Valutazione (degli allievi)

Quando si affronta il tema della valutazione degli allievi, il dibattito si fa subito vivace e coinvolge molti opinionisti. In effetti la questione presenta numerosi risvolti: dal sistema degli esami alle forme di valutazione (voti, giudizi, ecc.), dalle prove Invalsi alla certificazione delle competenze. Tutte queste procedure negli ultimi anni sono state oggetto di intervento legislativo, quasi alla ricerca di un difficile equilibrio tra funzione formativa (pro-attiva) e funzione certificativa (sommativa). Nemmeno la legge 107/2015 si è sottratta a questo esercizio, ed una delle deleghe previste dal comma 181 era proprio riferita alla revisione delle modalità di valutazione nel primo ciclo, per ispirarle ad una “funzione formativa e di orientamento”, nonché alla semplificazione degli esami di Stato (sia per il I che per il II ciclo).

Una funzione formativa e di orientamento implica che la valutazione debba stimolare l’apprendimento e la partecipazione degli allievi, riconoscere e valorizzare talenti e potenzialità, fornire ai genitori informazioni affidabili sui livelli di apprendimento e sul comportamento, impegnare la scuola ad organizzare attività di recupero e miglioramento degli apprendimenti non adeguati.

Il d.lgs. 62/2017 affronta alcuni di questi aspetti, anche se mantiene sostanzialmente l’impianto attuale basato sui voti in decimi e sul sistema di ammissione/non ammissione alla classe successiva (cfr. Da Re, 62). In effetti hanno prevalso le preoccupazioni che sostituire i voti con scale di livello o abolire le bocciature avrebbe potuto essere percepito come un venir meno a serietà e rigore nella valutazione. Tuttavia il d.lgs. 62/2017 ed i decreti applicativi (DM 741 e 742) recepiscono alcune istanze formative, là ove prescrivono che l’espressione del voto in decimi debba essere accompagnato da una “descrizione” dei processi di apprendimento, che l’Invalsi stesso restituisca gli esiti delle prove attraverso una “descrizione”, che gli insegnanti debbano condividere e descrivere i criteri e i livelli in cui esprimere la valutazione mediante apposite rubriche (cfr. Spinosi, 65).

Si raccoglie l’esigenza di andare oltre una valutazione puramente aritmetica (medie, voti, giudizi finali), per porre l’attenzione sulla progressione degli apprendimenti, sulle loro caratteristiche, sulle scelte didattiche per stimolare migliori risultati negli allievi. La certificazione delle competenze nel primo ciclo, che ha visto un’ampia sperimentazione triennale in oltre 2.500 scuole, con esiti considerati positivi nei monitoraggi effettuati (cfr. http://www.miur.gov.it/web/guest/-/rapporto-certificazione-competenze-2017 ), diventa un’ulteriore occasione per dare conto, al termine della scuola primaria e della scuola secondaria di I grado – con una scala descrittiva di 4 livelli –, della progressiva acquisizione di competenze, rapportate al profilo dell’allievo e alle competenze chiave europee.

Le stesse prove Invalsi, che vengono espunte dagli esami di Stato ma rese di fatto obbligatorie nel corso dell’anno di riferimento dell’esame, sono arricchite con l’inserimento di una prova di lingua inglese. Gli esiti delle prove di italiano, matematica, inglese saranno restituiti alle scuole e ai genitori (per gli allievi partecipanti agli esami) attraverso una classificazione progressiva, descritta con rubriche di livello, sempre in termini positivi (anche per i livelli più deboli).

Dunque non è semplice esprimere un giudizio sull’insieme del “pacchetto valutazione” scaturito dalla Buona Scuola: alcuni indizi, tuttavia, segnalano la scelta di una valutazione formativa che dovrebbe dar conto di una conoscenza più sincera dei livelli di apprendimento conseguiti dagli allievi (cfr. Spinosi, 69), mantenendo comunque sempre una funzione di incoraggiamento e di supporto all’autovalutazione degli allievi stessi (cfr. Baldascino, 71).