pensare alle riforme dei cicli promosse dai Ministri Berlinguer e Moratti nel 2002 e nel 2003), sembra tramontata la stagione delle grandi riforme di struttura. Gli attuali ordinamenti scolastici sono stati ridefiniti nel quadro di politiche scolastiche dominate dall’esigenza di razionalizzare la spesa pubblica, come si legge nell’art. 64 della legge 133/2008, da cui sono scaturiti i provvedimenti che ancora oggi regolamentano il primo ciclo (DPR 89/2009) e gli indirizzi liceali, tecnici e professionali (DD.PP.RR. 87-88-89 del 2010). La stessa legge 107/2015 si muove con cautela sugli aspetti ordinamentali, prevedendo solo limitate revisioni in materia di istruzione professionale (D.lgs. 61/2017) e di servizi educativi per la prima infanzia (D.lgs. 66/2017), mentre la leva su cui cerca di incidere è una più incisiva realizzazione dell’autonomia scolastica. In questa ottica vanno letti l’istituzione dell’organico di potenziamento, l’affacciarsi di forme di valorizzazione della professionalità, la ridefinizione triennale del Piano dell’offerta formativa, il ruolo del dirigente scolastico (cfr. G. Cerini – M. Spinosi, Una mappa per la riforma, Tecnodid, 2015).

Dunque le riforme strutturali sono state accantonate? Apparentemente sì, anche se resta aperto il dibattito circa una diversa articolazione dell’intero percorso, con l’esigenza di garantire una maggiore fluidità e continuità nei cicli scolastici (a partire dall’ormai avvenuta organizzazione del primo ciclo in istituti comprensivi; cfr. Cerini, 57) e la possibilità di uniformare l’uscita dall’istruzione formale a 18 anni, come nella maggior parte dei paesi europei (ma non in tutti). Anche in questo caso si manifestano però pareri discordanti, per il timore che la riduzione a 4 anni del ciclo superiore comporti un impoverimento della proposta culturale. È stato quindi adottato un approccio soft, affidando alla sperimentazione delle scuole (cfr. D’Itollo, 64) la “messa in prova” di un curricolo quadriennale che mantenga lo stesso valore formativo del quinquennio.

Cento scuole sono state prescelte, a domanda, per sperimentare nuovi modelli organizzativi e didattici (Decr.Dirett. 1568 del 28-12-2017): l’impresa non è di piccolo conto, perché occorre evitare che si presenti come una “nicchia” di eccellenza destinata a pochi allievi (quelli valutati come più “pronti”), che sia considerata una scorciatoia per ottenere in fretta un diploma, che porti ad una didattica “insegnativa” con la compressione dei tempi e delle attività. Un curricolo quadriennale dovrebbe saper scegliere contenuti essenziali, pratiche didattiche coinvolgenti e motivanti, offrire giornate educative di respiro (come in Europa), e accompagnare con forme efficaci di tutoraggio i 18enni verso scelte personalizzate all’università, nella formazione superiore, nel lavoro, in Europa. Insomma non una scuola più corta, ma tutta un’altra scuola…