Formazione in servizio

Le novità in materia di formazione in servizio contenute nella legge 107/2015 hanno certamente comportato un deciso incremento delle attività di aggiornamento. I fondi sono aumentati, sia in forma di Card del docente (circa 360 milioni annui), sia per i finanziamenti alle scuole (circa 40 milioni). Occorre poi aggiungere le autonome iniziative messe in campo da università, associazioni professionali, agenzie pubbliche e private accreditate (Direttiva 170/2016). L’insieme delle offerte di formazione è oggi censita sulla piattaforma del Miur “SOFIA”, che può essere utilizzata anche dai docenti per consultare le proposte di formazione, per iscriversi alle stesse, per riceverne attestazione, dopo aver espresso una prima valutazione (http://www.istruzione.it/pdgf/?pk_vid=8ceb8c5e027fa7a2151480640325cce9 ).

Dunque tutto bene quello che finisce bene? Non è facile compiere una valutazione della qualità, anche se le buone pratiche non mancano (cfr. Brescianini, 60) e sono state anche selezionate e presentate a Job Orienta di Verona (cfr. Ceccacci, 69). Le situazioni di eccellenza possono certamente fare da traino a tutto il sistema, tuttavia vanno decisamente affrontati i problemi “qualitativi” implicati in una mole così ingente di iniziative. Vediamoli in sintesi (cfr. Rovetta-Gallo, 59): i finanziamenti sono aumentati, tuttavia vengono “drenati” a livello di ambito territoriale (sono 319 in tutto) e gestiti da un istituto scolastico capofila per la formazione. È su questo meccanismo, che dovrebbe garantire tutte le scuole dell’ambito perché partecipi di una comune progettazione, che si sono appuntate le critiche. Spesso la qualità della formazione, che si orienta sui grandi numeri, lascia a desiderare. Mancano formatori adeguati (il meccanismo del bando con graduatorie non garantisce più di tanto), ed i loro compensi sono fermi al 1995. I bisogni delle scuole non sempre sono ben interpretati a livello di ambito. Le stesse 9 priorità previste nel Piano triennale della formazione (competenze, autonomia, alternanza, inclusione, dispersione, lingue straniere, valutazione, cittadinanza globale, digitale) vengono spesso vissute in termini burocratici, e si sente la carenza di una regia nazionale più incisiva.

Per “tonificare” il sistema della formazione il Miur – Direzione Generale del Personale ha istituito tre gruppi nazionali di lavoro con il compito di definire: 1) gli elementi di qualità della formazione (unità formative, certificazioni, ecc.) e gli aspetti gestionali; 2) gli standard professionali riferiti al profilo del docente; 3) gli strumenti per accompagnare lo sviluppo professionale (bilancio di competenze, portfolio, ecc.). Gli esiti dei gruppi dovrebbero essere resi noti nel mese di gennaio 2018. Molte delle novità sono, per altro, già prefigurate nel percorso di formazione obbligatoria per i docenti neo-assunti: dal 2015 il modello è stato profondamente rinnovato, e prevede momenti di laboratorio didattico, di osservazione in classe, di consulenza ad opera di un tutor, di elaborazione di bilancio di competenza e portfolio professionale (cfr. Zauli, 61). È dunque assai probabile che le future caratteristiche della formazione in servizio siano in larga parte mutuate dalle esperienze che sono state svolte nell’ambito del periodo di prova e formazione dei docenti neo-nominati.

Un bilancio spassionato sull’attuale stato di salute della formazione in servizio è stato compiuto nel corso di seminari interregionali promossi da Miur e INDIRE nel mese di dicembre 2017, con interventi di rappresentanti delle diverse istituzioni, ove sono state anticipate anche le possibili innovazioni che attendono il sistema della formazione. Si rimanda al video dell’intervento tenuto da G. Cerini (http://neoassunti.indire.it/2018/news_08.html).