Elezioni

Il primo semestre del 2018 ha visto un vero e proprio “tsunami” nella politica italiana, a seguito dei risultati elettorali del 4 marzo che hanno dato luogo al cosiddetto Governo “gialloverde”, presieduto da Giuseppe Conte. Gli equilibri all’interno dell’inedita maggioranza non sono scontati, perché diverse sono le ispirazioni che stanno alla base dei due movimenti per ora alleati. La Lega, da un iniziale radicamento nel Nord, si è diffusa in tutto il territorio con un ruvido messaggio securitario (no all’immigrazione, legittima difesa, law and order, ecc.), che potrebbe avere qualche incidenza anche nel campo dell’istruzione (ad esempio in materia di integrazione interculturale). Altri temi sono più vicini all’idea di una scuola funzionale alle esigenze del mondo produttivo (dunque favorevole all’alternanza), con un forte legame con il territorio e un’autonomia più incisiva, al limite del “federalismo” (Dutto, 81). Più difficile scoprire le carte scolastiche dei 5 stelle, che hanno inizialmente raccolto tutto il disagio espresso contro la Buona scuola, fino a chiederne platealmente l’abrogazione. Ci sono poi classiche rivendicazioni per il miglioramento delle condizioni organizzative (tempo pieno, classi numerose, tecnologie, formazione dei docenti) (Farinelli, 84). Difficile prefigurare il punto di equilibrio affidato al Ministro Marco Bussetti, il “mite”, dalle idee tutte da scoprire (Marchisciana, 83). Le prime mosse sono state dedicate ad alcune emergenze, come la infinita vicenda delle maestre diplomate ripescate nelle graduatorie dai TAR, ma congelate dal Consiglio di Stato. Si andrà verso vari tipi di sanatorie, con concorsi riservati non selettivi. Un classico già visto nella politica scolastica italiana per il reclutamento.

Ci sono altre schermaglie ideologiche (i vaccini, l’alternanza, ecc.), ma le prospettive di fondo sono tutte da delineare, anche perché il c.d. “contratto di governo” è assai generico ed evasivo in molti passaggi (Piras, 93). Ci sono da affrontare questioni più strategiche per il futuro della scuola:

– Che fare dell’autonomia delle scuole e del federalismo dei territori (Sacchi, 82)?

– Come affrontare il calo demografico, dell’ordine del -15% (Prontera, 85): solo risparmi o investimenti sulla qualità?

– Come rilanciare un discorso nuovo sulla professionalità docente?

– Come ricostruire un clima di serenità all’interno delle scuole, ad esempio nel rapporto tra docenti e dirigenti?

– Come iniziare ad aggredire i grandi mali del sistema scolastico italiano (livelli non adeguati di apprendimento, scarsa motivazione nei ragazzi, eccessiva diseguaglianza tra scuole e territori, strutture spesso non adeguate)?

Questa sarà la vera agenda del nuovo Governo. Al momento abbiamo avuto qualche giro di cacciavite, ben assestato, di valore simbolico (fine della chiamata diretta, mobilità), così da assecondare i sindacati e il popolo della scuola (ma, appunto, non siamo nella stagione del populismo declamato?).