Formazione in servizio

Nell’autunno 2019 è stato stipulato il nuovo Contratto Collettivo Nazionale Integrativo (CCNI) sulla formazione (19-11-2019) in virtù del “ritorno” della formazione tra i temi oggetto di contrattazione con i sindacati (come stabilito nell’ultimo CCNL stipulato il 19-4-2018). Il contratto integrativo prende le mosse dal monitoraggio effettuato da INDIRE e MIUR sull’andamento del Piano Nazionale Formazione Docenti istituito con DM 797/2016 (triennio 2016-2019) ai sensi della legge 107/2015 che stabiliva essere la formazione in servizio “obbligatoria, permanente, strutturale”. Gli esiti del monitoraggio (v. Cerini, 164) hanno messo in evidenza una discreta soddisfazione dei docenti per le attività formative svolte, con una migliore articolazione dei metodi, ma una difficile “ricaduta” all’interno delle scuole di quanto acquisito con l’aggiornamento svolto prevalentemente a livello di ambito territoriale. Con il nuovo contratto integrativo il baricentro della formazione si sposta verso le singole scuole, con l’assegnazione di un budget finanziario (modesto) ad ogni istituto scolastico. Diventa quindi possibile svolgere attività centrate sui bisogni e le esigenze dei docenti (v. Rovetta, 161), anche se occorre ben delineare i criteri e gli ambiti di intervento del Collegio dei Docenti. È utile ricordare che il Collegio dei docenti è tenuto ad elaborare un piano di azioni formative di istituto (CCNL 2006-2009), ora da inserire all’interno del PTOF (v. Cerini, 162), ed in cui non potrà limitarsi ad individuare uno o più corsi di aggiornamento da gestire, ma piuttosto delineare una vera e propria strategia di sviluppo delle risorse umane dell’istituto. Questo impegno si sostanzia in autoformazione, ricerca didattica, lavoro collaborativo, peer review, documentazione di pratiche didattiche innovative. Per fare questo occorre rimettere la formazione in servizio permanente al centro della funzione docente (come obbligo di servizio e con effettivi riconoscimenti) ed intanto verificarne e attestarne la qualità (v. Cerini, 155). Ma le risorse finanziarie di per sé non bastano, perché occorre promuovere una diversa cultura professionale, alimentata con ricerca, formazione, scambio, condivisione (v. Turrisi, 159). Il ruolo del dirigente scolastico è fondamentale per valorizzare le professionalità all’interno della scuola (come ricorda il comma 93 dell’art. 1 della legge 107/2015 relativo alla valutazione dei capi di istituto), così come fondamentale resta il ruolo del lavoro che si può svolgere attraverso le reti di scuola, anche se al momento gli ambiti territoriali (e le relative reti) sembrano depotenziati (ma continueranno a ricevere il 40% delle risorse finanziarie). La rete è una delle conquiste importanti dell’autonomia scolastica, per stimolare l’apertura e il confronto. Nel campo della formazione, ad esempio, si potrebbe investire su figure (tutor, formatori, referenti) in grado poi di riportare nella scuola gli stimoli culturali vissuti a livello di rete (v. La Tona, 163). Qualche esempio positivo viene dall’anno di formazione dei docenti neo-assunti, nel corso del quale si sperimentano metodologie innovative come il tutoring, il visiting, l’elaborazione del portfolio personale, il bilancio di competenze, il laboratorio didattico (v. Zauli, 150). Restano invece ancora in ombra i rapporti con il sistema universitario, nonostante lodevoli esperienze (v. Megale e Lomonaco, 160). Ora ci si interroga sugli effetti dello “spacchettamento” del MIUR in due distinti dicasteri (Istruzione e Università).